L’industria vinicola italiana sta attraversando un momento difficile. Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Uiv-Ismea, pubblicato ad agosto 2024, le vendite di vino nella grande distribuzione italiana hanno registrato un calo del 2,5% in volume nel primo semestre del 2024. Questo declino, aggravato dall’andamento negativo dell’ultimo trimestre (aprile-giugno), segna una contrazione significativa rispetto ai periodi pre-pandemia e solleva interrogativi sul futuro del settore.
Indice
Quanto sono diminuite le vendite e quali vini hanno subito la maggior contrazione
Nel primo semestre del 2024, il mercato del vino ha visto una flessione complessiva del 2,5% nei volumi venduti. Questo risultato negativo è frutto di un calo del 3,4% nelle vendite di vini fermi e frizzanti, mentre gli spumanti hanno registrato un aumento del 4,2%. Sebbene i vini spumanti abbiano contribuito a mitigare l’impatto complessivo sul valore delle vendite, il controvalore complessivo è aumentato solo dello 0,6%, sfiorando i 1,4 miliardi di euro. Questo incremento è stato però sostenuto da un aumento dei prezzi medi, non sufficiente a compensare completamente il calo dei volumi venduti.
Il trimestre aprile-giugno 2024, in particolare, ha visto una contrazione del 3,9% nei volumi e una diminuzione del 2,7% della spesa. In altre parole, sono stati venduti meno litri o bottiglie di vino rispetto al trimestre precedente o a quello dell’anno scorso. Questa contrazione è stata influenzata da una leggera diminuzione dei prezzi medi, che hanno registrato un incremento modesto dell’1,2%, rispetto al 5,6% di marzo. La flessione dei prezzi delle bollicine (-1,3%) ha ulteriormente contribuito alla caduta dei volumi, in parte a causa del destocking post-Pasqua.
Crescono le preferenze per bollicine e vini fermi
L’analisi di Ismea mostra anche una chiara preferenza verso le bollicine, con un incremento del 33% nel periodo. I consumatori hanno mostrato un crescente interesse per i vini spumanti (come Prosecco e altri tipi di bollicine) rispetto ad altri tipi di vino. Questo potrebbe essere dovuto a cambiamenti nelle preferenze dei consumatori o a tendenze di consumo emergenti.
Tuttavia, la crescita dei prodotti Charmat, che non sono Prosecco, sembra riflettere una tendenza degli italiani a consumare spritz a casa. Nonostante questo, la categoria spumanti ha subito una battuta d’arresto nel secondo trimestre, con una diminuzione dei volumi del 3,5% rispetto all’anno precedente.
I vini fermi e frizzanti hanno sofferto maggiormente, con una contrazione del 13,5% negli ultimi cinque anni. I vini rossi, in particolare, hanno visto un calo del 5% nel semestre, mentre i bianchi e i rosati hanno avuto flessioni rispettivamente del 2% e dell’1%. Questi cali si sono manifestati nonostante i prezzi medi dei bianchi e dei rosati siano aumentati del 5%, indicando una crescente pressione sui consumatori.
La performance dei vini biologici e Dop/Igp
Un dato interessante emerge dal confronto tra vini biologici e convenzionali: i vini biologici hanno performato meglio rispetto ai vini tradizionali, probabilmente grazie a prezzi più contenuti e a una crescente domanda di prodotti sostenibili.
D’altro canto, i vini Dop e Igp hanno subito una contrazione più marcata, con vendite in calo del 3%. Questo trend riflette una crescente difficoltà per i vini di alta qualità nel mantenere la loro posizione sul mercato, nonostante il loro valore aggiunto.
Di fatto, il mercato del vino italiano sta affrontando sfide significative. La combinazione di una domanda in calo per i vini fermi e frizzanti, una crescita moderata dei vini spumanti, e le difficoltà dei vini Dop e Igp suggeriscono un cambiamento nelle preferenze dei consumatori e nelle dinamiche di mercato. È importante sottolinearlo perché per i produttori e i rivenditori, l’adattamento a queste nuove tendenze sarà cruciale per navigare in un mercato in evoluzione e per capitalizzare sulle opportunità emergenti.
Mentre il mercato del vino continua a confrontarsi con questi cambiamenti, sarà fondamentale per gli attori del settore monitorare da vicino le tendenze dei consumatori e le condizioni economiche per affrontare le sfide future e sfruttare le nuove opportunità di crescita.
Perché è un problema se le vendite calano?
La diminuzione delle vendite di vino italiano può rappresentare un problema per diversi motivi, che toccano aspetti economici, occupazionali e sociali. Basti pensare che le aziende vinicole italiane hanno generato un fatturato di 6.3 miliardi di euro nel 2022, mentre nel 2o23 il valore della produzione mondiale di vino, sulla base dei prezzi medi di esportazione 2021-23, è stato stimato pari a 95 miliardi di euro circa.
Il settore del vino è quindi un’importante componente dell’economia agricola italiana e contribuisce significativamente al PIL del settore agroalimentare. Di conseguenza, un calo nelle vendite si traduce in minori entrate per i produttori di vino ma anche in perdite significative per l’industria italiana. Questo può influenzare negativamente la redditività delle cantine e delle aziende vinicole, ma trascinarsi dietro tutta una serie di settori, direttamente o indirettamente correlati.
Per esempio, una domanda in calo potrebbe portare a una riduzione della produzione e, di conseguenza, a una perdita di posti di lavoro nell’industria vinicola e nelle attività correlate, come la viticoltura e la distribuzione, perché i produttori potrebbero essere costretti a ridurre le spese, quindi a tagliare i costi per avere comunque un margine di profitto.
Anche i viticoltori, che dipendono direttamente dalla vendita del vino per il loro reddito, potrebbero trovarsi in difficoltà economiche, con conseguenze per le loro attività agricole e per i lavoratori impiegati nelle vigne. E questi effetti inevitabilmente si andrebbero a ripercuotere su altri mercati.
Ma non solo, il vino è una parte significativa della cultura e della tradizione italiana. Un calo nelle vendite può minacciare la sopravvivenza di varietà tradizionali e pratiche vinicole. Meno soldi, infatti, vuol dire anche meno risorse per miglioramenti qualitativi, ricerca e sviluppo, e innovazione nel processo produttivo. E questo è un problema perché molte regioni italiane sono identificate con le loro specifiche varietà di vino e dipendono dal turismo del enogastronomico, che attrae visitatori nelle cantine e nelle regioni.
Una crisi duratura del settore potrebbe avere un impatto sulla conservazione e sulla valorizzazione di queste tradizioni, ma anche influenzare negativamente la percezione del vino italiano sui mercati globali, danneggiando la reputazione di qualità e prestigio associata ai vini italiani. Un disagio che, ancora, comporterebbe ulteriori perdite, soprattutto se si pensa che nel 2023 l’export di vino italiano, anche se ha chiuso con una flessione tendenziale dell’1% nei volumi (21,4 milioni di ettolitri) e dello 0,8% nei valori, ha registrato un valore di mercato di 7,8 miliardi di euro.