Cos’è e come funziona il Private Equity

Cosa significa private equity, le sue caratteristiche, il suo funzionamento e i suoi pro e contro

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Alessandro Speziali

Esperto di Economia

Dopo la laurea triennale in Economia e Gestione Aziendale, durante gli studi magistrali vola all'Università della California dove ha modo di studiare la finanza da un punto di vista internazionale.

Sono ormai tante, anzi tantissime, le forme di investimento esistenti ai giorni nostri. Non solo tradizionali. Tra quelle alternative e di maggiore interesse economico, abbiamo pure il cosiddetto private equity, di cui si sente parlare sempre di più negli ultimi anni. Servendosi di tale termine si indica una sfera o categoria di investimenti finanziari mediante la quale una entità, generalmente un investitore istituzionale, va a finanziare con l’apporto di capitali una società target acquistando delle azioni, oppure sottoscrivendo azioni di nuova emissione apportando nuovi capitali all’interno dell’obiettivo.

Si tratta insomma di finanziamenti che per stessa natura non creano del debito, in quanto le azioni di per sé non creano debito. Non solo, in questo tipo di fondi di investimento il capitale è destinato ad aziende non quotate in una borsa pubblica e i soggetti privati hanno somme da investire in progetti caratterizzati da un livello di rischio più o meno elevato. Trattandosi di un metodo relativamente “giovane”, in questa guida scopriremo insieme la sua definizione, il suo significato e come funziona, senza dimenticare di analizzarne i vantaggi e gli inevitabili svantaggi dal punto di vista squisitamente economico.

Private equity: cos’è e storia

Il Private Equity è una forma di investimento in cui i capitali vengono raccolti da investitori istituzionali o privati qualificati (essendo un investimento ad alto rischio, richiede adeguate competenze) al fine di acquisire partecipazioni nel capitale di società generalmente non quotate in borsa, definite società “target”.

La selezione delle società target è fatta sulla base di un processo di analisi volto ad identificarne le potenzialità di crescita di valore. Il ruolo dei fondi di Private Equity è quello di generare tale valore aiutando, ad esempio, a:

  • reperire, ed eventualmente fornire, il capitale necessario per finanziare la crescita;
  • identificare e supportare l’espansione in nuove geografie e/o prodotti e/o servizi, anche tramite ulteriori acquisizioni di altre società similari che possano assieme generare delle sinergie;
  • favorire una riorganizzazione aziendale.

Una delle caratteristiche distintive dei fondi di Private Equity è il fatto che operano con una prospettiva a medio-lungo termine, ossia il tempo necessario per attuare quelle misure generatrici di valore. La durata totale di un fondo di Private Equity è solitamente di 10 anni e prevede un primo periodo di 5 anni, il cosiddetto Periodo di Investimento, quando si acquisiscono le società, e un secondo periodo di 5 anni in cui le società acquisite vengono dismesse una volta che il potenziale di crescita sia stato raggiunto, il cosiddetto Periodo di Disinvestimento.

A differenza dei fondi di Venture Capital, che investono in imprese start-up o ad alto potenziale di crescita, i fondi di Private Equity investono in società con business consolidati e un solido track record e la creazione di valore avviene in media in un periodo di 3-5 anni. Durante questo periodo, i fondi di Private Equity lavorano a stretto contatto con il management delle società partecipate per implementare le strategie di crescita identificate nel cosiddetto Piano Industriale (Business Plan) in cui sono proiettati miglioramenti di efficienza operativa, aumento del fatturato e gli investimenti necessari per raggiungere tali obiettivi.

Infatti, uno dei vantaggi principali che i fondi di Private Equity offrono alle piccole e medie imprese è l’accesso a capitali esterni. Gli investimenti possono essere finanziati tramite canale bancario – laddove da sola la società avrebbe avuto difficoltà ad accedere – tramite capitali del Private Equity stesso, o un combinato di questi, a seconda del profilo di rischio a cui essi sono destinati.

Se è vero che il private equity è arrivato sotto le luci della ribalta solo negli ultimi 30 anni, già nel secolo scorso ci sono stati tentativi in tale direzione. Con diverse tattiche utilizzate nel settore affinate proprio in quel periodo. Pensiamo ad esempio al celebre caso del magnate bancario J.P. Morgan, che nel 1901 ha condotto la prima acquisizione con leva finanziaria della Carnegie Steel Corporation, allora tra i maggiori produttori di acciaio del Paese, per 480 milioni di dollari. Decise di fonderla con altre grandi aziende siderurgiche di quei tempi, dando vita alla United States Steel: la più grande azienda del mondo, con una capitalizzazione di mercato di ben 1,4 miliardi di dollari.

Il Glass Steagall Act del 1933 pose però fine a queste sontuose acquisizioni, e solo negli anni ’70, periodo d’oro in cui il venture capital ha puntato forte sulla rivoluzione tecnologica negli Stati Uniti, ha iniziato a dire la sua nell’ecosistema finanziario. In quell’epoca i giganti della tecnologia come Intel e Apple hanno acquisito i capitali necessari per espandere la propria attività proprio dal venture capital destinato all’emergente Silicon Valley.

Gli anni ’80 hanno di conseguenza visto un incremento deciso della popolarità del private equity, utilizzato soprattutto da aziende in difficoltà per racimolare fondi. Il vero e proprio boom è scoppiato però appena prima della crisi finanziaria del 2009, andando a coincidere con un aumento esponenziale dei livelli di indebitamento. Secondo una pubblicazione di Harvard, tra il 2006 e il 2008, i gruppi di private equity hanno raccolto 2 trilioni di dollari e ogni dollaro è stato indebitato da oltre due dollari di indebitamento. Lo studio ha comunque evidenziato che le società sostenute da private equity hanno ottenuto risultati migliori rispetto a quelle impegnate nel mercato pubblico.

Private equity: come funziona

Adesso che sappiamo il private equity cos’è e qual è il suo significato, è opportuno concentrarci sul suo funzionamento. Prima di tutto, i fondi di private equity sono caratterizzati da operazioni di investimento in cui i soggetti privati valutano le opportunità presenti sul mercato e vanno ad acquistare le quote societarie in un lasso di tempo fissato a cinque anni. Nella fase successiva, definita di disinvestimento, e che dura cinque anni, vengono analizzate e valorizzate tutte le aziende presenti in portafoglio, e si procede con la loro liquidazione.

I gestori del fondo generalmente individuano le opportunità aziendali da finanziare tramite i capitali ricevuti da parte di investitori istituzionali o meno. Investitori tra cui possono figurare ricchi magnati, gruppi bancari, fondi pensione e compagnie di assicurazioni, che si assumono il rischio dell’operazione, naturalmente in proporzione al capitale investito. L’interesse è dunque quello di entrare nel capitale dell’azienda target per aumentarne di conseguenza il valore e ottenere guadagno in conto capitale al momento del disinvestimento.

Ad oggi esistono diversi tipi di finanziamento di private equity. Nei fondi avvoltoio il denaro viene investito in società in difficoltà che mostrano unità o attività aziendali con prestazioni al di sotto della media. Il fine è quello di cambiarli intervenendo con modifiche nella loro gestione operativa, oppure di smantellarli per guadagnarle dalla vendita di macchinari fisici, beni immobili, o proprietà intellettuali. La forma più popolare di finanziamento di private equity è il cosiddetto Leveraged Buyouts, che prevede l’acquisizione completa di una società allo scopo di migliorarne la salute finanziaria e commerciale, per poi rivenderla ad un’altra parte interessata a fini di lucro.

All’atto pratico, una società di PE identifica un potenziale target e crea uno special purpose vehicle, vale a dire una società di progetto nota come società di veicolo per finanziare l’acquisizione, utilizzando per altro una combinazione di debito e capitale proprio. Abbiamo poi la Real Estate Private Equity, focalizzata sugli immobili commerciali e i fondi di investimento immobiliare.

Un’altra tipologia è data dal fondo dei fondi, detto anche multi-manager investment. Questo tipo di investimento si concentra principalmente su fondi speculativi e sui fondi comuni di investimento, e permette anche ai piccoli investitori di fare forza comune e finanziarie fondi non alla propria portata nel caso di attività individuali, massimizzando così il rendimento. A seguire, è impossibile non parlare del finanziamento di venture capital, in cui gli investitori, noti anche come angels, forniscono del capitale agli imprenditori. A seconda della fase in cui viene fornito, il venture capital può assumere diverse forme, dalla crescita aziendale al lancio di un prodotto innovativo sul mercato.

Private equity: vantaggi e svantaggi

Il private equity, viste le sue caratteristiche, mette sul piatto diversi vantaggi per aziende e startup. Le società lo vedono di buon occhio soprattutto perché permette loro di accedere a liquidità quasi immediata senza passare per i meccanismi finanziari tradizionali. Si evitano così gli alti tassi di interesse tipici dei prestiti bancari o tutti i rischi e le obbligazioni legate alla quotazione in borsa sui mercati pubblici. Non solo, alcune forme di private equity, come ad esempio il già citato venture capital, sono particolarmente adatte per tutte quelle imprese che si trovano in fase iniziale, o che vogliono lanciare un nuovo prodotto o un’idea innovativa. In casi che vedono protagoniste società non quotate, poi, un finanziamento alternativo di questo tipo può aiutarle a crescere adottando strategie di certo poco ortodosse, o comunque lontane dall’attenzione tipica dei mercati pubblici.

Trattandosi di una forma di finanziamento così borderline e con le sue peculiari regole, il private equity presenta inevitabilmente delle sfide e delle limitazioni. Che possiamo definire decisamente uniche. Tra gli svantaggi più evidenti, vi è senza dubbio la difficoltà nel liquidare le partecipazioni in aziende di tipo PE: a differenza di quanto avviene nei mercati borsistici e in quelli pubblici, non è presente un portafoglio ordini già pronto che abbini acquirenti e venditori, e quindi un’impresa deve impegnarsi in prima persona in una ricerca per individuare i finanziatori ideali. Non solo, il prezzo delle azioni di una società di private equity non è determinato dalle forze di mercato, ma dalle negoziazioni tra venditori e acquirenti, che vanno pure a determinare caso per caso i diritti degli azionisti.