L’oro raggiunge un nuovo record storico, lingotti a 2300 dollari l’oncia

L‘oro si conferma bene rifugio per eccellenza e quando ci sono tensioni in atto o situazioni di incertezza aumenta sempre la domanda

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Nella giornata di lunedì 1 aprile, l’andamento dell’oro è salito alle stelle, raggiungendo la cifra di 2.265,73 dollari all’oncia e stabilendo così un nuovo record. Un rialzo trainato da tre principali fattori: le crescenti aspettative di un intervento al ribasso sui tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, la robusta domanda proveniente dalla Cina e le crescenti tensioni geopolitiche.

La cifra di ieri segna un rialzo dell’1,6% rispetto alla chiusura di giovedì, dopo aver raggiunto una serie di massimi nelle ultime sessioni. Anche i prezzi dei futures statunitensi legati all’oro hanno registrato un trend positivo, confermando ulteriormente il clima di fiducia nei confronti del metallo prezioso.

I motivi della crescita

Poco più di dieci giorni fa, l’oro ha superato la soglia dei 2.200 dollari per oncia, inviando un segnale duplice all’economia globale: da un lato, l’indicazione quasi certa che la Federal Reserve avvierà tagli dei tassi d’interesse, accettando così un’eventuale inflazione superiore al suo obiettivo; dall’altro, l’elevata incertezza legata a uno scenario geopolitico ed economico pericoloso, il quale alimenta la corsa verso l’oro come rifugio sicuro per eccellenza.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, la domanda cinese di oro si mantiene costantemente robusta da diversi trimestri. La Banca Centrale Cinese ha incrementato notevolmente le proprie riserve auree, effettuando acquisti ininterrotti per gli ultimi 16 mesi, con l’acquisto del metallo in forte ascesa tra i giovani cinesi.

L’oro è balzato fino a cifre che sono quasi il doppio di dieci anni fa. Alcuni osservatori più pessimisti ipotizzano che la corsa verso questo bene rifugio sia alimentata dai timori legati ai 34mila miliardi di dollari di debito statunitense, i quali potrebbero spingere la Federal Reserve a gestire il “buco” nel bilancio federale attraverso un aumento dell’inflazione, con conseguente riduzione del rapporto debito/Pil.

Da questo scenario, con l’esigenza di difendere valore dall’inflazione, verrebbe la corsa all’oro, che spesso sembra andare a braccetto col bitcoin. La Fed è orientata al taglio dei tassi. E lo scenario delle banche centrali in assetto espansivo piace agli investitori del metallo giallo. Il rialzo dell’oro rappresenta una notizia positiva anche per le banche centrali che ne detengono riserve, tra cui la Banca d’Italia, seconda solo alla Federal Reserve e alla Bundesbank con le sue 2.452 tonnellate d’oro.

Lo scenario futuro

L’oro continua a rivestire un ruolo di primo piano come bene rifugio, soprattutto in periodi di instabilità geopolitica come quello attuale, caratterizzato dal timore di una possibile escalation del conflitto in Medio Oriente. Gli ultimi rialzi si inseriscono in un trend di medio periodo che ha visto un incremento del 12,2% nei sei mesi precedenti e dell’11% rispetto alla metà di marzo 2023.

I record recenti dei prezzi dell’oro sembrano essere influenzati principalmente da flussi speculativi. Come riportato dal Corriere della Sera, la domanda delle banche centrali che stanno diversificando le proprie riserve ha compensato i deflussi dagli investimenti passivi in Etf, diventando così un altro fattore strutturale insieme ai tassi di interesse reali che influenza i prezzi dell’oro. Secondo vari esperti, c’è la possibilità che l’oro si stabilizzi intorno ai 2.250 dollari per oncia, sulla base di un possibile cambio di rotta della Federal Reserve.