Col proseguire del conflitto in Ucraina, oltre alle indicibili tragedie umane non sembra accennare a una svolta neanche la “guerra del gas” che l’Occidente ha ingaggiato con la Russia. L’Europa dà però un chiaro segnale a Mosca con il netto aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto da altri Paesi. Anche l’Italia non sta a guardare e porta a casa accordi con nazioni africane per garantirsi miliardi di metri cubi di Gnl e gas nei prossimi anni.
Le importazioni di Gnl in Europa: da dove e quanto ne arriva
Nel periodo che va da gennaio ad aprile 2022, le importazioni di Gnl in Europa sono aumentate del 28% rispetto al 2021. Secondo i dati della piattaforma European Gas Hub, lo scorso mese i tre principali importatori di gas naturale liquefatto – Francia, Spagna e Gran Bretagna – hanno ricevuto 6,8 milioni di tonnellate.
Sul fronte dei fornitori, è cresciuta dal 28% al 49% la quota di Gnl in arrivo dagli Stati Uniti, mentre è scesa dal 17% al 13% quella russa e dal 20% al 10% quella del Qatar. L’offerta americana ha avuto effetti anche su quella africana: è apparso in calo dal 12% al 9% il Gnl proveniente dalla Nigeria e dal 14% al 7% quello dell’Algeria. È invece cresciuto dall’8% all’11% l’apporto garantito dagli altri Paesi.
Import record, ma non riusciremo a importare più gas?
Se da un lato l’arrivo di Gnl in Europa fa ben sperare in ottica di “rottura” della dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia, dall’altro il dato record di import ad aprile evidenzia i limiti di stoccaggio del Vecchio Continente. A fine mese l’Ue ha infatti superato le 10 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto importato, per la prima volta nella sua storia. Una quantità al contempo insufficiente a coprire le esigenze dei singoli Paesi e non incrementabile.
Il limite alle importazioni di Gnl è dovuto soprattutto alle strutture di ripartizione e stoccaggio. Molti rigassificatori stanno infatti lavorando al massimo della capacità, mentre quelli sottoutilizzati rischiano di non poter accelerare perché scarsamente collegati alla rete dei gasdotti che alimentano i singoli Stati . In merito al nostro paese, intanto, ci si chiede se l’Italia è autonoma per quanto concerne il gas e se potrebbe smarcarsi definitamente dalla Russia.
Il piano dell’Italia: da dove arriverà il gas?
Ciononostante, l’Italia ha ampliato la sua rete di partner energetici per sganciarsi dalla Russia. Come ha riferito il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nelle ultime settimane “abbiamo diversificato in modo sostanziale le forniture di gas e Gnl su 7 Paesi della regione africana, prevalentemente. Tra il 2024 e il 2025 avremo 13 miliardi di metri cubi nuovi di gas naturale liquefatto e circa 12 miliardi di gas in conduttura con nuove forniture”. Per sostituire i 29 miliardi di metri cubi di gas della fornitura russa “sarà necessario avere un piano di risparmio molto articolato”.
Nei giorni scorsi, il ministro aveva proiettato l’Italia verso una completa indipendenza dalle forniture russe a partire dall’inverno 2024. Un’ambizione confermata anche dopo l’incontro a Palazzo Chigi tra il premier Mario Draghi e l’amministratore delegato del gruppo Eni, Claudio Descalzi. Per il prossimo inverno (2023) il Governo conta di sostituire almeno l’80% dei 29 miliardi di gas garantiti all’anno dal colosso di Stato controllato dal Cremlino. Quest’ultimo, ricordiamo, è Gazprom che ha tagliato il gas in Europa facendo affari d’oro in Asia. Il restante 20%, invece, verrà aggiunto nei 12 mesi successivi.
Su questo fronte, c’è il piano di Eni per sostituire il gas russo con forniture provenienti da paesi africani. Nel dettaglio:
- 9 miliardi di metri cubi in più dall’Algeria;
- 7-8 miliardi di metri cubi aggiuntivi da Congo, Angola e Mozambico;
- almeno 3 miliardi di metri cubi dall’Egitto;
- altre forniture aggiuntive arriveranno da Azerbaijan e Qatar.