Sì agli e-fuel, no ai biocarburanti. In estrema sintesi si può descrivere così la decisione della Commissione Ue nell’ambito della strategia green che porterà allo stop alle auto inquinanti nel 2035 (ne avevamo parlato qui). Sul fronte delle auto inquinanti Bruxelles tira dunque dritto, ma “scontenta” l’Italia, che sui biofuel punta parecchio e che chiede un rinvio del voto.
Dall’Esecutivo comunitario fanno sapere che il regolamento sullo stop ai motori benzina e diesel “non sarà riaperto” e, dopo l’intesa annunciata sabato tra Unione europea e Germania sull’uso futuro degli e-fuel, ottiene il via libera degli ambasciatori degli Stati membri (qui abbiamo parlato della posizione dell’Italia sulle auto elettriche).
Cosa ha deciso l’Ue
La presidenza svedese di turno dell’Ue annuncia che “il Coreper I ha approvato che l’accordo sugli standard di CO2 per le auto sarà nell’agenda del Consiglio Affari Energia del 28 marzo per l’adozione finale”. Il Parlamento europeo ha già ratificato l’accordo a febbraio: dopo il via libera definitivo dei ministri Ue, il testo dovrebbe quindi essere pubblicato in Gazzetta ufficiale.
La Commissione europea si impegna così a “dare seguito alle misure giuridiche necessarie” per attuare il “Considerando 11” del Regolamento Ue 2019/631. In virtù dell’accordo con il governo tedesco per sbloccare il provvedimento, la Commissione presenta una dichiarazione scritta sui prossimi passi per l’attuazione di una proposta legislativa sull’immatricolazione, dopo il 2035, di veicoli che funzionano esclusivamente con carburanti a emissioni “neutre” (ovvero a zero emissioni nette). Eventuali “cambiamenti” futuri sono appannaggio dell’esecutivo europeo.
Cosa chiede l’Italia
L’Italia vuole che il voto per l’approvazione del Regolamento, che fissa l’obiettivo zero emissioni di CO2 al 2035 per auto e furgoni, sia tolta dai “punti A” (senza discussione) previsti nell’agenda del Consiglio Energia dell’Ue del 28 marzo. Tradotto: il Governo Meloni ha chiesto il rinvio della votazione durante la riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue.
L’interpretazione comunemente accettata del “Considerando 11” è che il testo si riferisca ai cosiddetti e-fuels (carburanti sintetici derivati da idrogeno verde con l’aggiunta di CO2), le cui emissioni sono compensate dalla CO2 assorbita durante il ciclo di produzione. L’Italia, invece, chiede che sia possibile usare dopo il 2035 anche i biocarburanti, che in generale non sono considerati neutri, perché in questo caso l’assorbimento di anidride carbonica durante il ciclo di produzione non sarebbe sufficiente a compensare le emissioni durante l’uso nei motori.
Secondo fonti europee, la richiesta dell’Italia si basa sul fatto che “l’attesa dichiarazione della Commissione (sebbene non alteri formalmente il testo normativo del nuovo Regolamento) cambia sostanzialmente le condizioni per la sua interpretazione e attuazione“. Qualunque sia il contenuto della dichiarazione, puntualizzano le fonti, “l’Italia ritiene che gli Stati membri debbano avere, in ogni caso, il tempo di riflettere su di essa”. In effetti “le regole procedurali del Consiglio Ue prevedono un termine di 14 giorni per l’inserimento di un nuovo punto senza discussione nell’agenda del Consiglio”.
Cosa cambia con le nuove regole e quando
Il regolamento Ue prevede che, a partire dal 1° gennaio 2035, tutte le nuove auto sul mercato dovranno essere a emissioni zero e non potranno rilasciare CO2 nell’aria. Tradotto: potranno essere immatricolati soltanto veicoli elettrici o alimentati con carburanti sintetici. Precisazione importante: le nuove norme riguardano i nuovi veicoli, non quelli già in circolazione, che si potranno continuare a guidare (quanto si risparmia con l’auto elettrica?).
Nonostante le restrizioni, per come è scritto il regolamento (al momento) sarà ancora possibile acquistare e vendere automobili d’occasione a benzina o diesel e rifornirle di carburante. Il costo totale di proprietà (carburante, manutenzione, acquisto e assicurazione) potrebbe però schizzare alle stelle. È prevista inoltre una deroga per i costruttori che hanno volumi di produzione limitati (tra mille e 10mila auto o tra mille e 22mila furgoni l’anno). I produttori di auto di lusso, dalla Ferrari alla Lamborghini, avranno un anno di tempo in più per adeguarsi alle nuove regole.
Cosa sono gli e-fuel
Gli electrofuel o e-fuel sono combustibili sintetici prodotti dalla combinazione di idrogeno e CO2. A un patto: che siano sostenibili, a emissioni zero lungo l’intero processo. L’idrogeno deve essere ottenuto per elettrolisi dall’acqua, da compiere quindi tramite energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Successivamente l’idrogeno viene combinato con l’anidride carbonica in un catalizzatore ad alta pressione. Da questa sintesi si ottiene l’e-fuel, ovvero metanolo sintetico da trasformare con ulteriori processi di raffinazione in e-benzina, e-diesel ed e-gas.
L’idea che sta alla base della neutralità carbonica degli e-fuel riguarda, come accennato, la sostenibilità dell’intero processo produttivo: si utilizza anidride carbonica presente nell’atmosfera e, quando il motore alimentato con carburante sintetico è in funzione, emette la stessa quantità di CO2 legata alla produzione dell’e-fuel stesso. Questo quantitativo, dal punto di vista della neutralità climatica, viene però compensato da quello che deve essere catturato e usato per la loro produzione. Diversi studi evidenziano poi che gli e-fuel permettono di tagliare le emissioni di particolato atmosferico.
In Europa è proprio la Germania il Paese che ha investito di più nei carburanti sintetici, contando sul coinvolgimento di grandi aziende come Bosch, ZF e Mahle. La Porsche è invece impegnata nella realizzazione del primo impianto commerciale al mondo, aperto in Cile nel 2021, mentre BMW ha investito 12,5 milioni di dollari nella startup di e-fuel Prometheus Fuels.
I “problemi” dei carburanti sintetici
Uno dei principali ostacoli legati ai carburanti sintetici riguarda il costo (circa 10 euro al litro). Non solo economico, ma anche (in parte) ambientale. Se da un lato la produzione di e-fuel è costosa e limitata, dall’altra minaccia di impattare in maniera negativa sul fabbisogno idrico. Per ottenere un litro di e-fuel sono necessari circa due litri di acqua.
Il costo finale dei carburanti sintetici può essere tuttavia ridotto tramite la miscelazione con combustibili tradizionali (coi quali condivide le modalità di stoccaggio). Bisogna precisare, infine, che anche il consumo di e-fuel emette CO2, seppur in misura nettamente inferiore rispetto ai suoi “cugini” fossili.
Non è però tutto green quel che luccica. In Italia la “transizione dei carburanti” potrebbe travolgere il settore automotive, che rappresenta il 13% del Pil nazionale. Secondo una ricerca di Uilm-Està, il passaggio ai motori elettrici metterebbe a rischio “fino a 120mila lavoratori”. Se un autoveicolo tradizionale con motore endotermico conta infatti 7mila componenti, uno elettrico ne comprende un massimo di 4mila.
Secondo Acea, inoltre, appare quasi impossibile “sviluppare in così pochi anni soluzioni tecnologiche in grado di dimezzare le emissioni di CO2 degli autocarri“. Al punto che per raggiungere il nuovo target al 2030 sarebbero necessari in territorio europeo almeno 50mila punti di ricarica pubblici per gli autocarri, di cui 35mila ad elevate performance e almeno 700 stazioni di rifornimento di idrogeno.
La differenza coi biocarburanti
Va da sé che gli e-fuel si differenzino del tutto dai biocarburanti. Questi ultimi non sono infatti sintetici, ma vengono prodotti a partire dalle biomasse, cioè da scarti di materia organica. Durante il processo di produzione si utilizzano scarti dell’industria agroalimentare, rifiuti organici urbani, residui verdi di attività agricole e forestali, della legna da ardere e affini. I biocarburanti vengono realizzati a partire da mais, soia, colza, girasole, oli vegetali di origine industriale, scarti della lavorazione del legno o concimi di origine animale. Il biocarburante più utilizzato in Italia è il biodiesel.
Dal punto di vista tecnico, i biocarburanti vengono definiti “carbon neutral” nonostante comportino l’emissione di CO2. Quest’ultima deriva dalla combustione di materiale a base biologica diverso dai combustibili fossili ed è già presente nella biomassa di partenza, a sua volta presa dall’atmosfera e immessa nella materia organica dalle piante attraverso la fotosintesi.