Allarme vino: a rischio il re dell’export che dà lavoro a 1,3 mln di italiani

Non solo acqua gasata, pane, olio d’oliva, riso, miele e altri prodotti del Made in Italy. A rischio ora c’è anche il vino. I numeri del settore in crisi

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Non solo acqua gasata, pane, olio d’oliva, riso, miele e altri prodotti del Made in Italy. A rischio ora, nei supermercati italiani e nei negozi specializzati, c’è anche il vino. Il problema è lo stesso per tutti: il caro energia che ha innescato una impennata nei costi di produzione senza precedenti, e che rischia di trasformarsi in una bomba sociale ed economica. A differenza di altri prodotti del Made in Italy, qui la questione non è tanto una riduzione della produzione, quanto un aumento impattante dei prezzi.

Quanto vale la produzione di vino in Italia

Le previsioni di vendemmia di Ismea, Assoenologi e Unione Italiana Vini restano infatti sostanzialmente invariate rispetto alle attese, attestandosi attorno ai 50,2 milioni di ettolitri conteggiati da Agea sulla base delle dichiarazioni di produzione del 2021, la stessa quantità dello scorso anno (50,23 milioni di ettolitri di vino il dato Agea 2021) e un +3% rispetto alla media del quinquennio 2017-2021.

L’annata è stata piuttosto soddisfacente per quantità e addirittura “sorprendente” per qualità, nonostante la siccità – la più grave degli ultimi 500 anni, destinata a diventare forse la norma dal 2035, e il caldo record. “La vendemmia in corso ci sta consegnando una qualità delle uve che va da buona a ottima – ha dichiarato Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi -. Molto dipende dalle aree di riferimento, mai come in questa stagione il giudizio quanti-qualitativo è totalmente a macchia di leopardo” per via di un clima estremo che ha pesantemente condizionato, in particolare, i mesi di maggio, giugno e soprattutto luglio, con punte di calore che hanno superato i 40 gradi e una siccità tanto prolungata.

A garantire la tenuta del vino, oltre alle piogge di agosto, è stato anche il lavoro di studio e ricerca di enologi e produttori su una vite sempre più resiliente alle avversità climatiche e metereologiche.

Il nostro Paese ha così conquistato il primo posto per produzione mondiale, lasciando dietro di sé, al secondo posto, la Francia, che rispetto allo scorso anno vede aumentare la produzione del 16% sfiorando i 44 milioni di ettolitri, e in terza posizione la Spagna, che è fra i Paesi che hanno subito di più i danni causati dalla siccità con la produzione di vino crollata a 35-37 milioni di ettolitri.

Quella del vino è la prima voce dell’export agroalimentare nazionale, che quest’anno potrebbe raggiungere gli 8 miliardi. E che regala un patrimonio unico di biodiversità, grazie alle 607 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola.

I costi del vino: aumenti record

Tuttavia, come ha sottolineato il presidente dell’Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi, “il tanto declamato record produttivo non è una condizione sufficiente per generare ricchezza”. Le rese valoriali del vigneto Italia – secondo un’analisi realizzata dall’Osservatorio Uiv – registrano performance nettamente inferiori rispetto a quelle francesi, che segna una redditività tripla per ogni ettaro coltivato (16,6mila euro vs 6 mila) e per ogni ettolitro prodotto (294 vs 82 euro).

I problemi più gravi del settore sono legati però ai costi, diventati anche qui insostenibili. Si parla di +35% in media a causa delle tensioni su energia e materie prime generate dalla guerra in Ucraina, con aumenti unilaterali da parte dei fornitori di imballaggi.

Ma vediamo il dettaglio dell’aumento dei costi secondo l’analisi di Coldiretti:

  • +170% i concimi
  • +129% il gasolio
  • +50% le bottiglie di vetro
  • +20% i tappi di sughero e +40% quelli di altri materiali
  • +20% le gabbiette per i tappi degli spumanti
  • +35% le etichette
  • 45% i cartoni di imballaggio
  • +25% il trasporto su gomma
  • dal 400% al 1000% i container e i noli marittimi

Problemi anche per l’acquisto di macchinari, soprattutto quelli in acciaio, prevalenti nelle cantine, per i quali è diventato impossibile persino avere dei preventivi. Il tutto succede mentre c’è allarme per l’acqua gassata che è quasi introvabile e il prezzo del pane è da record.

Cosa rischia il settore

Secondo una ricerca di Coldiretti, per ogni grappolo di uva raccolta si attivano ben 18 settori di lavoro, dall’industria di trasformazione al commercio, dal vetro per bicchieri e bottiglie alla lavorazione del sughero per tappi, trasporti, accessori, enoturismo, cosmetica, bioenergie e molto altro.

In numeri, significa che a rischio c’è una intera filiera che dà lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio, spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Vero è che la commercializzazione sta andando abbastanza bene. L’indice Ismea, infatti, segna un +12% del settore vino nel suo complesso in confronto alla campagna precedente. Si registra un +19% per i bianchi, mentre per i rossi l’incremento si è fermato al 9%.

A confermare il buono stato di salute del mercato, nonostante le problematiche dei costi, c’è anche il dato relativo ai prezzi alla produzione dei vini Doc-Docg che, nella campagna appena terminata, hanno visto i prezzi medi crescere del +17%, con i bianchi che hanno sfiorato il +20% mentre i rossi si sono fermati sulla soglia del 16%.

Le Regioni che fanno meglio

Oltre ai rincari collegati all’energia, c’è comunque da considerare anche il cruciale fattore meteo. L’andamento climatico delle prossime settimane sarà decisivo: se le condizioni climatiche permetteranno una maturazione ottimale delle uve, la previsione potrebbe virare verso un segno positivo. Viceversa, ci si potrebbe orientare verso una flessione qualora il clima non dovesse essere favorevole soprattutto con le uve più tardive.

Proprio questa particolarità della stagione non permette di formulare previsioni omogenee neanche nello stesso areale, spiegano Assoenologi, Unione Italiana Vini e Ismea nella loro Relazione vendemmiale 2022.

Nel Nord Ovest si assiste a un’importante flessione della Lombardia, seguita da quella più moderata del Piemonte e della Liguria, mentre si stima in crescita soltanto la Valle d’Aosta.

Il Nord-Est sembra in moderato recupero rispetto allo scorso anno, sia in Trentino Alto Adige che in Emilia Romagna, mentre perdite di lieve entità potrebbero esserci in Veneto. In Friuli Venezia Giulia ci si attendono volumi analoghi allo scorso anno.

Più omogenea la situazione al Centro, dove si assiste al deciso recupero produttivo di Umbria e Toscana, seguito da un più moderato aumento di disponibilità di prodotto nelle Marche e nel Lazio. Per l’Abruzzo si prevede una produzione stabile.

Al Sud il lieve aumento produttivo della Puglia si contrappone alla leggera flessione della Sicilia, stabili invece Molise e Calabria. In crescita invece Basilicata e Sardegna.