La Legge di Bilancio 2023 ha riacceso il dibattito pubblico e politico attorno al Pos. Come stabilito dal governo Meloni, il nuovo limite minimo di pagamento elettronico per il quale gli esercenti non possono essere multati in caso di mancato utilizzo è salito da 30 a 60 euro (soglia che tuttavia potrebbe essere oggetto di variazioni al ribasso, come abbiamo spiegato qui).
La questione continua a dividere: c’è chi ritiene che sia un invito a chi vuole evadere non emettendo gli scontrini fiscali, e c’è chi pensa che ognuno debba avere la libertà di vendere o pagare come preferisce, senza subire ripercussioni. Per il cosiddetto ‘Movimento No Pos’ non è altro che un “regalo alla banche”. Il problema di fondo, come più volte denunciato dai commercianti, risiede nelle commissioni. La domanda più in voga è: perché non vengono tolte dal governo tramite un decreto legge? La risposta è che non è possibile farlo.
La spiegazione della premier Giorgia Meloni
Nel suo secondo appuntamento social con la rubrica “Gli appunti di Giorgia” la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha potuto non affrontare l’argomento. Togliere le commissioni ai pagamenti elettronici sarebbe “incostituzionale”, ha spiegato a coloro che le chiedono di azzerare la “tassa” sul Pos, facendo così chiarezza una volta per tutte.
“La moneta elettronica è privata, è un servizio offerto e lo Stato non può impedire a chi offre quel servizio di guadagnarci sopra una commissione”, ha precisato la premier. In altre parole, si andrebbe a violare un principio di libertà garantito dalla Costituzione.
La posizione dei bancari
Lo stesso concetto lo ha espresso Lando Maria Sileoni, segretario generale della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi). “Una norma dello Stato volta ad azzerare le commissioni sui pagamenti con carte di credito e bancomat sarebbe incostituzionale”, ha affermato, sottolineando che ogni singola transazione ha un costo per le banche stesse.
Gli istituti bancari sono infatti aziende private che offrono il servizio con il Pos a commercianti e partite Iva. “Non possono azzerare i prezzi in un colpo solo – ha aggiunto – perché andrebbero a perderci centinaia di migliaia di euro”. Di conseguenza, secondo Sileoni, qualsiasi iniziativa finalizzata “a eliminare le commissioni dovrebbe essere presa dalle banche”.
Ma come fatto notare dallo stesso segretario generale della Fabi, il fatto che non possano essere cancellate per decreto non significa che non si possa trovare un accordo con gli istituti di credito per far sì che i costi diminuiscano. Una delle ipotesi potrebbe essere quella di estendere quanto più possibile commissioni zero sotto una certa soglia.
Costi in diminuzione
A prescindere dal divisivo dibattito, va comunque osservato che i pagamenti elettronici costano sempre di meno. Ad esempio, ha evidenziato Sileoni, le commissioni per le transazioni con carta bancomat sono passate dall’1,88% del 2017 all’1,27% di oggi, mentre quelle con carte di credito sono passate dal 2,70% del 2017 all’1,60% di oggi”.
Parallelamente alla diminuzione delle tariffe, c’è un supporto parziale dello Stato, che riconosce a chi ha ricavi inferiori ai 400mila euro un credito di imposta del 30% sui pagamenti digitali.
Inoltre alcune banche offrono già pacchetti che prevedono zero costi sulle commissioni per i pagamenti inferiori ai 10-15 euro. In ogni caso prenderli in considerazione o meno è una scelta che spetta agli esercenti. L’importo che sono tenuti a pagare varia infatti in base al circuito scelto.