Proteste dei benzinai contro la riforma della rete dei carburanti: slitta l’approvazione

I benzinai protestano contro la riforma rete carburanti e minacciano serrate: slitta l’approvazione. Contrarie anche le forze d'opposizione al governo.

Foto di Riccardo Castrichini

Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Slitta, dopo le proteste accese dei benzinai, l’approvazione della riforma rete carburanti con cui il governo mira all’ammodernamento dei distributori italiani. Secondo le organizzazioni di categoria Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio sono infatti necessari maggiori approfondimenti nei confronti di quella che non hanno mancato a definire “la più incauta e peggior riforma da quando in questo Paese sono cominciati i rifornimento ai veicoli”. Il testo del disegno di legge, lo si ricorda, è arrivato in questi giorni all’esame del Consiglio dei ministri dopo oltre un anno di confronto tra il Mimit e gli operatori del settore.

Le proteste dei benzinai contro la riforma rete carburanti

Nel caso di approvazione dell’attuale riforma della rete carburanti i benzinai hanno minacciato la serrata di tutti gli impianti e manifestazioni di piazza in quanto, come dicono le sopracitate sigle sindacali, andrebbe a distruggere i distributori “per premiare le compagnie petrolifere” con una precarizzazione dei contratti tra queste e i gestori: avrebbero durata di 5 anni, ma potrebbero essere disdetti con 90 giorni di preavviso.

“Si distrugge l’ultimo anello della catena (i Gestori) per premiare le compagnie petrolifere che nel corso degli ultimi 3/5 anni hanno chiuso bilanci con utili mostruosi”, si legge nello specifico nel testo della nota diffusa da Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio.

Le proteste dei benzinai non trovano tuttavia terreno fertile nel parere di Unem, Associazione delle aziende del settore petrolifero, che giudica la riforma in discussione “un passo importante per la razionalizzazione della rete”, così come in quello di Assoutenti. Più neutro, invece, il giudizio di Unc che si limita a chiedere se con le modifiche non si corra il rischio concreto di ridurre la concorrenza.

Cosa prevede la riforma della rete carburanti

La riforma della rete carburanti ha, come detto, il principale obiettivo di riqualificare i punti vendita italiani andando a regolare i rapporti che intercorrono tra gli stessi e le grandi compagnie petrolifere internazionale. Si mira, inoltre, alla ricoversione degli impianti verso la mobilità green, con incentivi statali per i distributori fino a 60mila euro a copertura del 50 per cento delle spese per le colonnine di ricarica. Significativa è anche la dotazione per la trasformazione della rete carburanti verso la mobilità elettrica, con l’ammontare complessivo che nel triennio 2025, 2026, 2027 è fissato a 47 milioni di euro all’anno.

Quanto detto finora riguarda i vecchi impianti, mentre per quelli nuovi, a partire da gennaio 2025 sarà necessario predisporre la distribuzione di “almeno un altro vettore energetico alternativo ai combustibili fossili”, come ad esempio i biocombustibili o le colonnine elettriche. Se così non fosse, il governo italiano non rilascerà le autorizzazioni necessarie a svolgere l’attività.

I no dell’opposizione alla riforma

Oltre che alle proteste dei benzinai, il governo di Giorgia Meloni deve anche far conto con il parere contrario alla riforma delle principali forze di opposizione in Parlamento. Sia il Pd che il M5s hanno definito un totale disastro l’intervento pensato per la rete carburanti, con il deputato dem Vinicio Peluffo che ha detto che il testo del ddl “sembra costruito apposta contro gli operatori e i consumatori arrivando alla follia dell’eliminazione della differenza tra il prezzo del carburante servito e quello self”.