Stando alla classifica stilata da Forbes, Massimiliana Landini Aleotti è la donna più ricca d’Italia. Su scala globale, invece, rientra nella top 100, posizionandosi al 55° posto per il genere femminile e al 360° posto nella classifica omnicomprensiva.
In molti ignorano il suo nome a causa delle rare partecipazioni a eventi pubblici, sporadiche fotografie e le zero interviste concesse. La discrezione ha sempre fatto parte della figura di Massimiliana Landini Aleotti. Il suo enorme patrimonio deriva dall’eredità di suo marito Alberto Aleotti, deceduto a maggio 2014. Insieme ai tre figli, ha da lui ricevuto il colosso farmaceutico Menarini.
Menarini oggi
Cruciale la figura di Alberto Aleotti per il destino dell’impero farmaceutico Menarini. Nel 1964, infatti, Mario Menarini chiese all’uomo di assumere la direzione generale dell’azienda. Al tempo era al 352° posto tra le industrie farmaceutiche italiane.
La sua storia è mutata rapidamente con Aleotti, artefice dell’enorme scalata al successo della società fiorentina. Col passare degli anni, però, l’uomo si fece strada fino ai vertici del colosso, grazie alla forza dei propri risultati. Riuscì infine a ottenerne il controllo, portandola a diventare l’azienda farmaceutica numero uno in Italia.
La sua morte ha di certo cambiato le cose ma non stravolte. Massimiliana Landini Aleotti ha avuto la lucidità di fare un passo indietro, con i figli Lucia e Alberto Giovanni ben inseriti nel Board di Menarini, insieme con Juerg Wittmer e Carlo Colombini. A loro non è però richiesto di seguire le orme del padre, dando seguito a quella rivoluzione. Il presidente del Board è infatti dal 2018 il manager svizzero Eric Cornut.
La storia di Menarini
Nel 1886 un ricco bolognese di nome Archimede Menarini aprì una farmacia nel cuore di Napoli, precisamente in via Calabritto. Il suo nome era “Farmacia Internazionale”. Una denominazione a dir poco suggestiva al tempo, tenendo conto di come il Regno d’Italia si fosse formato da poco più di 20 anni. Quel termine, internazionale, dimostrava un’enorme lungimiranza.
Al tempo i farmacisti “producevano” i farmaci, su specifiche indicazioni dei medici. Si combinavano le materie prime, seguendo una sorta di “ricettario”, il “Famacopea Ufficiale”. Col tempo Menarini iniziò a produrre per altri farmacisti, usando il nome dell’azienda. Non una pratica troppo insolita, ma Archimede Menarini aveva un’indole che ad altri mancava.
La sua fama crebbe grazie alla qualità dei prodotti e alla pubblicità sviluppata. In ogni confezione, infatti, inseriva un’elegante immagine. Col tempo dovesse trasferirsi in uno stabilimento industriale, per rispondere al carico produttivo richiesto. Dovette poi spostarsi verso una città del Nord, scegliendo Firenze.
Ciò probabilmente per la vicinanza a Empoli, grande produttrice di vetro per le fiale e le bottiglie dei farmaci. Optò per le campagne del Campo di Marte, data la vicinanza alla città ma soprattutto alla stazione ferroviaria.
L’inaugurazione avvenne nel 1915, nella stessa sede che è ancora oggi la casa madre dell’azienda. Al tempo la maggior parte delle maestranze erano donne, considerando come molti uomini vennero richiamati alle armi per far fronte alla guerra.
Quest’ultima ha ovviamente messo a dura prova la storia del gruppo Menarini, mai quanto la seconda guerra mondiale però. Se la vicinanza alla stazione del Campo di Marte era molto importante per gli affari, c’è da dire che divenne bersaglio di bombardamenti, che sfiorarono il polo industriale farmaceutico, soprattutto nell’incursione del 25 settembre 1943, il cui lancio di bombe provocò 215 morti a Firenze, danneggiando la chiesa dei Sette Santi.