Ue propone la laurea europea: la differenza tra il mutuo riconoscimento e il titolo federale

Proposta interessante dell'Ue, con la Commissione Europea uscente che lascia al nuovo esecutivo il progetto per il titolo federale entro il 2025

Pubblicato: 28 Marzo 2024 17:37

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Una laurea europea e non un titolo che viene ottenuto in un Paese e riconosciuto poi negli altri dell’Unione Europea. È questa la proposta presentata in Commissione Europea, che nella fase finale del suo mandato ha deciso di accelerare il passo per il titolo federale. L’idea di una laurea riconosciuta universalmente in tutto il Continente, senza dover passare per il mutuo riconoscimento, è infatti un passaggio fondamentale per rendere maggiormente integrata l’Europa e consentire, a sempre più giovani, la mobilità all’interno del Vecchio Continente. Ma come funziona e dove potrà essere ottenuta?

La proposta della laurea europea

L’iter per arrivare al riconoscimento di una laurea continentale è solo all’inizio e sarà di certo lungo e ricco di ostacoli da superare, ma in Commissione Europea c’è fiducia. La palla passerà di certo al nuovo esecutivo che si formerà dopo il voto del 9 giugno, ma le basi sono state gettate e il cammino ben delineato.

L’idea, infatti, è quella di poter permettere agli studenti di conseguire un titolo riconosciuto in tutta l’Unione Europea e che potrà essere ottenuto dividendo, magari, gli studi tra un Paese e l’altro. A chi ricorda che esiste già l’Erasmus, però, l’Ue ricorda la “doppia laurea”, ovvero il riconoscimento tra atenei gemelli che è invece lontana dalla proposta della laurea europea.

Per dare compiutezza al progetto, si parla di un bollino europeo, da assegnare a programmi di laurea congiunti che rispondono ai criteri indicati dalla Commissione, o una vera e propria laurea europea inserita nelle legislazioni nazionali, consegnata da università di Paesi diversi o da un’entità europea creata dal sistema universitario.

Nel 2025, anno in cui l’Ue spera si possa partire, la Commissione europea creerà una struttura ad hoc, lo “European Degree Policy Lab”, sostenuto dal programma Erasmus+, per lavorare con gli Stati membri e gli atenei. L’obiettivo è quello di rendere gli studenti, futuri lavoratori, più appetibili sull’intero mercato occupazionale europeo, ma anche e soprattutto permettere una mobilità all’interno dei confini dell’Ue degli studenti che possono iniziare un ciclo accademico in un Paese e concluderlo in un altro.

Dall’Erasmus alla laurea europea

Il padre del progetto, neanche a dirlo, è l’Erasmus. Progetto nato nel 1987, è quel percorso all’interno degli studi di un universitario che porta lo studente a trasferirsi presso atenei compatibili di altri Paesi per dare esami calibrati sui crediti offerti in loco e quindi da riconvertire al rientro nella propria accademia.

Il passo successivo è stato quello dei consorzi universitari, vere e proprie reti di atenei che dal 2019 ottengono borse di studio Ue per proseguire nella collaborazione comune. I consorzi, infatti, offrono agli universitari la possibilità di completare il proprio percorso di studi scegliendo tra i programmi offerti da ciascuno degli atenei coinvolti, con i programmi di studio che sono in lingua inglese. Ma gli studenti sono anche incoraggiati ad apprendere la lingua del Paese ospitante. Una volta terminati gli studi, lo studente riceve un diploma europeo, valido ovunque nell’Unione.

Erasmus e consorzi, quindi rappresentano le fondamenta dell’iniziativa presentata a Bruxelles. La palla passerà quindi anche per i piedi degli atenei europei, che dovranno accordarsi sui programmi e creare corsi comuni.

Quel che è certo, in prima battuta, è che non tutti gli indirizzi di studi universitari presenti in Italia potranno rientrare nella laurea europea. Potranno farne parte di certo lauree “comuni” come Medicina o Fisica, mentre è quasii impossibile per Giurisprudenza, visti i differenti diritti nei singoli Paesi.