Expo 2030 a Riad, Roma sconfitta perde 50,6 miliardi di euro

La città saudita ha ottenuto oltre due terzi di preferenze al primo turno, sufficienti a evitare il ballottaggio. Per Roma, le perdite economiche sono ingenti

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Riad, in Arabia Saudita, sarà la sede dell’Expo 2030, mentre la candidatura di Roma si è conclusa con soli 17 voti, venendo superata anche da Busan, in Corea del Sud, che ha ottenuto 29 voti. Riad ha ottenuto una schiacciante vittoria con 119 preferenze.

L’Esposizione Universale del 2030 sarà ospitata a Riad, segnando un momento storico in quanto la prima città araba ad accogliere questo prestigioso evento. La notizia ha scatenato un’esplosione di gioia all’interno della delegazione saudita. L’esposizione avrà come tema “L’era del cambiamento: insieme per un futuro chiaro” e si svolgerà dal 1 ottobre 2030 al 31 marzo 2031.

I delegati dei Paesi membri del Bureau international des expositions (Bie) hanno conferito alla città saudita una schiacciante vittoria con ben 119 preferenze, ben oltre due terzi di preferenze già al primo turno, evitando così la necessità di un ballottaggio. Nel frattempo, Roma, che aveva mirato al ballottaggio, si è trovata delusa ottenendo soltanto 17 voti e classificandosi al terzo posto.

Le parole di Gualtieri

È stata una brutta sconfitta, Riad ha dilagato oltre ogni previsione e in qualche modo ha espresso una forza che avevamo visto durante questa campagna elettorale, anche economica, che ha reso questo Expo molto particolare. Siamo amareggiati, naturalmente, il nostro progetto era molto bello ma i rapporti di forza anche economici che qui sono stati espressi, come avevamo anche un po’ segnalato, denunciato, hanno portato a un voto nettissimo, a una vittoria schiacciante di Riad. Questo è un tema, naturalmente: tanti eventi internazionali stanno andando a colpi di risorse nel Golfo, noi avevamo segnalato questo problema, pero’ oggi però è avvenuto e dobbiamo accettare sportivamente la sconfitta”. Così il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha commentato a caldo con i cronisti l’esito della votazione al termine della riunione dei delegati del Bie a Issy-Les-Molineaux che ha assegnato a Riad l’organizzazione di Expo 2030.

Nonostante la delusione per la mancata assegnazione di Expo 2030 a Roma, il sindaco Roberto Gualtieri sottolinea la persistente importanza del progetto di riqualificazione di un quartiere della città, definendolo “bellissimo”. Gualtieri afferma che, nonostante la sconfitta, sarà cruciale portare avanti questa iniziativa in forme diverse. Egli evidenzia l’eredità di un lavoro significativo nella rigenerazione urbana di un settore di Roma, sottolineando che il progetto rappresenta un patrimonio da preservare.

Dal punto di vista della qualità della candidatura – aggiunge – Roma si è battuta benissimo ma qui purtroppo non si vince col premio della critica ma degli ambasciatori dei votanti, ma la qualità del progetto è un’eredità che cercheremo di portare avanti e aver messo i migliori architetti e urbanisti del mondo a misurarsi con quella sfida ci lascia delle idee preziose”, ha concluso.

Candidatura bocciata, quanto ha perso economicamente Roma

Roma aveva atteso l’arrivo dell’Esposizione Universale sin dagli anni Trenta del Novecento, quando l’intero quartiere dell’Eur fu progettato per ospitare l’Expo del 1942, che purtroppo non si realizzò a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La posta in gioco era altissima, innanzitutto dal punto di vista economico.

Il dossier di candidatura, un robusto documento di 618 pagine redatto da un team di esperti internazionali, tra cui Carlo Ratti, Italo Rota, Richard Burdett e Ian Philion, con la collaborazione delle Università romane e guidato dall’architetto Matteo Gatto, delineava un impatto economico stimato di 50,6 miliardi di euro per l’Italia. Questo includeva un effetto economico indiretto di 18,2 miliardi a breve termine e un effetto economico diretto di 10 miliardi, derivante dagli investimenti pubblici e privati dei partecipanti.

Le proiezioni prevedevano la presenza di 30 milioni di visitatori, e come riportato dal Sole 24 Ore, si stimava la creazione di 11 mila nuove aziende e la generazione di 300 mila posti di lavoro. L’impatto economico, insieme alle opportunità di sviluppo industriale e occupazionale, costituiva una motivazione di peso per la candidatura di Roma all’Expo 2030.

I progetti saltati: tra la riqualificazione di Tor Vergata al corridoio verde

Sul fronte infrastrutturale, il progetto romano intitolato “Persone e Territori: Rigenerazione, Inclusione e Innovazione” mirava a una trasformazione completa dell’area del quadrante Est della città. Questa zona ospita attualmente lo scheletro delle Vele di Calatrava, un’imponente struttura incompiuta progettata dall’archistar per i Mondiali di nuoto del 2009. Mentre una parte di questa area è già destinataria di fondi per il Giubileo 2025, l’inclusione di Roma nell’Expo 2030 avrebbe significato una reale rinascita, poiché il masterplan prevedeva la creazione dell’Expo Village proprio in questo luogo, che avrebbe costituito il cuore pulsante del sito espositivo.

Il sito espositivo era concepito con una suddivisione in tre aree distintive: la Città, il Boulevard e il Parco, delineando una graduale transizione da Ovest a Est tra il mondo artificiale e quello naturale. Il progetto prevedeva una serie di nuove connessioni di trasporto e mobilità tra l’Esposizione e Tor Vergata, incluso un lungo corridoio verde che avrebbe collegato l’evento agli adiacenti siti archeologici della via Appia, nonché agli altri edifici e monumenti storici della Capitale.

Dopo la conclusione dell’Esposizione Universale, l’Expo Village avrebbe trovato una nuova vita come un’estensione del campus dell’Università di Tor Vergata. Il Boulevard, identificato come l’asse pedonale centrale, avrebbe costituito un percorso attraverso tutti i padiglioni nazionali, offrendo un’esperienza fluida e coinvolgente per i visitatori. Infine, la sezione del Parco a Est sarebbe stata caratterizzata da una vegetazione rigogliosa e arricchita da padiglioni tematici, tra cui spiccava “Pale Blue Dot”, dedicato alla diffusione della conoscenza del mondo naturale.

Addio anche al parco solare urbano

Il cuore verde di Expo avrebbe potuto essere il parco solare urbano più grande al mondo aperto al pubblico, con una estensione di 150.000 metri quadrati e una capacità produttiva di picco di 36 Mega Watt. Questo eccezionale parco avrebbe ospitato centinaia di “alberi energetici” unici, caratterizzati dalla capacità di aprire e chiudere i loro pannelli durante il giorno. Questo movimento non solo avrebbe consentito la raccolta di energia solare, ma avrebbe anche offerto ombra ai visitatori. Inoltre, avrebbe donato all’intera infrastruttura di Expo un aspetto pittoresco a mosaico.

La rete energetica del parco sarebbe stata integrata dal padiglione “Eco-system 0.0”, l’edificio più alto dell’Expo. Questa struttura avrebbe utilizzato un sistema di raffreddamento basato sull’evaporazione, contribuendo a rendere sostenibile e innovativa l’intera esposizione. Insieme, il parco solare e il padiglione avrebbero rappresentato un modello esemplare di sostenibilità e tecnologia all’avanguardia.