L’Irpef intrappola il ceto medio: chi paga davvero le tasse in Italia

In Italia metà dei cittadini non versa Irpef e il peso del fisco grava sul ceto medio, mentre la prossima Manovra si gioca tra taglio aliquote e detrazioni

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

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L’Irpef e la consapevolezza del bassissimo reddito medio degli italiani sono il grande elefante invisibile nelle stanze parlamentari. Ora, visto che i lavori per la prossima Manovra sono entrati nel vivo, la questione Irpef resta al centro del confronto economico e politico, simbolo di un sistema fiscale che scarica il grosso del gettito su una minoranza e lascia intere fasce della popolazione ai margini.

In discussione ci sono possibili aggiustamenti delle aliquote, nuove forme di detrazione e un rafforzamento del comparto sanitario, mentre l’esecutivo procede con cautela per mantenere la solidità dei conti pubblici.

Irpef, la trappola del ceto medio

In Italia il carico fiscale rimane fortemente sbilanciato. L’analisi del centro studi Itinerari Previdenziali, con il supporto di Cida, mostra che meno di un terzo dei contribuenti sostiene oltre tre quarti dell’Irpef, mentre quasi la metà dei cittadini non ha entrate e vive a carico di altri.

Ma cosa si intende per ceto medio? In Italia il reddito familiare mediano si aggira intorno ai 25mila euro l’anno. Secondo l’Ocse, la fascia centrale si estende da circa 18mila fino a 50mila, mentre per la Banca d’Italia arriva addirittura a 75mila partendo da poco più di 15mila. È un intervallo molto ampio e generoso: 15mila euro annui corrispondono a condizioni di povertà, mentre 75mila si collocano ormai nella fascia della borghesia agiata.

Il documento Cida parla apertamente di una trappola del ceto medio e rileva che

meno di un terzo dei contribuenti sostiene da solo oltre tre quarti dell’Irpef, un meccanismo che concentra il peso fiscale su una minoranza e lascia il resto del Paese sulle spalle di pochi.

I dati dell’Osservatorio sui redditi

Sempre dal documento Itinerari Previdenziali emerge un quadro ancora più chiaro: quasi la metà degli italiani dichiara intorno ai 10mila euro lordi all’anno. In pratica, un cittadino su due non versa imposte sul reddito, e all’interno di questa fetta, il 43,15% non ha alcuna entrata e dipende da altri.

Cresce anche il numero di coloro che dichiarano un reddito nullo o addirittura negativo: oltre 1,18 milioni di persone, in aumento di circa 170mila rispetto all’anno precedente. Ne consegue che il 76,87% dell’Irpef resta a carico di 11,6 milioni di contribuenti su un totale di 42,6 milioni.

Manovra, allo studio riduzione aliquota Irpef

Il Governo intanto lavora a una serie di misure mirate. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha avvertito che

servono rigore e grande attenzione ai conti pubblici.

L’ipotesi più concreta al momento è la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33%, con un beneficio che riguarderebbe solo i redditi fino a 50mila euro, senza l’estensione fino a 60mila inizialmente ipotizzata.

Il viceministro ha aggiunto che il Governo intende dedicare particolare attenzione alle famiglie, soprattutto a quelle con figli, attraverso nuove detrazioni, in linea con le regole europee. Ma il problema principale è che per il taglio dell’Irpef servono almeno 10 miliardi.

Famiglie, le richieste sul tavolo del Governo

Per le famiglie con figli sono allo studio nuove forme di detrazione. A Palazzo Chigi sono state ascoltate le associazioni familiari, che hanno avanzato proposte come un’Irpef calcolata sul numero dei figli o l’introduzione di un nuovo Isee familiare.

Hanno chiesto anche incentivi per l’acquisto dei libri scolastici e un riconoscimento più concreto del ruolo dei caregiver. Il Forum delle Associazioni Familiari, in particolare, ha rilanciato la proposta di legare l’imposizione fiscale al numero dei figli.

Rottamazione delle cartelle, la linea della Lega

Sul fronte fiscale non si molla la partita della Rottamazione. Massimo Garavaglia, relatore del ddl in Senato, ha chiarito:

L’unico dato certo è che si fa.

Rispetto alla versione iniziale, che prevedeva fino a 120 rate in dieci anni, l’intervento sarà però più contenuto.

La Lega punta a inserirlo comunque nella Manovra, anche se non è stato ancora deciso se attraverso un emendamento, un ordine del giorno o come misura autonoma. Ora è un’idea. Ma si farà, anche se mancano i dettagli.

Verso il Documento programmatico

Il cammino verso la legge di Bilancio è breve ma tortuoso, e passa dal Documento programmatico di finanza pubblica, atteso in Consiglio dei ministri. Sarà questo il punto di partenza per capire quali margini avrà l’esecutivo.

All’ordine del giorno potrebbe comparire anche la proroga di Arera, mentre sul decreto energia si lavora ancora a modifiche tecniche, comprese quelle relative alle aree idonee.

Nessuna proroga, invece, per il Pnrr: il ministro Tommaso Foti ha richiamato tutti a rispettare le scadenze dell’“ultimo miglio”.