Assegno di inclusione flop, taglia fuori metà dei poveri: l’allarme della Caritas

Secondo la Caritas, l’Assegno di Inclusione ha escluso quasi metà dei poveri italiani, penalizzando stranieri e lavoratori senza figli

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Claudio Cafarelli

Giornalista e content manager

Giornalista pubblicista laureato in economia, appassionato di SEO e ricerca di trend, content manager per agenzie italiane e straniere

Pubblicato: 10 Ottobre 2025 11:22

A quasi due anni dalla sua introduzione, l’Assegno di Inclusione è al centro del nuovo Rapporto Caritas sulla povertà in Italia. L’indagine evidenzia come la misura, nata nel gennaio 2024 per sostituire il Reddito di cittadinanza, abbia ridotto la platea dei beneficiari del 40-47% rispetto al precedente sistema, senza migliorare la capacità di raggiungere le persone più fragili.

Secondo la Caritas, l’Assegno di Inclusione ha segnato il passaggio da un approccio universalistico, che offriva sostegno a tutti i poveri, a un sistema categoriale, limitato solo a determinate tipologie familiari: nuclei con figli minori, persone con disabilità o non autosufficienti e over 67. Una scelta che ha escluso molte famiglie in età lavorativa senza figli, lavoratori poveri e cittadini stranieri.

I numeri della contrazione

La riduzione dei beneficiari ha avuto effetti evidenti sulla distribuzione del sostegno economico. Le famiglie straniere, pur avendo visto dimezzarsi il requisito di residenza da 10 a 5 anni, risultano ulteriormente penalizzate dalla nuova scala di equivalenza, che assegna un peso minore ai componenti aggiuntivi del nucleo. Tra luglio 2023 e giugno 2025, la percentuale di nuclei stranieri beneficiari è diminuita del 40%, contro un calo del 35% tra le famiglie italiane. Come se non bastasse, anche la distribuzione geografica delle risorse continua a essere squilibrata: nel Nord Italia risiede il 41% delle famiglie in povertà assoluta, ma solo il 15% dei beneficiari dell’Adi.

La Caritas sottolinea che la riforma non ha eliminato le criticità già presenti con il Reddito di cittadinanza. Viene segnalata una scarsa efficacia nel selezionare i reali destinatari del sostegno con il rischio che alcune famiglie vulnerabili restino escluse, mentre altre, non necessariamente povere, riescano comunque ad accedere alla misura. Il rapporto descrive un sistema che ha ristretto la platea con criteri categoriali, senza tenere conto del reale livello di povertà. Questo approccio, definito “orizzontale”, ha di fatto ridotto la copertura complessiva, lasciando senza aiuto molti nuclei che versano in condizioni economiche critiche.

L’Italia, unico Paese senza un reddito minimo universale

Dal 2024 l’Italia è diventata l’unico Paese europeo privo di una misura di reddito minimo garantito rivolta a tutti i poveri, indipendentemente dalle caratteristiche familiari o dall’età. In tutti gli altri Stati membri dell’Unione, esistono strumenti di sostegno universali, calibrati sul reddito effettivo e non su categorie predefinite. Per la Caritas, questa scelta rappresenta un passo indietro sul piano della giustizia sociale, perché spezza il principio di solidarietà che dovrebbe garantire pari accesso alle tutele fondamentali.

La riduzione della platea dei beneficiari ha avuto un impatto diretto sulle famiglie in difficoltà, in particolare quelle che vivono nel Centro e nel Nord Italia. Molti nuclei un tempo sostenuti dal Reddito di cittadinanza oggi non ricevono più alcun aiuto economico. Questa situazione ha comportato un aumento delle richieste di assistenza diretta alla rete Caritas, con una crescita significativa delle domande di aiuto per cibo, affitto e utenze. Secondo il Rapporto, la Caritas sta tornando a svolgere un ruolo di “paracadute sociale”, supplendo alle carenze dei sistemi pubblici di sostegno.

Le proposte alternative

Nel documento si evidenzia che sarebbe stato possibile ridurre gli stanziamenti pubblici, senza escludere i più deboli, orientando gli interventi verso i nuclei effettivamente poveri. La Caritas suggerisce che si sarebbe potuto intervenire in modo verticale, concentrando le risorse sui soggetti con maggiore disagio economico, invece di procedere con un taglio orizzontale che ha ristretto l’accesso.

Il Rapporto richiama l’attenzione anche sull’importanza di strumenti integrativi, come politiche attive del lavoro e misure di inclusione personalizzate, per evitare che il sostegno economico rimanga un intervento temporaneo e frammentato. Oltre all’Assegno di Inclusione, la Caritas analizza anche il Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl), destinato agli occupabili. Lo strumento mostra limiti simili: bassa partecipazione, percorsi poco efficaci e poche opportunità di inserimento stabile. Un intervento che rischia di essere percepito come un sostegno temporaneo e inefficace e non un reale trampolino verso l’inclusione.