Dal 4 gennaio i consumatori non troveranno più bottiglie e lattine di Pepsi, 7Up e tè freddo Lipton nei punti vendita Carrefour in Francia. Il motivo non è alimentare o sanitario, ma economico: queste bevande sono infatti diventate troppo care da acquistare per i supermercati.
Al posto dei prodotti della galassia PepsiCo, sugli scaffali francesi sono comparsi cartelli che spiegano il perché della decisione: la protesta contro un “inaccettabile” aumento dei prezzi da parte dei produttori (qui abbiamo parlato di tutti i rincari del 2024, dai voli alla benzina). Decisione che, qualche ora dopo l’annuncio per il solo territorio d’oltralpe, si è scoperta valida anche per gli store Carrefour presenti in Italia, Spagna e Belgio.
Perché Carrefour ha deciso di non vendere più Pepsi e 7Up
“Non venderemo più questi marchi a causa dei rincari inaccettabili”, ha affermato il portavoce del colosso francese. La motivazione economica si accompagna anche a un’altra motivazione, per così dire, “etica”. Lo stop alla vendita al dettaglio dei prodotti Pepsi è soltanto l’ultimo capitolo di un dibattito ben più ampio e allargato tra le catene della grande distribuzione e i produttori di beni di largo consumo. Da tempo infatti questi ultimi sono finiti nel mirino di critiche e proteste per aver aumentato i prezzi dei prodotti e di conseguenza i propri profitti, senza preoccuparsi degli effetti sul bilancio dei supermercati e sul portafogli dei consumatori. Mettendo per giunta in cattiva luce le stesse catene di vendita al dettaglio, additate come prime responsabili dell’aumento dei prezzi allo scaffale e invece “vittime” di un gioco al rialzo piovuto dall’alto.
Il sistema della grande distribuzione in Francia è fortemente regolato dal Governo e le singole società devono contrattare (solitamente a marzo) un singolo prezzo che rimane in vigore tutto l’anno. Una mossa di protesta simile a quella di Carrefour si è registrata in Germania, dove i giganti della grande distribuzione Edeka e Rewe hanno deciso di bloccare momentaneamente i contratti di fornitura con Mars, Kellogg’s, PepsiCo e Coca-Cola Company. Le motivazioni sono esattamente le stesse del caso Carrefour. Tornando in Francia, invece, un’altra catena di supermercati, la E.Leclerc, ha affermato che i prezzi ai quali gli store acquistano prodotti per poi rivenderli erano saliti in media fra il +6% e il +10%.
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Quali prodotti sono coinvolti e di quanto è aumentato il loro prezzo
Oltre alle bevande gassate e zuccherate del mondo Pepsi, con la cola in tutte le sue versioni (Max, Twist, eccetera), non si troveranno più nei banchi del Carrefour anche gli altri prodotti legati al marchio. Parliamo di Gatorade, 7Up e delle patatine Lay’s e Doritos, nonché dei fiocchi d’avena Quaker.
Nel corso del 2023 PepsiCo ha proposto continui aumenti di prezzo dei propri prodotti, arrivando a toccare un +11% in estate e accettando un calo dei volumi di vendita del 2,5%. L’inflazione è stata addotta come principale motivazione che avrebbe spinto la multinazionale statunitense a proseguire nei rincari anche nel 2024, seppur in misura minore. Il divario tra produttori e acquirenti aveva però raggiunto livelli imbarazzanti: nel primo semestre del 2023 il margine di redditività di Carrefour è rimasto stabile a 1,9 miliardi di euro, mentre le previsioni di utile di PepsiCo ha triplicato il suo valore entro la fine dell’anno.
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E l’Italia?
Come per gli store francesi, anche in quelli italiani si potranno acquistare i prodotti del marchio Pepsi già presenti sugli scaffali. Nessun ritiro, dunque, ma solo blocco di nuove ordinazioni. Mentre però Carrefour ha comunicato la data di inizio dello stop ai prodotti della multinazionale americana per i punti vendita francesi, per quanto riguarda quelli del nostro Paese bisognerà attendere una comunicazione ufficiale. Carrefour possiede 12.225 store in più di 30 Paesi, che al momento non risultano coinvolti all’infuori delle quattro nazioni citate.