Nuovi forfettari esclusi dal concordato preventivo biennale, limiti anche sul reddito

Alcune partite Iva che hanno aderito alle tassazioni agevolate dei regimi forfettari sono escluse dal concordato preventivo biennale

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito con una circolare alcuni requisiti che le partite Iva che hanno aderito al regime forfettario devono rispettare se vogliono accedere al concordato preventivo biennale. Si tratta principalmente di due limiti, uno temporale legato a quando è stato adottato il regime forfettario, e l’altro economico, che prevede un tetto al reddito.

In alcuni casi infatti, la partita Iva a regime forfettario che sfora il tetto massimo di fatturato annuale per rimanere all’interno dei parametri imposti alla tassazione agevolata, può non essere costretta a rinunciare al concordato preventivo. Non è ancora certo però quale potrebbe essere la tassazione sul reddito eccedente.

Quali forfettari sono esclusi dal concordato preventivo

Secondo quanto riportato nel decreto legge correttivo e specificato dall’Agenzia delle entrate, sono esclusi dal concordato preventivo i contribuenti che hanno cominciato un’attività in regime forfettario nel 2023 e quelli che hanno cambiato da regime ordinario a forfettario nel 2024.

Questo non è però l’unico motivo per cui una partita Iva che ha siglato il concordato con il fisco può vedere cessati immediatamente i suoi accordi. Quando si stabilisce il concordato biennale con l’Agenzia delle Entrate, si accetta anche di non poter passare per i due anni successivi al regime forfettario. Se si decide per questo passaggio, il concordato cessa immediatamente.

Con il decreto Omnibus inoltre, si apre, per chi aderisce al concordato preventivo biennale, anche la possibilità di una sanatoria molto generosa sui debiti con il fisco accumulati tra gli anni 2018 e 2022, che include quindi anche il periodo della pandemia di Covid-19, durante il quale molte aziende sono andate in difficoltà. Perdere i privilegi del concordato biennale significa anche privarsi dei vantaggi garantiti da questo condono.

Cosa succede se si sfora il tetto di fatturato del regime forfettario

Il regime forfettario prevede regole molto precise. Per accedere a una tassazione agevolata infatti, la partita Iva deve prima di tutto rispettare un tetto al proprio fatturato pari a 85mila euro. Le norme che riguardano chi sfora questa soglia sono molto chiare, se si parla di un normale regime forfettario. Lo sono meno se invece la partita Iva ha aderito al concordato preventivo biennale.

I casi principali sono tre e si riferiscono allo sforamento di altrettante soglie di fatturato.

  • Il fatturato annuale supera gli 85mila euro ma rimane sotto i 100mila euro. In questo caso la partita Iva esce dal regime forfettario per violazione del limite di fatturato a partire dal 2025. Non ci sono effetti sul concordato preventivo del 2024.
  • Il fatturato annuale supera i 100mila euro, ma rimane sotto i 150mila euro. In questo caso il regime forfettario cessa già dal 2024, mentre rimane in vigore il concordato preventivo.
  • Il fatturato annuale supera i 150mila euro. In questo caso cessano immediatamente sia il regime forfettario che il concordato preventivo del 2024.

Una questione ancora poco chiara riguarda la tassazione dell’incremento reddituale nel secondo caso, quello in cui il contribuente supera il fatturato di 100mila euro ma rimane al di sotto dei 150mila. Alcune interpretazioni pensano debba essere assoggettato all’Irpef e alle relative addizionali, mentre altre pensano si possa applicare la flat tax sostitutiva sul maggior reddito. L’Agenzia delle Entrate deve ancora chiarire questo punto.