Meloni fallisce sul PNRR, 7 obiettivi da rinegoziare

Il 30 giugno era l’ultimo giorno per le scadenze legate alla quarta rata del Pnrr, da 16 miliardi di euro

Foto di Giorgio Pirani

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Avrebbe dovuto essere il giorno degli impegni rispettati, da mettere in fila uno dopo l’altro fino a raggiungere ventisette. Questo perché sono molti gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che l’Italia avrebbe dovuto raggiungere entro oggi per richiedere alla Commissione Europea la quarta rata del finanziamento, del valore di 16 miliardi di euro. Tuttavia, per la coalizione di destra al governo, è stato un giorno di scadenza mancata. Questo è il primo fallimento di tale portata dall’inizio del Piano di ripresa e resilienza.

PNRR, gli accordi

A differenza dei 55 obiettivi legati alla terza rata, che sono ancora sospesi (poiché la Commissione Europea ha recentemente richiesto all’Italia i contratti di locazione degli studentati), i 27 impegni non sono stati condivisi con il governo di Mario Draghi. Questi impegni riguardano il primo semestre dell’anno, quando Giorgia Meloni era già a Palazzo Chigi da oltre due mesi.

Nell’elenco dei compiti da svolgere a casa, ci sono sette spazi vuoti. Si tratta degli obiettivi che non sono stati completati, che vanno dagli asili nido alle colonnine di ricarica per veicoli elettrici.

Nella versione concordata tra Draghi e la Commissione Europea, emerge una sottolineatura enigmatica che viene richiamata nel ragionamento del governo Meloni. In sostanza, se il traguardo di fine giugno è stato mancato, la colpa viene attribuita ai ritardi ereditati, oltre che all’inflazione e ad altre cause che vengono citate per giustificare la necessità di rinegoziare i 27 obiettivi. Nel tentativo di preservare l’intera rata, si è avanzata la richiesta di validare la riadattamento dei sette obiettivi incompiuti all’Europa. Questo è stato discusso ieri a Bruxelles dal ministro per il PNRR, Raffaele Fitto, e dal commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, a margine del Consiglio europeo.

Le scadenze non rispettate

Tra le scadenze non rispettate sono presenti alcune delle misure più riconosciute del PNRR. Innanzitutto, gli appalti per la realizzazione di 6.500 stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Inoltre, i contratti per la costruzione di asili nido, un progetto del valore di 4,6 miliardi di euro, finalizzato a creare 264.000 nuovi posti negli asili entro dicembre 2025. Tuttavia, attualmente quasi un contratto su cinque non è stato ancora stipulato, principalmente a causa dei ritardi nei Comuni.

Vi è anche l’assegnazione di borse di studio per i medici di base, di cui non si hanno più notizie da quando i fondi sono stati trasferiti alle Regioni nell’ottobre 2022. I lavori di ristrutturazione degli edifici per renderli antisismici e più efficienti dal punto di vista energetico sono un’altra area in cui il Ministero dell’Ambiente non ha fornito informazioni.

Il rinnovo del sistema di trasporto regionale con treni più ecologici, le stazioni di rifornimento di idrogeno (dove non sono stati assegnati abbastanza appalti), l’entrata in vigore delle riforme del processo civile e penale, per le quali sarà necessario ancora qualche settimana. Inoltre, mancano anche gli studi di Cinecittà: secondo il progetto iniziale, si sarebbe dovuto firmare i contratti per la realizzazione di 17 nuovi teatri, ma finora ne sono stati realizzati solo nove.

Il tentativo di rimodulazione dei fondi PNRR

Fino ad ora, il governo Meloni ha dichiarato che non ci saranno grandi problemi per quanto riguarda la quarta rata del PNRR. Nel frattempo, continua a rimandare il dibattito sul Mes per evitare tensioni interne, mentre in Europa affronta il dibattito sul Patto per le migrazioni e altre questioni. Il PNRR rappresenta il principale pericolo per la credibilità internazionale dell’esecutivo. Attualmente, il piano rimane lo stesso e piuttosto vago: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza verrà “rimodulato” attraverso nuovi negoziati con la Commissione Europea, al fine di modificare gli obiettivi irraggiungibili e trasferirne altri su fondi europei diversi, con scadenze più distanti nel tempo.