Regime forfettario: quando si applica l’aliquota al 5%

L'Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 161 del 29 maggio 2020, specifica quali siano i requisiti per l'aliquota fiscale del 5%

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Aprire la partita Iva ed aderire al regime forfettario può essere molto vantaggioso. È possibile, infatti, accedere ad un’aliquota ridotta al 5% sul reddito imponibile, invece del consueto 15%. Questa ulteriore agevolazione è destinata a quanti si accingono ad avviare una nuova attività autonoma o professionale. È possibile beneficiare della tassazione ridotta per i primi cinque anni di attività.

A questa particolare agevolazione fiscale, però, non possono accedere tutte le nuove partite Iva che hanno optato per il regime forfettario. Con la risposta n. 161 del 29 maggio 2020, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che per poter usufruire di un’aliquota fiscale così bassa è necessario rispettare requisiti precisi, sia sul fronte del reddito imponibile, sia sul fronte dell’attività svolta. Quest’ultimo “paletto”, in particolare, preclude la possibilità di avere la tassazione agevolata a gran parte delle persone che decidono di aprire la partita IVA. Ma procediamo con ordine.

Regime forfettario al 5%: i requisiti di legge

Secondo l’attuale legislazione fiscale del nostro Paese, chi ha una partita IVA a regime forfettario può usufruire di un’aliquota fiscale del 5% sul reddito imponibile per un totale di cinque periodi d’imposta consecutivi. I requisiti di accesso, però, sono piuttosto stringenti:

  • limite di ricavi di 85.000 euro annui;
  • limite di spesa per dipendenti di 20.000 euro;
  • il contribuente non deve aver svolto nei tre anni precedenti attività artistica, imprenditoriale e professionale;
  • l’attività esercitata non deve essere la mera prosecuzione di un’altra attività svolta in precedenza sotto forma di lavoro dipendente o autonomo.

Una nota particolare deve essere effettuata sul primo requisito che abbiamo elencato. Nel caso in cui, nel corso del 2024 il contribuente dovesse superare la soglia degli 85.000, nel 2025 sarà tenuto ad adottare il regime ordinario o quello semplificato. Nel caso in cui la nuova partita Iva sia stata aperta nel corso dell’anno, il limite degli 85.000 euro deve essere proporzionato ai reali mesi di attività. Sarà necessario, quinsi, dividere 85.000 euro per 365 giorni – ossia i giorni completi di un anno – e moltiplicare il risultato per i giorni di attività effettivi. Facendo un esempio molto pragmatico, nel caso in cui la partita Iva sia stata aperta il 1° dicembre 2024, il limite dei compensi da rispettare a pari a 7.219 euro, che corrisponde a 85.000 diviso 365 per 31 giorni.

La risposta dell’Agenzia delle Entrate

Su quest’ultimo requisito, in particolare, si è espressa l’Agenzia delle Entrate, rispondendo a un quesito posto da un contribuente che, dopo esser andato in pensione nel 2018, aveva immediatamente intrapreso attività di libero professionista. Il richiedente, in particolare, avrebbe voluto applicare per l’anno di imposta 2019 l’aliquota del 5% sul reddito generato dall’attività professionale.

Una richiesta però rigettata dall’Agenzia delle Entrate. Nell’interpello l’AdE, infatti, specifica

che ci sarà continuità quando il contribuente sceglierà di esercitare la medesima attività, svolta precedentemente come lavoratore dipendente rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento. Si ritiene che la prosecuzione rilevi anche quando la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per cause indipendenti dalla volontà del dipendente, tenuto conto che la norma in esame non fa riferimento a specifiche agevolazioni per i lavoratori in mobilità.

Per questo motivo, anche se il contribuente aveva interrotto la propria attività per sopraggiunti limiti di età, non può applicare l’aliquota agevolata ai propri redditi da attività autonoma.