Meloni, Bruxelles e il dilemma americano, tra sanzioni alla Russia e la strategia con Trump

L’Ue rafforza le sanzioni contro Mosca, Meloni valuta una mossa negli Usa, mentre Trump rilancia con Putin sul nucleare e con Xi sui dazi e gli equilibri globali

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 20 Febbraio 2025 08:46

L’Europa stringe i bulloni mentre la diplomazia cerca uno spiraglio. Bruxelles mette sul tavolo il sedicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, un passo che prova a rafforzare il peso dell’Ue nel contesto geopolitico sempre più instabile. Intanto, Giorgia Meloni si muove su un terreno minato: il pressing di Washington, la freddezza di Bruxelles, il rischio di rimanere fuori dai giochi.

La premier, stando a giornali come Repubblica, starebbe valutando di prendere un aereo per gli Stati Uniti, mentre cerca di mantenere un equilibrio tra le spinte sovraniste e le necessità europee. In attesa del via libera politico alle nuove misure contro Mosca, la strategia di pressione economica continua, mentre attorno al tavolo delle trattative internazionali gli equilibri restano precari.

Sanzioni economiche alla Russia: cosa prevede il nuovo pacchetto

L’arsenale delle nuove misure colpisce il cuore della strategia economica russa. Bruxelles ha deciso di tagliare fuori tredici istituti di credito dalla rete Swift, lo snodo vitale delle transazioni bancarie globali. Un’ulteriore stretta riguarda il traffico marittimo: settantatre navi, considerate parte della flotta ombra usata per sfuggire all’embargo petrolifero, sono finite nella lista nera dell’Ue.

Ma l’offensiva economica non si ferma qui. Otto gruppi editoriali perdono la licenza di trasmissione, mentre l’importazione di alluminio (guardacaso, materiale cui Trump ha imposto dazi) e cromo dalla Russia viene bloccata. Inoltre, quarantotto individui e trentacinque aziende si vedono congelare gli asset e subiscono limitazioni di viaggio. Una strategia che punta a indebolire le capacità di Mosca, in attesa di sviluppi diplomatici.

Navi fantasma e embargo: il sistema russo per aggirare le sanzioni

C’è una flotta che solca i mari nell’ombra, una flotta senza bandiera, senza regole, senza scrupoli. È la rete delle cosiddette navi fantasma, l’escamotage con cui Mosca aggira l’embargo occidentale sul petrolio. Bastano un cambio di nome, un passaggio da un registro opaco a un altro, e il gioco è fatto: il greggio russo continua a scorrere, mentre gli armatori si arricchiscono nell’ombra. Il loro numero è esploso dopo l’invasione dell’Ucraina, una prova che le sanzioni, per essere efficaci, devono essere più di un foglio di carta firmato a Bruxelles.

L’Ue e la guerra in Ucraina: il peso delle sanzioni sul negoziato

Bruxelles gioca la sua partita mentre il tavolo negoziale tra Russia e Stati Uniti si scalda. Il sedicesimo pacchetto di sanzioni arriva proprio nel momento in cui Mosca e Washington cercano spiragli per un cessate-il-fuoco. L’Unione Europea vuole restare dentro il gioco, evitare di essere spettatrice delle mosse altrui. Eppure, le divergenze interne restano: c’è chi spinge per un nuovo giro di vite, chi invece teme il contraccolpo economico.

Nel comunicato del G7 si legge che “qualsiasi nuova sanzione aggiuntiva dopo febbraio dovrebbe essere legata al fatto che la Russia intraprenda sforzi reali e in buona fede” per fermare la guerra. Ma la realtà è che la diplomazia europea è costretta a muoversi tra pressioni e calcoli, senza la certezza di poter davvero incidere sugli eventi.

Ma l’Ue si sente accerchiata e incredibilmente sola, solo rimproverata da Mario Draghi, che nel discorso recentissimo fatto al Parlamento europeo ha evidenziato come l’Ue rischi l’isolamento se non agirà con maggiore unità e rapidità. Draghi ha enfatizzato la necessità di rimuovere le barriere interne e di adottare una politica industriale comune per affrontare le sfide globali e competere efficacemente con Stati Uniti e Cina.

Ha inoltre proposto investimenti annuali tra 750 e 800 miliardi di euro per sostenere la competitività europea, suggerendo l’emissione di debito comune come possibile soluzione. Emblematica la sua frase: “Non potete dire no a tutto”.

Meloni tra Washington e Bruxelles: la difficile partita diplomatica

Nel frattempo, il panorama diplomatico italiano si fa più turbolento. Giorgia Meloni è davanti a un bivio: restare nella prudente ombra di Bruxelles o lanciarsi oltre l’Atlantico per un’uscita d’effetto alla convention dei conservatori americani, un evento dominato da Donald Trump. Il piano iniziale prevedeva un collegamento video, ma gli ultimi sviluppi spingono verso un’ipotesi più audace: un blitz in presenza.

L’urgenza della decisione è dettata anche dagli equilibri europei, sempre più volatili. La prossima settimana, mentre Macron e Starmer incontreranno Trump alla Casa Bianca, Roma rischia di restare esclusa dalle grandi manovre diplomatiche. La premier riflette sulle mosse da compiere, cercando di non compromettere i rapporti con Bruxelles e di non finire ai margini dello scacchiere internazionale.

Nel frattempo, dentro il governo l’atmosfera si scalda. Meloni e Salvini si appartano in un confronto serrato, a cui si aggiunge Giancarlo Giorgetti. Si discute di tutto: dalle cartelle esattoriali agli equilibri di governo. Ma la vera spina nel fianco è la politica estera.

Il nodo cruciale resta quello dei dazi e del sostegno all’Ucraina. Il legame con Washington è fondamentale, ma l’Italia non può permettersi di irritare Bruxelles. Meloni sa che il suo governo cammina su un filo sottile: tra la necessità di mantenere una posizione strategica e il rischio di subire ritorsioni economiche. Per ora, la linea scelta è il silenzio calcolato (non si è presentata neanche alla Conferenza di Monaco) con la speranza che il vento della diplomazia offra presto un varco sicuro.

Trump, Russia e Cina: le mosse che cambiano gli equilibri globali

Donald Trump torna a farsi sentire, e lo fa nel suo stile, tra proclami e mosse da grande stratega. Dal palco di un summit tecnologico a Miami, il presidente insediatosi da un mese annuncia di aver discusso con Vladimir Putin di denuclearizzazione, sostenendo che i colloqui siano stati concreti. Ma è la Cina il vero convitato di pietra. Trump rilancia: Xi Jinping tornerà negli Stati Uniti, anche se non si sa ancora quando.

Sul dossier Ucraina, l’ex presidente non usa mezzi termini: la Russia, dice, ha il coltello dalla parte del manico. Ha conquistato territori strategici e quindi ha una posizione di forza nei negoziati, che è un po’ la conclusione a cui erano arrivati moltissimi esperti di geopolitica già due anni fa. Impossibile, al lato pratico, in questo momento, continuare una guerra dopo che la Russia ha conquistato territori già dal giorno uno. Eppure, Trump lascia intendere, una soluzione politica potrebbe non essere così lontana.

Poi c’è la questione dei dazi. Washington ha imposto nuove tariffe sulle merci cinesi, ma Trump si dice ottimista: un nuovo accordo commerciale con Pechino è possibile, come quello del 2020. Una sfida geopolitica in cui l’Europa, ancora una volta, rischia di restare spettatrice.