Mef, Piano strutturale in arrivo a metà settembre, parola di Giorgetti: cosa conterrà

Secondo una nota del Mef, Giorgetti sono al lavoro sul piano strutturale per consegnare il documento a Bruxelles e in Parlamento nel rispetto dei tempi

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Il nuovo Piano Strutturale di Bilancio (Psb) è in arrivo, parola del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Lo ha affermato in una nota rilasciata in queste ore, dove si afferma che si intende consegnare il documento a Bruxelles e in Parlamento nel rispetto dei tempi. “Il ministro dell’Economia porterà in Consiglio dei ministri per l’approvazione il piano entro metà settembre”, afferma la nota.

Le tappe per presentare il Piano

Oggi, martedì 27 agosto, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ripreso il lavoro al Mef, dove sono iniziate le prime verifiche tecniche post-vacanze in preparazione della presentazione del Piano strutturale di bilancio, che sostituirà la Nadef e sarà presentato il 20 settembre. La questione del Bilancio sarà inoltre al centro del vertice di maggioranza previsto per venerdì 30 agosto. L’arrivo così anticipato del Psb permetterà di far partire l’esame parlamentare nelle due settimane successive, rispettando così la scadenza per l’invio del documento all’Unione Europea.

Dal 30 aprile è in vigore la Riforma del Patto di Stabilità e Crescita, che stabilisce nuove regole per l’armonizzazione degli obiettivi economici tra i membri dell’Unione Europea. Questa riforma introduce il Piano Strutturale di Bilancio, che sostituisce i precedenti obblighi di aggiornamento annuale dei piani di bilancio. Gli Stati membri dovranno ora presentare un Psb di medio periodo, che diventerà lo strumento principale per la programmazione economica pluriennale.

Cosa deve contenere il Psb

Nel caso dell’Italia, il Piano avrà una durata di sette anni. Sarebbe normalmente a cinque, ma l’Italia si è accordata con la Commissione Europea per estenderlo a sette, a condizione che vengano attuate riforme significative e investimenti strategici.

Il contenuto del documento, che dovrà essere presentato a Bruxelles entro il 20 settembre, stabilirà le linee guida per le manovre di bilancio dei singoli Paesi, indicando come questi possano orientarsi per raggiungere i loro obiettivi dichiarati riguardo:

  • La spesa pubblica, che dovrà rispettare i parametri dell’Ue e, nel caso dell’Italia, anche il vincolo costituzionale di pareggio.
  • Le riforme strutturali richieste dall’Ue per migliorare la competitività e favorire la crescita.

Come detto prima, il Programma Strutturale italiano avrà una durata di sette anni, dato che il Paese si è impegnato a realizzare specifici programmi di riforme e investimenti. Questi programmi sono finalizzati a migliorare il potenziale di crescita e la sostenibilità del bilancio dello Stato, nel rispetto delle priorità comuni dell’Unione Europea, quali:

  • Transizioni verde e digitale,
  • Resilienza sociale ed economica,
  • Diritti sociali,
  • Sicurezza energetica,
  • Rafforzamento della difesa europea.

Il prossimo 20 settembre, salvo improbabili proroghe, sarà una data cruciale entro la quale il Governo dovrà definire e dichiarare gli obiettivi economici dei prossimi anni e come intende perseguirli.

Il caso della procedura di infrazione: cosa deve fare l’Italia

Ma nel Psb dell’Italia ci deve essere anche altro, ovvero un percorso di aggiustamento che garantisca una riduzione sostenibile del debito verso livelli prudenziali nel medio termine. La Commissione Ue a giugno ha infatti aperto una procedura di infrazione per l’Italia per deficit eccessivo. Se uno Stato membro ha un disavanzo superiore al 3% del Pil o un debito superiore al 60% del Pil, sarà obbligato a presentare nel Piano un sentiero di aggiustamento che garantisca, al termine del percorso di consolidamento:

  • Una traiettoria decrescente per il debito, mantenendolo su livelli prudenziali;
  • Un disavanzo al di sotto del valore di riferimento del 3% del Pil nel medio periodo.

Secondo i dati di Eurostat, alla fine del 2023 l’Italia si trovava ai massimi livelli nell’Unione Europea, con un deficit del 7,4%. Gli altri paesi dell’area euro con deficit superiore al 3% del Pil, e che anche per loro verrà aperta la procedura per infrazione, sono Belgio (4,4%), Estonia (3,4%), Spagna (3,6%), Francia (5,5%), Malta (4,9%) e Slovacchia (4,9%). Per i paesi non euro Repubblica Ceca 3,7%, Polonia 5,1%, Romania 6,6%, Ungheria 6,7%.

La Commissione Europea prevede una riduzione a 4,4% nel 2024, con un eventuale aumento al 4,7% nel 2025, assumendo politiche invariate. Il consolidamento dovrà proseguire finché il disavanzo strutturale non scenda sotto l’1,5% del Pil.

“L’aggiustamento è pienamente alla nostra portata”, aveva affermato mesi fa Giorgetti. In effetti, le cifre del Documento di Economia e Finanza (Def) congelato mostrano un calo del deficit dal 7,4% dello scorso anno (motivo dell’infrazione UE) al 3% nel 2026. Tuttavia, il debito pubblico oscilla pericolosamente attorno al 139% del Pil, ben oltre il tetto del 60% stabilito dal trattato di Maastricht, con Bruxelles che prevede un superamento del 140%.

Quali misure rischiano di saltare

Secondo alcune stime, il Piano Strutturale porterà ad aggiustare il bilancio italiano di circa 10 miliardi di euro di aggiustamento di bilancio, necessario per rispettare il programma di rientro.

Dove trovare queste risorse? Circa 7 miliardi potrebbero provenire nei prossimi mesi dagli avanzi dei nuovi sussidi per la povertà, che hanno raggiunto solo la metà dei beneficiari previsti, e dalle risorse derivanti dall’attuazione della delega fiscale. Tuttavia, per coprire il resto della somma, le opzioni disponibili sono drastiche: ridurre la spesa pubblica, anche se settori come sanità e scuola già necessitano di fondi aggiuntivi, oppure aumentare le tasse, come l’Iva e le accise.

Ci sono anche possibili rinunce. Potrebbe non essere rifinanziato il pacchetto pensioni da 630 milioni di euro, che include misure come Quota 103, Ape Sociale, Opzione Donna e l’aumento delle pensioni minime. La proposta della Lega di introdurre Quota 41 sembra sempre meno realistica. Anzi, il governo potrebbe essere tentato di ridurre ulteriormente l’indicizzazione delle pensioni all’inflazione, che da gennaio sarà più favorevole.

Repubblica ha stimato i costi di ulteriori tagli ad altre misure, come il canone Rai ridotto a 70 euro, proposto da Salvini (che potrebbe valere 430 milioni di euro), la social card “Dedicata a te” di Lollobrigida (600 milioni), lo sgravio per le mamme lavoratrici con due figli (368 milioni), la garanzia per il mutuo della prima casa per giovani coppie (282 milioni), e il pacchetto di welfare aziendale con i fringe benefit (483 milioni). Tutti questi bonus sono in scadenza a fine anno e potrebbero non essere rinnovati per fare cassa.