Cibo contraffatto in aumento: come riconoscere il falso Made in Italy

Il falso “Made in Italy”, ovvero il cibo italiano contraffatto, è tra i più diffusi al mondo: ecco come riconoscerlo

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Il cibo italiano contraffatto, è tra i più diffusi al mondo: lo conferma l’ultimo allarme lanciato da Coldiretti in occasione della presentazione del Rapporto Ismea – Qualivita 2023 sui prodotti Dop/Igp, secondo cui ammonta ad oltre 120 miliardi il valore del falso “Made in Italy” agroalimentare nel mondo.

È un problema questo di non poco conto, soprattutto se si considera che il sistema italiano di qualità “Food and wine” conta su 841 specialità tutelate che sviluppano un valore alla produzione di 20,2 miliardi, con un aumento del 6,4% su base annua. L’imitazione di qualsiasi cibo o prodotto che sfrutta la reputazione della tradizione italiana sottraendo mercato al vero “prodotto in Italia”, di fatto si traduce in una perdita di risorse e opportunità di lavoro per il nostro Paese, tale da mettere a rischio la tenuta e il futuro della cd. Dop Economy.

Ma allora, come fare a riconoscere i falsi?

Quali sono i prodotti più “tarocchati”

“Nel mondo – spiega la Coldiretti – ci sono ben sei imitazioni per ogni prodotto a denominazione originale Made in Italy”. Il cosiddetto “Italian sounding” riguarda tutti i continenti e colpisce in misura diversa tutti i prodotti. Si tratta cioè di quel fenomeno che sfrutta un marketing fatto di parole e immagini, accostamenti di colori e riferimenti evocativi dell’Italia per promuovere e commercializzare prodotti agroalimentari che nulla hanno a che fare con la tradizione agroalimentare italiana.

“In testa alla classifica dei prodotti più taroccati” secondo la Coldiretti “ci sono i formaggi partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tuti i continenti. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti”.

A questi “orrori a tavola” si aggiungono anche i vini, dal Chianti al Prosecco, aggiunge la Coldiretti: “Non è solo la Dop al primo posto per valore alla produzione, ma anche la più imitata”. Ne sono un esempio il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova mentre in Brasile nella zona del Rio Grande.

I principali taroccatori delle specialità tricolori sono i paesi ricchi, dagli Stati Uniti alla Russia, passando per Australia e Germania. Tuttavia, il falso Made in Italy non è diffuso solo all’estero, ma colpisce anche l’Italia.

Come riconoscere il falso Made in Italy

Riuscire a riconoscere il falso Made in Italy non richiede grandi competenze sulla questione, ma solo un occhio attento. Seppur il mercato sia sempre più affollato di aziende che producono o acquistano materia prima all’estero e poi la etichettano come prodotto italiano, basta davvero poco per riconoscere ciò che è palesemente contraffatto o imitato.

Ecco, nello specifico, cosa valutare prima dell’acquisto:

  • origine del prodotto: la storia del marchio e dell’azienda sono importanti, prima di tutto per capire se la produzione avviene in Italia oppure se si tratta di una realtà nata all’estero (o lì produce) che sfrutta simboli e immagini tipiche della tradizione italiana;
  • il prezzo: sebbene non esista un costo standard che possa essere associato al Made in Italy ci sono aziende che vendono a prezzi più alti perché impiegano effettivamente materiali migliori e processi produttivi più costosi. Se in generale il prezzo medio di mercato è molto più alto di quello di acquisto, allora probabilmente c’è qualcosa su cui il produttore ha deciso di risparmiare, qualche costo insomma che ha deciso di tagliare (per esempio spostando la produzione all’estero, acquistando materie prime in altri Paesi o semplicemente rinunciando alla qualità dell’origine controllata per ridurre il prezzo di listino rispetto alla concorrenza). In ogni caso, a meno che non si tratti di un’offerta speciale e limitata, può essere un primo campanello d’allarme;
  • il marchio DOP e IGP: i veri prodotti Made in Italy sono soggetti a una serie specifica di parametri che se rispettati possono contare sull’assegnazione del marchio “DOP”, che si traduce in “designazione di origine protetta”. Si tratta cioè di una tutela giuridica della denominazione, che viene attribuita dall’Unione europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. Lo stesso vale per la certificazione IGP (che sta per “Indicazione Geografica Protetta”) e identifica un prodotto originario di un luogo, di una regione o di un paese alla cui origine geografica sono attribuibili una data qualità, reputazione o caratteristica peculiare.