Forum Ambrosetti, Donald Trump e troppe norme: i timori degli imprenditori

Uno sguardo a quelle che sono le previsioni per l'economia del prossimo futuro: ansia per le elezioni di novembre negli Stati Uniti

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Al via a Cernobbio la 35esima edizione del Forum Ambrosetti. Un appuntamento fisso per la sfera economica italiana, della durata di due giorni. Nel 2024 l’appuntamento è stato fissato per venerdì 5 e sabato 6 aprile. L’obiettivo del workshop di quest’anno, organizzato da The European House – Ambrosetti, è quello di garantire uno spazio per approfondire tematiche di vario genere, dallo sviluppo tecnologico e il suo impatto alle più stringenti questioni sociali.

A preoccupare maggiormente, però, è la situazione geopolitica, che ha sempre più un impatto diretto e immediato sul fronte economico, con implicazioni tanto per i Paesi quanto per le singole imprese. Tra gli ospiti Klaas Knot, presidente della Banca Centrale dei Paesi Bassi, Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’Economia, e Sergio Ermotti, ceo di Ubs.

Mercato Unico europeo e intelligenza artificiale

Guardando al passato, durante il Forum Ambrosetti si è tentato di tirare le somme in merito al Mercato Unico europeo. A distanza di 30 anni dalla sua creazione, si evidenzia ancora uno scollamento con le Pmi.

Alla base delle problematiche ci sono principalmente due temi cardine: costi di compliance e complicazioni amministrative. Non si garantisce, di fatto, un’uniformità di sviluppo, con velocità che mutano a seconda dello specifico settore di riferimento.

In questo particolare scenario internazionale, a soffrire particolarmente sono i seguenti ambiti: finanza, trasporti ed energia. Il respiro europeo non si intravede su larga scala, mirando a un approccio locale. Il filo rosso è rappresentato soprattutto da una sovrabbondanza di normative, che tendono a bloccare le Pmi. Si genera così una generale difficoltà nell’attuazione e, di conseguenza, una condizione di semi-stallo.

Un’analisi che non caratterizza affatto il mondo dello sviluppo tecnologico. Gli anni Duemila continuano a garantire un progresso quasi costante. Come non parlare, dunque, di intelligenza artificiale, tra speranze e timori.

Anche in questo caso, però, le regolamentazioni sono additate come principale ostacolo da superare. L’Europa rischia di restare indietro, si spiega, considerando l’autolimitazione imposta dall’AI Act.

Si stanno aprendo nuovi orizzonti dinanzi a noi e gli imprenditori ritengono che, così facendo, sfumino le uniche chance per restare competitivi dinanzi a colossi come Stati Uniti e Cina. Stando all’Eprs, ovvero European Parliamentary Research Service, le politiche dell’Ue per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale possono sbloccare un valore aggiunto di più di 200 miliardi annui. L’Europa deve mirare a configurarsi come un hub globale per l’IA, abbracciando lo sviluppo oggi per evitare d’essere un fanalino di coda domani.

Geopolitica

Come detto, la situazione internazionale genera un’enorme apprensione. Lo sguardo per le imprese è oggi però rivolto soprattutto alle elezioni di novembre negli Stati Uniti. Cosa accadrebbe in Europa con un secondo mandato di Donald Trump?

A Cernobbio gli imprenditori hanno sottolineato tutti i propri timori in merito. L’ex presidente preoccupa ancor più delle guerre in atto e del cambiamento climatico. A fronte di un atteggiamento generalmente positivo, con 7 imprenditori su 10 che al Forum Ambrosetti si sono detti fiduciosi in un incremento del proprio fatturato superiore al 10%, si erge la negatività dettata dal fronte americano.

Quasi la metà dei manager che hanno preso parte al workshop hanno preventivano un impatto negativo sul proprio settore, dovesse essere rieletto Donald Trump. Nel mirino le sue politiche commerciali ed economiche, tendenti al protezionismo. Indicativo il panel tenuto dall’economista Nouriel Roubini: “Se Trump dovesse vincere, imponendo i dazi che ha già annunciato, gli Stati Uniti vedranno aumentare l’inflazione. Si ridurrà la crescita e i mercati reagiranno in maniera negativa. Tutto ciò porterà a una risposta di Cina ed Europa, il che alimenterà nuove politiche protezionistiche da parte di altri Paesi”.

Una reazione a catena che non lascia reali alternative, attualmente. Sono due i motivi per i quali non si può giocare d’anticipo: nessuno può prevedere l’esito delle elezioni statunitensi con certezza e, al tempo stesso, non si può dare per scontato che Trump segua la politica commerciale paventata. Ad ogni modo, che si allontani poco o tanto dalla visione indicata in campagna elettorale, farsi eleggere promettendo dazi del 10% per ogni importazione e del 50-60% per la sola Cina, non promette nulla di buono per l’equilibrio internazionale dei mercati.