Tim, sequestro annullato: 249 milioni per i servizi telefonici a pagamento

Sospiro di sollievo per Tim, che ufficialmente fa un altro passo per allontanarsi dalla vicenda della truffa dei servizi a pagamento. Un bene anche per il titolo in Borsa

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Lo scorso febbraio Tim ha subito un sequestro di ben 249 milioni di euro. L’operazione della Guardia di Finanza è stata avviata nell’ambito di un’inchiesta per truffa nei servizi extra a pagamento. Un’azione preventiva che ora viene annullata, di fatto. Il Tribunale di Milano ha deciso di restituire la cifra, sottratta nonostante la società non risultasse nell’elenco degli indagati.

Tim recupera i milioni sequestrati

La vicenda è esplosa in merito a fatti risalenti a prima del 2019. Sono state condotte indagini approfondite su una presunta truffa connessa a servizi di “valore aggiunto”. Nel dettaglio sarebbero stati sottratti dei soldi agli utenti per servizi mai richiesti, dal meteo alle suonerie, fino a giochi di vario genere.

Il giudice per le indagini preliminari aveva deciso di attuare un congelamento preventivo, per una somma complessiva di 322 milioni. La maggior parte, ovvero 249 milioni, sottratta alla sola Tim. La compagnia aveva subito impugnato la misura e la sentenza del 24 aprile scorso ha accolto il ricorso. L’ordinanza del Gip è stata quindi annullata.

Cifra da restituire e motivazione che sarà depositata entro 30 giorni. L’attenzione così si sposta da Tim, per tornare su altre cinque società che avrebbero venduto cosiddetti “servizi vas”. Tali compagnie, con sede a Roma, Torino, Milano e Madrid, avrebbero beneficiato di somme ingenti, ottenute grazie a “servizi premium”, mai richieste dagli utenti, ignari dell’accaduto o soddisfatti della semplice cancellazione (accettando di fatto la perdita della somma già trasferita).

Il caso della truffa

Sui dispositivi degli abbonati alla compagnia telefonica sono apparsi, nel periodo preso in esame dalla Procura di Milano, dei “servizi a costo aggiuntivo”. Qualcosa di cui i consumatori non erano a conoscenza, non avendo agito in maniera consapevole nel processo d’attivazione.

Il tutto a fronte di un addebito in bolletta o sul conto telefonico. In che modo però Tim rientra in tutto questo? I servizi venivano commercializzati da aziende di contenuti, mentre l’operatore telefonico attivava il tutto, comportando un sovrapprezzo sulle schede sim dei propri utenti.

In via preventiva, il sequestro ha gettato di fatto ombre su Tim, pur senza procedere all’iscrizione nell’elenco degli indagati. Qualcosa che ha avuto un netto impatto anche in Borsa, comprensibilmente.

L’annullamento del provvedimento è dunque di notevole importanza, non soltanto per la restituzione della somma in sé. La presunta truffa riguarderebbe il periodo 2017-2020, con migliaia di utenti coinvolti, caduti nella trappola di banner pubblicitari e non solo. In alcuni casi, infatti, l’aggancio al servizio a pagamento avveniva in automatico durante la navigazione.

Tim e Vivendi

Un periodo complesso per Tim, i cui rapporti con Vivendi sono estremamente tesi a causa della vendita della rete a Kkr. Il Ceo Arnaud de Puyfontaine ha annunciato in assemblea di voler chiudere la partecipazione entro i prossimi 12 mesi.

Ecco le sue parole: “Telecom Italia ha preso la decisione di vendere la rete dell’azienda per ridurre il debito. Una scelta che noi, come azionisti di riferimento della società, contestiamo nel merito delle condizioni economiche, per nulla nell’interesse degli azionisti”. Vivendi non ha mai ritenuto congruo l’accordo, che valuta l’intera infrastruttura fino a 22 miliardi di euro.