Nella Pianura padana oltre 50mila morti per inquinamento

Indagine del Guardian: "Oltre un terzo della popolazione in quest'area respira aria inquinata che supera di 4 volte il limite raccomandato dall'OMS"

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il Guardian ha recentemente condotto un’inchiesta sulla qualità dell’aria in Europa, rivelando una situazione allarmante. Secondo i dati raccolti utilizzando una metodologia avanzata, tra cui immagini satellitari dettagliate e misurazioni da oltre 1.400 stazioni di monitoraggio a terra, il 98% della popolazione europea respira aria tossica. Questo inquinamento atmosferico ha portato il continente a una grave crisi di salute pubblica.

Il 98% delle persone che vivono in aree con elevati livelli di particolato fine dannoso supera le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Inoltre, quasi due terzi degli europei vivono in aree dove la qualità dell’aria supera più del doppio le linee guida dell’OMS.

La Macedonia del Nord risulta essere il paese con la qualità dell’aria peggiore del continente, sebbene l’Europa dell’Est in generale presenti una situazione peggiora rispetto all’Europa occidentale. L’unica eccezione, sottolinea il Guardian, è l’Italia.

Questa situazione richiede azioni immediate per affrontare l’inquinamento atmosferico e migliorare la qualità dell’aria in Europa, al fine di proteggere la salute pubblica.

Inquinamento da PM2,5: un pericolo letale ignorato

Il traffico, l’industria, il riscaldamento domestico e l’agricoltura sono le principali fonti di PM2,5, particelle sottili che hanno un impatto devastante sulla nostra salute. Questo impatto colpisce in modo sproporzionato le comunità più povere, mentre solo il 2% della popolazione vive in aree che rispettano le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di non superare i 5 microgrammi al metro cubo di PM2,5.

I risultati sono spaventosi: 400.000 morti premature ogni anno e milioni di casi di malattie non fatali. Questa sfida ha spinto il Parlamento europeo a votare per l’allineamento alle linee guida dell’OMS entro il 2035, ma la strada verso un’aria più pulita rimane lunga.

Le particelle PM2,5, a causa delle loro dimensioni ridottissime, possono penetrare nei polmoni e nel flusso sanguigno, raggiungendo quasi tutti gli organi del nostro corpo. Questo processo può generare tumori, cancro, diabete, depressione e malattie cognitive. È urgente affrontare questa minaccia per la nostra salute e per il benessere delle future generazioni.

Una minaccia invisibile nella Pianura Padana

Nella gran parte della Pianura Padana, l’inquinamento atmosferico raggiunge livelli allarmanti, con i livelli medi di particolato che si mantengono intorno al quadruplo rispetto al massimo consentito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Questa situazione non riguarda solo i poli industriali di Torino e Milano, ma anche le aree rurali dove le polveri sottili si accumulano, anche se prodotte in altre città. La Lombardia, in particolare, soffre a causa degli allevamenti intensivi di suini e pollame, che contribuiscono a peggiorare la qualità dell’aria.

Nel 2020, in Italia, si sono verificati oltre 50.000 decessi dovuti all’inquinamento atmosferico, con una concentrazione particolarmente alta a Cremona, dove sono stati registrati tra 150 e 200 decessi ogni 100.000 abitanti. La conformazione geografica della Valle del Po, circondata da catene montuose e esposta alle correnti provenienti dalla costa adriatica, rende la risoluzione di questo problema particolarmente complessa.

Nonostante la conoscenza di lunga data di questa sfida, la mortalità continua a essere trascurata, come sottolineato da Giovanni Pirotta di Legambiente Cremona. È essenziale affrontare questa minaccia invisibile e proteggere la salute delle persone in queste regioni.

Inquinamento atmosferico: un’emergenza sanitaria

Roel Vermeulen, professore di epidemiologia ambientale all’Università di Utrecht, ha descritto la situazione come una grave crisi di salute pubblica. Questo problema colpisce in modo particolare le fasce sociali più povere e svantaggiate, che statisticamente risiedono in zone con concentrazioni più elevate di particolato.

Barbara Hoffmann, professoressa di epidemiologia ambientale all’Università di Düsseldorf, ha evidenziato questa disparità. I dati, raccolti da accademici dell’Università di Utrecht nei Paesi Bassi e dello Swiss Tropical and Public Health Institute nell’ambito del progetto Expanse finanziato dall’UE, sono il risultato di un approccio completo. Questo include dati satellitari ad alta risoluzione, stazioni di monitoraggio dell’inquinamento e informazioni sull’uso del suolo, utilizzati per modellare i livelli medi annuali di PM2,5 in tutta Europa nel 2019.

I risultati ottenuti sono tra i più precisi mai ottenuti per l’Europa, mettendo in luce una crisi silenziosa che richiede una risposta immediata per proteggere la salute delle comunità europee.

Inquinamento atmosferico e natimortalità

In Italia, centinaia di bambini sono nati morti a causa di fattori ambientali, secondo la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima). Uno studio dell’Università di Pechino pubblicato su ‘Nature Communications’ ha evidenziato che l’inquinamento atmosferico contribuisce al 39,7% – 45,5% della natimortalità globale, ovvero la morte fetale prima o durante il parto.

Questo si traduce in quasi 1 milione di bambini nati morti in 137 paesi a livello mondiale, di cui 970.000 dovuti all’esposizione delle donne in gravidanza alle polveri sottili e ai contaminanti atmosferici. L’Asia è la regione più colpita, con l’India al primo posto con circa 217.000 decessi neonatali causati dall’inquinamento atmosferico, seguita dal Pakistan, Nigeria, Cina e Bangladesh.

Inoltre, quando si considera la natimortalità in rapporto al totale delle nascite, i Paesi Arabi mostrano le criticità più gravi, con valori tra il 64% e il 72%. In Italia, nel 2022, sono stati registrati 994 casi di bambini nati morti, con la metà attribuibili a cause ambientali. Questi dati evidenziano una connessione allarmante tra inquinamento atmosferico e natimortalità, richiamando l’attenzione sulla necessità di affrontare le sfide ambientali per proteggere la salute delle madri e dei neonati.