Case green, nuovi criteri: ecco gli immobili esonerati

L'Ue concede una maggiore flessibilità, visti i costi e le difficoltà notevoli per la riqualificazione energetica degli immobili. Gli Stati membri potranno chiedere più tempo per centrare i target, ma motivando il "ritardo"

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’iter di approvazione della direttiva europea sulle cosiddette “case green” ha tenuto banco nel dibattito politico nel corso delle ultime settimane (qui abbiamo spiegato perché l’Italia vuole bloccarla).

Il piano europeo sull’efficientamento energetico delle abitazioni (dalle caldaie agli infissi, ne abbiamo parlato qui) ha fatto parlare molto di sé sia a causa dell’enorme incognita legata ai costi d’intervento sul patrimonio immobiliare italiano (ecco quanto costeranno), ma anche perché c’è il rischio concreto che gli edifici “poco green” vedano diminuire sensibilmente il loro valore. In “soccorso” arrivano però criteri più flessibili.

Criteri più flessibili per le case green

Stando ai dati Enea negli anni dal 2016 al 2021, circa tre quarti degli immobili residenziali del nostro Paese appartengono alle tre classi energetiche più basse. Impensabile, più che impossibile, anche solo ipotizzare una riqualificazione totale ed efficace. Da Bruxelles arrivano però novità incoraggianti sull’allentamento della “stretta”. A far ben sperare è l’ultima versione del documento sulla riforma della direttiva sulla performance energetica degli edifici (Epbd), perfezionato dal Parlamento europeo e che sarà votato dalla Commissione Industria e Energia (Itre) dell’Eurocamera il 9 febbraio.

Ma in cosa si traduce, in sostanza, questa maggiore flessibilità? In parole povere, nella possibilità per agli Stati membri di “ottenere dilazioni o modifiche giustificate” al raggiungimento degli obiettivi di efficientemente energetico, a patto però che siano legate a “ragioni di fattibilità economica, tecnica o per la mancanza di forza lavoro qualificata sufficiente”. Se dunque il miglioramento di classe energetica risulti infattibile per motivi oggettivi e comprovati, lo Stato potrà ottenere dall’Ue il permesso di fermarsi “al livello che sarà tecnicamente possibile raggiungere”. Anche nel caso in cui non si raggiunga l’obiettivo fissato dalla direttiva (anche la Bce dice no: cosa può cambiare).

I target e le deroghe per le case green

Gli obiettivi fissati dall’ultima bozza del test restano praticamente invariati rispetto alle versioni precedenti. Resta dunque il raggiungimento, nella scala A1-G, della classe energetica E entro il 2030 e della D al 2033. La crescente pressione dei partiti ha però indotto Bruxelles a ritoccare il capitolo sulle deroghe, fissando all’articolo 9 della direttiva condizioni più flessibili applicabili almeno fino al 2037 e che potrà coprire fino al 22% dell’edilizia residenziale.

Gli immobili esclusi dalla stretta: le deroghe

Fermo restando che, in attesa dell’approvazione definitiva del testo, tutto potrebbe ancora cambiare, alcune tipologie di immobili potranno essere esentate dalla stretta imposta dall’Unione europea sui livelli minimi di prestazione energetica.

Tra le strutture possibili esenti ed escluse specificate nella versione attuale documento troviamo:

  • edifici storici o dal particolare valore architettonico;
  • immobili collocati in aree vincolate o protette;
  • unità residenziali utilizzate per meno di quattro mesi all’anno o con un consumo energetico previsto inferiore al 25% del consumo (dunque le seconde case, che in Italia sono circa 5,5 milioni).

All’elenco si potrebbero aggiungere anche altre categorie, come i luoghi di culto e le strutture considerate temporanee, come ad esempio uffici di cantiere e stabilimenti balneari.