I prezzi dei carrelli della spesa continuano a restare alle stelle. E su alcuni prodotti di largo consumo si fanno sentire in particolare gli effetti della guerra tra Russia e Ucraina. I due Paesi coinvolti sono fondamentali nell’esportazione di materie prime come grano e olio di semi di girasole: per questo i costi di beni alimentari primari come pane fresco, pasta e l’olio stesso hanno subìto una clamorosa impennata. Tuttavia i prezzi finali al dettaglio possono variare a seconda della città: vediamo dove i tre prodotti sono più cari.
Pane, pasta e olio: dove costano di più
Una ricerca di Assoutenti ha permesso di confrontare i listini di pane fresco, olio di semi di girasole e pasta di grano duro nelle principali province italiane. Secondo il presidente Furio Truzzi ci sono pochi dubbi sul fatto che il conflitto abbia “modificato profondamente i prezzi di molti prodotti venduti nel nostro Paese”. I rialzi delle materie prime, ha aggiunto, si sono trasferiti “in modo diretto” in negozi e supermercati.
Il pane fresco
Per il pane fresco in Italia si parte ormai da poco meno di 3 euro al chilo per arrivare a più di 6 euro. Le città più care sono:
- Bolzano: 6,21 euro
- Venezia: 5,91 euro
- Ferrara: 5,89 euro
- Treviso: 5,08 euro
- Bologna: 4,96 euro
L’olio di semi di girasole
Il costo dell’olio di semi di girasole nei supermercati italiani si aggira sui 3 euro, con oscillazioni di diversi centesimi a seconda della zona. Le città più care sono:
- Siracusa: 3,80 euro
- Genova: 3,54 euro
- Sassari: 3,44 euro
- Firenze: 3,43 euro
- Cagliari e Siena: 3,33 euro
La pasta di grano duro
La pasta di grano duro può essere acquistata nel Paese a poco più di 1,60 euro al chilo, fino a toccare circa 2,30 euro. Le città più care sono:
- Cagliari: 2,32 euro
- Ancona: 2,23 euro
- Udine: 2,23 euro
- Ravenna: 2,20 euro
- Bologna: 2,18 euro
- Genova: 2,16 euro
Le città più care per le bollette di luce e gas, invece, sono Alessandria, Vercelli e Biella.
Il problema della speculazione
Secondo il presidente di Assoutenti Furio Truzzi ha incidere sulle tasche degli italiani non è però soltanto l’aumento naturale dei costi: ci sono anche “evidenti fenomeni di speculazione, considerato che la pasta viene realizzata con il grano duro, materia prima che l’Italia non importa dai due Paesi in guerra”.
“I consumatori italiani – ha fatto notare – hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saliti difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra”.
Inflazione in calo solo una “illusione ottica”
L’apparente frenata dell’inflazione che si è registrata nelle ultime settimane (a gennaio è scesa al 10%) non si è tradotta nella diminuzione del costo della vita perché il risultato positivo ha interessato prevalentemente i beni energetici (-12%).
Sul carrello della spesa la dinamica dei prezzi dei beni alimentari, ma anche di quelli per la cura della casa e della persona, si attesta a +12%, rispetto al +12,6% del mese scorso. Un dato che resta ancora alto, facendo restare in allerta imprese e consumatori.
Come ha sottolineato anche il Codacons, segnalando che per quanto riguarda i prezzi al dettaglio “l’Italia è messa male”, il ribasso registrato a gennaio è una “mera illusione ottica” dovuta esclusivamente al calo dei prezzi dei beni energetici.