Approvato il decreto Aiuti quater, il governo Meloni continua a lavorare per dare forma e sostanza alla sua prima Legge di Bilancio. I tempi sono stretti: la manovra finanziaria, pari a circa 30 miliardi di euro, dovrà essere approvata entro fine anno. Il quadro sembra comunque già delineato. Due terzi delle risorse dovrebbero essere indirizzati ai provvedimenti contro il caro bollette, mentre la parte restante dovrebbe essere destinata a misure come flat tax e taglio del cuneo fiscale. Vediamo in che modo tutto ciò potrà influire su tassazione e stipendi.
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Le ipotesi sulla flat tax
La flat tax rimane uno dei punti cardine della manovra. L’esecutivo sta valutando di introdurre l’aliquota al 15% anche per autonomi e partite Iva con reddito maggiore all’attuale soglia di 65mila euro. Il nuovo tetto entro cui dovrebbe essere applicata la tassa unica dovrebbe attestarsi a 85mila euro.
C’è poi allo studio anche la previsione di un regime sostitutivo opzionale. Si tratta della cosiddetta flat tax incrementale, che implicherebbe una tassazione del 15% alla quota dell’incremento di reddito da lavoro rispetto al maggiore fra i redditi dei tre anni d’imposta precedenti.
Alla categoria di riferimento rientrerebbero le partite Iva che non sono in regime forfettario e che dunque non hanno la tassa piatta. Per loro, se quest’anno si registra un reddito maggiore rispetto a quello dichiarato tra il 2019 e il 2021, la parte relativa all’incremento viene tassata al 15% invece che con l’aliquota marginale Irpef, la quale varia a seconda del reddito del lavoratore al 23%, 25%, 35% o 43%.
Facendo un esempio pratico, con la flat tax incrementale un titolare di partita Iva in regime ordinario che nel 2022 dichiara 32mila euro e ha registrato redditi per 27mila euro nel 2021, 31mila nel 2020 e 26mila nel 2019 dovrà prendere come riferimento il 2020. L’extra guadagno, pari a 1000 euro, verrebbe tassato al 15%: dunque 150 euro contro i 350 di oggi previsti dall’Irpef. La riforma sarebbe per questo motivo particolarmente costosa.
Fringe benefit, sale la soglia dei compensi esentasse
Il governo Meloni ha deciso di elevare la soglia dei fringe benefit aziendali, ossia quei premi intesi come compensi aggiuntivi al reddito dei lavoratori con esenzione fiscale e contributiva. Dai 600 euro stabiliti dall’esecutivo presieduto da Mario Draghi si passerà a 3mila euro, trasformando di fatto la misura in una sorta di “tredicesima esentasse”, come l’ha definita la premier Giorgia Meloni.
I cosiddetti benefici accessori che non concorrono alla formazione del reddito, erogati sotto forma di beni e servizi, hanno sempre compreso a discrezione delle aziende auto, buoni pasto, telefonino, alloggio, polizza assicurativa e così via. Ma per il 2022, con il fine di contrastare il caro bollette, rientreranno tra i fringe benefit anche le utenze domestiche di acqua, gas e luce, che verranno rimborsate in busta paga.
Il bonus 3mila euro, così è stato ribattezzato l’innalzamento della soglia dei fringe benefit, riguarda potenzialmente tutti i lavoratori dipendenti del settore privato a prescindere dal loro reddito, mentre sono esclusi quelli delle pubbliche amministrazioni.
Come indicato dall’Agenzia delle Entrate, i rimborsi delle bollette devono riguardare “immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese”.
Sono rimborsabili ovviamente anche le spese per le utenze condominiali, ma per queste occorre l’autocertificazione del loro avvenuto pagamento. Stesso discorso in caso di affitto se le bollette sono intestate al proprietario e nel contratto risulta che il locatario deve pagarle. Una volta accertata la spesa, l’azienda potrà provvedere al rimborso.
Il taglio del cuneo fiscale
Occhi puntati anche sul cuneo fiscale. La forbice tra stipendio lordo e netto nella busta paga dei lavoratori sarà ridotta attraverso un intervento progressivo, come specificato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Sottolineando che il taglio interesserà “per due terzi il lavoratore e per un terzo l’azienda”, ha spiegato che “non si può fare tutto e subito”.
Per questa ragione l’obiettivo dei 5 punti in meno posto dall’esecutivo, e annunciato dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel discorso sulla fiducia alla Camera, sarà raggiunto in modo graduale. Nella Legge di Bilancio, a meno di stravolgimenti dell’ultim’ora, verrà confermato quindi il taglio del 2% previsto dal governo Draghi. Da qui si partirà per poi arrivare al 5%. L’obiettivo è permettere ai lavoratori di recuperare parte del potere d’acquisto andato perso a causa dell’inflazione.
Verso una pace fiscale: l’ipotesi sulle cartelle esattoriali
Nel pacchetto economico dell’esecutivo rientreranno tra le altre cose anche interventi di tregua fiscale o, come da tempo li definisce il vicepremier Matteo Salvini, di pace fiscale. La volontà è quella di rottamare alcune cartelle esattoriali.
L’ipotesi sul tavolo sarebbe quella di cestinare tutti gli atti di riscossione fino a 1000 euro. Per quelli compresi tra i 1000 e i 3000 euro si starebbe invece pensando di ridurre l’imposta evasa del 50%. I provvedimenti interesserebbero le cartelle fino al 2015.
Secondo quanto specificato dal viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo il meccanismo di tregua fiscale verrebbe attivato “non perché vogliamo fare condoni, sconti, ma perché gli oneri di riscossione sono elevati”. La rottamazione delle cartelle sarebbe quindi da intendere non come un “regalo” per gli evasori, “ma come un ragionamento di risparmio per lo Stato”.