Regime forfettario, non sempre è la scelta migliore per risparmiare sulle tasse

Optare per la flat tax non sempre può risultare la scelta migliore, dal punto di vista economico. Ecco quando starne lontani.

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Le discussioni su una possibile riforma della flat tax hanno acceso i riflettori sul regime forfettario. Il dibattito, nel corso degli ultimi giorni, si fa molto animato e ci sono alcune ipotesi contrapposte: la prima che prevede in una semplice revisione di questo regime agevolato destinato ai titolati di partita Iva; la seconda che estenderebbe un’ipotetica flat tax anche ai dipendenti.

Per il momento, comunque, l’ipotesi più accreditata è quella di un semplice aumento della soglia massima dei ricavi per la misura già in vigore, la quale attualmente è fissata a 65.000 euro. Arriverebbe, inoltre, un aumento dell’aliquota relativa all’imposta sostitutiva, che passerebbe dal 15 al 20% per i contribuenti che non sono all’interno del regime startup.

Una domanda che molti contribuenti si pongono, a questo punto, è se il regime forfettario sia effettivamente conveniente. Secondo la normativa vigente ad oggi, i titolari di partita Iva hanno la possibilità di beneficiare di una tassazione agevolata al 15%, che scende al 5% nel caso di nuove attività. Purtroppo quanti hanno i requisiti per aderire al regime forfettario, non sempre hanno la garanzia di riuscire realmente a risparmiare rispetto a quello ordinario. Per poter capire quale sia la scelta migliore da effettuare, è necessario valutare una serie di elementi.

Regime forfettario: non sempre conviene

Aderire al regime forfettario non rappresenta sempre una scelta conveniente. Per sapere se è conveniente o meno farlo, è necessario tenere presenti alcuni elementi particolarmente importanti.

Partiamo con il sottolineare che questo particolare regime fiscale è riservato alle persone fisiche, che siano titolari di una partita Iva. Permette, a questi contribuenti, di godere della tassazione agevolata al 15% o al 5% nel caso in cui sia una nuova attività. Per poter accedere a questa misura è necessario rispettare alcuni requisiti minimi e prestare particolare attenzione alle cause ostative, che ne potrebbero comportare l’uscita dal regime forfettario.

Senza dubbio questa flat tax è particolarmente attraente per quanti stiano avviando una nuova attività. Non è detto, comunque, che possa risultare migliore rispetto al regime ordinario. Gli elementi da tenere in considerazione sono principalmente due:

  • le spese che si devono sostenere per lo svolgimento dell’attività;
  • la situazione familiare e personale del contribuente, con le relative conseguenze sulle detrazioni Irpef alle quali è possibile accedere.

Spese da sostenere

Partiamo da una premessa molto importante: il regime forfettario è, a tutti gli effetti, un sistema sostitutivo rispetto all’Irpef. I contribuenti, che vi aderiscono, sono esonerati dal pagamento delle addizionali Irpef, dall’Irap ed è escluso dal regime Iva. Hanno la possibilità di beneficiare dello sconto del 35% sui contributi Inps. Questi, senza dubbio, costituiscono i vantaggi: questa flat tax, però, toglie ai contribuenti la possibilità di beneficiare di eventuali detrazioni e deduzioni Irpef.

I titolari di partita Iva non hanno, quindi, la possibilità di dedurre i costi che hanno sostenuto per la propria attività. Il reddito imponibile, nel regime forfettario, viene determinato in maniera diversa: non si calcola sottraendo i costi ai ricavi, ma si devono semplicemente sommare le fatture incassate.

Il totale dei ricavi maturati nel corso di un anno solare viene ottenuto in questo modo: si dovrà, poi, applicare il coefficiente di redditività previsto per il codice Ateco di appartenenza. Si ottiene, così, il reddito imponibile, a cui devono essere sottratti i contributi versati nel corso dell’anno precedente e poi si applica la flat tax: 15% o 5% a seconda dei casi.

Nel caso in cui il contribuente abbia sostenuto delle spese eccedenti, rispetto a quelle che risultano dall’applicazione del coefficiente, queste non potranno essere portate in detrazione. Se i costi risultano essere particolarmente sostenuti, il regime ordinario potrebbe risultare più conveniente, perché permette di scaricarli.

Questo significa che, se il professionista o la ditta individuale prevede di avere una struttura di costi superiore a quella del relativo coefficiente, la scelta di aderire al regime forfettario non sarà la migliore.

Regime forfettario e situazione familiare

Un altro elemento che deve essere preso in considerazione, nel momento in cui si vuole accedere alla flat tax è la propria situazione personale e familiare. Non aderire al regime Irpef comporta la perdita di eventuali detrazioni per i figli a carico: questo potrebbe portare a vanificare i benefici della tassazione agevolata.

Facciamo un esempio pratico: un nucleo familiare con figli, nel quale il titolare di partita Iva in regime forfettario è l’unico con un reddito. In questo caso non sarà possibile beneficiare delle detrazioni Irpef per i figli a carico. Diversa, invece, è la situazione se in famiglia ci sono due redditi in entrata, uno solo dei quali ha aderito alla flat tax. In questo caso le detrazioni sarebbero applicate unicamente al reddito non forfettario, purché sia adeguatamente alto.

Nella valutazione bisogna tenere in conto la propria situazione familiare, dato che rinunciare alle eventuali agevolazioni per i figli a carico potrebbe comportare perdite anziché i benefici desiderati.