Tasse sugli extraprofitti, cosa sono e perché c’è un buco di miliardi

Le casse dello Stato pagano gli effetti di una legge mal scritta, che ha spinto alcune aziende a non pagare l'imposta sull'aumento dei profitti. Ecco perché

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Il Decreto Aiuti bis ha introdotto diverse misure per contrastare il caro bollette e l’aumento dei prezzi che pesano sempre più sulle tasche degli italiani. Ma lo sforzo del Governo sembra non essere sufficiente, così ecco che tutti i partiti spingono per il recupero delle risorse necessarie dalla tassazione degli extraprofitti delle aziende energetiche.

Tanto per cambiare, c’è un problema: le entrate statali legate al prelievo fiscale ai danni dei “paperoni” dell’energia si sono rivelate minori del previsto. Dove “minori” appare quasi un eufemismo, visto che si parla di miliardi di euro di ammanco.

Cosa sono gli extraprofitti e come vengono tassati

I cosiddetti extraprofitti rappresentano i guadagni record messi a segno dalle aziende energetiche grazie all’aumento del prezzo dell’elettricità e del gas. Il Governo Draghi ha deciso di aumentare dal 10 al 25% l’aliquota del contributo straordinario sul maggior valore aggiunto delle imprese dell’energia. Una mossa che, nei calcoli e negli auspici di Palazzo Chigi, avrebbe garantito entrate per circa 10 miliardi di euro complessivi.

Avrebbe, perché la norma non ha modificato la base imponibile, che non è in realtà costituita da profitti ma dal maggior margine imponibile Iva realizzato tra ottobre 2021 e aprile 2022 rispetto allo stesso periodo del biennio precedente.

Le tasse sono da versare in due tranche: il 40% a giugno e il restante 60% a novembre. Nel frattempo l’Esecutivo ha inasprito controlli e sanzioni e ha anticipato al 31 agosto il termine entro il quale mettersi in regola con l’acconto e pagare una sanzione ridotta. E già che c’era ha inasprito anche le sanzioni: al 15% per chi salderà (in ritardo) la prima rata entro agosto e addirittura al 60% per chi dovesse provvedere oltre tale data.

Quanto vale il “buco” fiscale e perché le aziende non pagano

Degli attesi 10 miliardi di euro, lo Stato ne ha visti però molti meno. Solo un miliardo, per la precisione, con gli altri 4 (più i 6 previsti a novembre) che mancano all’appello. Il Ministero dell’Economia appare però fiducioso, perché il 60% della tassa dovrà essere versata a novembre e “i contribuenti hanno ancora la possibilità di pagare quanto dovuto, ancorché in ritardo, secondo le regole del ravvedimento operoso“. In effetti il dicastero aveva stimato gli extra-profitti in più di 40 miliardi di euro, tassati al 25%.

Diverse aziende energetiche hanno dunque deciso di non pagare, definendo “incostituzionale” la misura varata dal Governo. E impedendo a quest’ultimo di raccogliere i fondi necessari per la lotta al caro vita. Le imprese energetiche, soprattutto del petrolio, fanno leva sul fatto che, come accennato in precedenza, l’imposta si applica sul saldo delle operazioni Iva e non sui profitti reali, che si potranno verificare solo quando i bilanci societari saranno approvati e ufficializzati.

Le operazioni Iva sono tutte quelle transazioni che vengono tassate dall’imposta indiretta. Tra queste ce ne sono tuttavia alcune che non sarebbero legate al rialzo del prezzo dell’energia. La contestazione è chiara: le aziende lamentano di dover pagare la tassa anche su imposte già pagate.

L’inverno sta arrivando

E intanto il tempo stringe. Tra chi propone di aumentare l’aliquota dal 25% al 100% e chi parla di un nuovo decreto, si starebbe facendo strada un emendamento proprio al Decreto Aiuti Bis, che dovrebbe approdare al Senato per la conversione in legge il 6 settembre. Con l’inverno alle porte, e con esso il limite oltre il quale sarà “troppo tardi” per intervenire.