La produzione di angurie e meloni in Italia si trova a fare i conti con l’emergenza climatica che, in estate, rischia di far diventare i periodi di siccità la regola e non più l’eccezione. Questo fenomeno climatico, sempre più strutturale, nel 2025 ha già segnato un record negativo nei primi quattro mesi dell’anno, con un aumento delle temperature medie di +1,47 gradi rispetto alla media storica, arrivando fino a +1,50 gradi al Sud secondo i dati dell’Isac-Cnr.
I campi si seccano, i raccolti si riducono e, purtroppo, l’intera filiera agroalimentare entra in sofferenza, con riflessi evidenti anche sui prezzi e sulla disponibilità dei prodotti.
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La produzione di meloni e angurie è in crisi soprattutto nel Mezzogiorno
La mappa del rischio idrico si estende a macchia d’olio su tutto il Mezzogiorno.
In Sardegna, nella Nurra, è già stata interrotta la coltivazione di mais, angurie e meloni, semplicemente perché non c’è acqua a sufficienza per irrigare.
In Sicilia, specialmente in provincia di Agrigento, si rivive lo stesso copione del 2024: piogge insufficienti, mancanza cronica di infrastrutture e produttori agricoli lasciati alla mercé del meteo.
Le angurie e i meloni, piante molto esigenti dal punto di vista idrico, sono le prime a risentirne. I terreni sabbiosi delle zone costiere, ideali per questi frutti, diventano inutilizzabili se non irrigati con continuità.
È un campanello d’allarme: la siccità è diventata una vera emergenza economica.
Non si tratta solo di una questione ambientale o agricola, ma di una minaccia concreta alla sovranità alimentare del Paese e alla tenuta del settore primario che, secondo i dati di Coldiretti, vale oltre 60 miliardi di euro l’anno e rappresenta una fetta fondamentale del Made in Italy.
Costi economici enormi e effetti sul consumatore
I danni della siccità all’agricoltura italiana negli ultimi tre anni ammontano, secondo Coldiretti, a oltre 20 miliardi di euro.
Anche la contrazione della produzione di angurie e meloni avrà effetti sull’intera filiera: meno prodotto significa maggiore importazione, rincari al consumo e perdita di competitività per i nostri produttori. La qualità ne risentirà, e l’accessibilità a prodotti freschi e tipici dell’estate sarà ridotta.
In un contesto in cui l’inflazione sui beni alimentari resta elevata, la scarsità di prodotti agricoli non fa che aumentare la pressione sui prezzi.
Questo danneggia in particolare i consumatori a basso reddito, i più sensibili agli aumenti sul carrello della spesa. Ma anche la ristorazione e il turismo, settori centrali per l’economia estiva italiana, rischiano ripercussioni dirette.
L’urgenza di una strategia per il futuro
Di fronte a una crisi che colpisce in modo sistemico e non più episodico, è il momento che il tema dell’acqua entri stabilmente nelle agende politiche ed economiche. L’acqua è una risorsa strategica come l’energia e come il lavoro: senza, si ferma il sistema Paese.
Investire nella sua gestione significa garantire la sicurezza alimentare, salvare posti di lavoro, ridurre la dipendenza dall’estero e difendere il territorio. La crisi idrica, oggi più che mai, un indicatore della fragilità infrastrutturale italiana, soprattutto nel Mezzogiorno.
L’Italia deve decidere se restare in balia del meteo o se dotarsi di strumenti adeguati per fronteggiare la siccità. La scelta non riguarda solo il futuro di angurie e meloni, ma il futuro stesso dell’agricoltura italiana.