Case green, tutti contro la direttiva Ue: perché l’Italia vuole bloccarla

La nuova normativa viaggia verso il primo voto, previsto per il 9 febbraio. Nel frattempo la maggioranza si fa portavoce dei timori di privati e imprese e parla di una "patrimoniale camuffata"

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Uno dei temi caldi del 2023 italiano ed europeo è senza dubbio la normativa relativa alle cosiddette “case green”, ovvero la direttiva Ue sull’efficientamento energetico delle abitazioni (dalle caldaie agli infissi, ne abbiamo parlato qui). La presidenza di turno svedese dell’Unione si è impegnata ad approvare il provvedimento entro sei mesi.

La direttiva di Bruxelles sembra però proprio non piacere all’Italia, che ha manifestato tutta l’intenzione di bloccarla. La posta in gioco è alta: il testo potrebbe configurare l’obbligo di ristrutturare due immobili su tre entro il 2030, gettando in un’incertezza ancora maggiore il mercato immobiliare (nel 2022 i prezzi delle case sono aumentati: i valori nella tua città).

Cosa prevede la direttiva Ue

Partendo dal pacchetto Fit for 55, la normativa Ue prevede che gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere entro il 1° gennaio 2030 almeno la classe energetica E ed entro il 1° gennaio 2033 almeno la classe D. Sarebbero previste delle eccezioni, a partire da quella per gli immobili di interesse storico. Tutto però è ancora aperto: il primo voto sulla direttiva è atteso in Commissione Industria dell’Europarlamento il 9 febbraio, posticipato dalla data inizialmente prevista del 24 gennaio per consentire lo smaltimento degli oltre 1.500 emendamenti presentati.

L’obiettivo di Bruxelles è quello di traghettare l’Europa verso politiche più green per case e residenze. I target da raggiungere secondo la Commissione europea sono sostanzialmente due:

  • tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere realizzati ad emissioni zero entro il 2030;
  • gli edifici già esistenti dovranno essere convertiti e diventare ad emissioni zero entro la deadline del 2050.

Il provvedimento presentato dal relatore Ciaran Cuffe (Verdi europei) prevede anche maggiori tutele sociali per i proprietari, con il ricorso al Fondo sociale per il clima e dei finanziamenti del Recovery Fund. L’eurodeputato irlandese vorrebbe inoltre inserire nella direttiva anche altri obiettivi abbastanza ambiziosi relativi alle pompe di calore e incoraggiare gli Stati membri a promuovere “ristrutturazioni di comunità” a livello di quartiere.

La posizione dell’Italia

Come accennato, il Governo Meloni appare a dir poco scettico sulla direttiva europea. Il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, ha annunciato una risoluzione in Parlamento per chiedere a Palazzo Chigi di scongiurare l’approvazione di quella che definisce “una patrimoniale camuffata”. La maggioranza sembra aver fatto suoi i timori dei proprietari immobiliari. “La casa è sacra e non si tocca”, ha affermato Foti.

Confedilizia, da parte sua, lancia l’allarme per quanto riguarda il mercato delle ristrutturazioni, configurando “una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie”. Sulla stessa linea si è mossa anche l’Ance, Federica Brancaccio, chiedendo alle istituzioni “un sistema strutturato di incentivi statali mirati e stabili”.

Secondo i dati dell’Associazione dei costruttori, oltre 9 milioni di edifici su 12,2 milioni diventerebbero “fuori legge” con la nuova normativa Ue. C’è da sottolineare che il 74% degli immobili italiani è stato realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. Un parco case in generale “vecchio” ed “energivoro” (case di lusso, assalto all’Italia: dove comprano i turisti stranieri).

Le incognite sui costi

La direttiva Ue potrebbe far scoppiare un’autentica bomba sul mercato, portando a costi insostenibili per proprietari, imprese e Stato. Senza un deciso intervento del Fisco, i privati non potranno infatti affrontare i costi degli interventi necessari per portare almeno alla classe energetica D i loro immobili.