Ti è mai capitato di ricevere un SMS sospetto o di subire una truffa online? Non sei il solo: ogni giorno migliaia di persone sono vittime di frodi digitali. Agire rapidamente può fare la differenza per limitare i danni e difendere i propri diritti. Vediamo come.
Indice
Il reato di truffa nel codice penale
L’art. 640 c.p. disciplina il reato di truffa e prevede che:
“Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032”
Se la truffa è commessa con mezzi particolarmente sofisticati o reca un danno rilevante, si applica l’aggravante: reclusione da 1 a 5 anni e multa da 309 a 1.549 euro (art. 640, co.2, c.p.).
In termini più semplici, si tratta di truffa se un soggetto usa mezzi fraudolenti per ingannare un altro, facendogli compiere azioni da cui deriva una perdita economica. Ciò avviene spesso online attraverso falsi siti web, email ingannevoli (phishing mail) o finte offerte commerciali.
In caso di truffa online, occorre presentare una querela. Un atto formale con cui comunicare alle autorità competenti – come la Polizia Postale, i Carabinieri o la Polizia di Stato – di essere stato vittima di un reato. In tal modo si avvia un’indagine per perseguire penalmente il truffatore. Per querelare c’è un termine tassativo di 3 mesi che decorrono dal momento in cui la vittima ha scoperto il raggiro. Ai fini della querela occorre raccogliere e conservare tutte le prove relative alla truffa. Queste possono includere screenshot di SMS o email, ricevute di pagamento, estratti conto bancari che mostrano le transazioni fraudolente e qualsiasi altro elemento utile a ricostruire i fatti.
Come posso recuperare i soldi che mi hanno sottratto?
Recuperare i soldi sottratti da una truffa online può essere complicato, ma non impossibile. E’ opportuno contattare immediatamente la banca o il gestore della carta di credito utilizzata per il pagamento. Ecco cosa è possibile fare:
- bloccare la carta o il conto corrente: informare la banca dell’operazione fraudolenta, richiedendo il blocco immediato per evitare ulteriori perdite;
- richiedere il rimborso: se la transazione è stata eseguita senza consenso o è il risultato di un inganno si può richiedere il rimborso alla banca, presentando la querela e le prove della truffa. In alcuni casi, il rimborso può avvenire anche per transazioni autorizzate ma fraudolente, se il cliente danneggiato ha rispettato tutte le misure di sicurezza richieste.
Costituzione di parte civile o azione civile autonoma: quale scegliere?
La vittima di una truffa online può ottenere il risarcimento dei danni subiti attraverso: la costituzione di parte civile nel processo penale oppure con un’azione civile autonoma:
- La costituzione di parte civile consente al danneggiato di partecipare al processo penale contro il truffatore; avanzando la propria pretesa risarcitoria all’interno di tale procedimento. Ciò consente di ottenere una sentenza che riconosce il risarcimento senza dover avviare un separato giudizio civile. Tuttavia, se l’imputato è assolto o non identificabile, non ci sarà alcuna condanna e, quindi, non dovrà pagare nulla.
- L’azione civile autonoma (art. 2043 C.c.), prevede che la vittima promuova un procedimento civile per ottenere il risarcimento del danno ingiusto subito. Il danneggiato deve dimostrare l’esistenza della truffa, il nesso causale tra la condotta del truffatore e il danno economico, e l’entità del danno stesso. Questa opzione è percorribile anche in assenza di un procedimento penale o in caso di esito negativo dello stesso. Infatti, se il truffatore non è identificabile, l’azione civile può essere comunque intentata contro soggetti terzi responsabili, come intermediari o piattaforme che abbiano violato obblighi di sicurezza o vigilanza.
La costituzione di parte civile è conveniente se il procedimento penale è già in corso e vi sono prove solide contro il truffatore, poiché consente di risparmiare tempo e costi. Tuttavia, se l’imputato dovesse risultare nullatenente o non identificabile, c’è il rischio concreto di non riuscire a ottenere nulla, rendendo l’azione civile autonoma una scelta più appropriata.
Cosa posso fare se la truffa proviene da un sito estero?
In caso di truffa internazionale, bisogna determinare quale tribunale e quale autorità siano competenti a trattare il caso. Se la vittima della truffa risiede in Italia, è possibile rivolgersi alle autorità italiane, soprattutto quando il pagamento è avvenuto tramite istituti bancari italiani o il danno è stato concretamente subito nel nostro Paese. Ciò significa che è possibile sporgere querela presso la Polizia Postale o i Carabinieri, anche se il sito truffaldino ha sede all’estero. Saranno le autorità italiane a stabilire se possono procedere direttamente o se è necessario attivare una collaborazione con le autorità straniere.
In caso di truffe che coinvolgono paesi europei, entrano in gioco meccanismi di cooperazione giudiziaria previsti dall’UE. Grazie a strumenti come l’ordine europeo di indagine penale o le rogatorie internazionali, le autorità italiane possono richiedere assistenza alle omologhe estere per identificare i responsabili, bloccare i fondi e recuperare le somme sottratte. Per i paesi extra-UE, invece, il procedimento può richiedere più tempo, ma resta comunque possibile tramite accordi bilaterali o organismi internazionali come l’Interpol.
Inoltre, è possibile segnalare la truffa direttamente alle autorità del paese estero dove ha sede il sito. Molti Stati dispongono di unità specializzate per il contrasto alle frodi informatiche, che accettano segnalazioni da parte di cittadini stranieri. In Europa, ad esempio, Europol dispone di una piattaforma per la cooperazione tra le forze di polizia di diversi Stati. Inoltre, alcune truffe internazionali possono essere risolte anche attraverso strumenti civili, come il ricorso a piattaforme di risoluzione delle controversie online (ODR), soprattutto se la transazione è avvenuta tramite un commerciante registrato in un paese dell’Unione Europea. In questo caso, si può tentare un accordo con il venditore o il sito sospetto senza dover ricorrere direttamente alle autorità giudiziarie.
La banca è responsabile per non aver bloccato la truffa?
La Direttiva sui Servizi di Pagamento (nota come PSD2) stabilisce che le banche devono garantire un elevato livello di sicurezza per tutte le operazioni finanziarie, in particolare quelle online. Tra gli obblighi principali c’è l’adozione di sistemi di autenticazione forte, come i codici OTP inviati via SMS o l’uso di app di sicurezza, per assicurarsi che l’utente sia effettivamente il titolare del conto. Se la banca non adotta queste misure o consente che vengano eseguite operazioni fraudolente nonostante l’uso di sistemi di sicurezza, può essere ritenuta responsabile per i danni subiti dal cliente. In particolare, la banca è tenuta al rimborso delle somme sottratte in modo fraudolento, a meno che non dimostri che la frode è avvenuta per colpa grave del cliente – danneggiato. Ad esempio perché sono stati condivisi i codici di accesso con terzi.
Se l’istituto di credito rifiuta il rimborso, è possibile rivolgersi all’Arbitrato Bancario Finanziario (ABF). L’ABF è un organismo indipendente che si occupa di risolvere le controversie tra clienti e istituti finanziari senza dover ricorrere al tribunale. La procedura è scritta, rapida ed economica, e se l’ABF riconosce il diritto del cliente, la banca è tenuta a seguire la sua decisione, rimborsando la somma.