Il governo è pronto a mettere mano alla leva fiscale per dare una scossa al mercato del lavoro e riempire le tasche degli italiani. La nuova parola d’ordine è produttività e a Palazzo Chigi si prepara un piano che potrebbe ribaltare le regole del gioco. Nel mirino ci sono gli straordinari, una questione scottante per milioni di lavoratori che oggi si trovano a fare i conti con un fisco ingordo.
Dietro le quinte, mentre il dibattito politico si infiamma su pensioni e incentivi, Giancarlo Giorgetti ha avviato la sua personale partita a scacchi. Niente proclami, nessuna fanfara mediatica: solo mosse chirurgiche per bloccare l’emorragia di spesa pubblica. Il tutto in vista del Piano strutturale di bilancio (Psb), documento che l’Italia deve consegnare a Bruxelles entro il 20 settembre.
Meno tasse sugli straordinari: la proposta
In arrivo c’è una misura che potrebbe far tremare le colonne del sistema fiscale italiano: una tassazione ridotta sugli straordinari. L’esperimento, già testato con successo nei settori sanitario e turistico con una flat tax del 15%, è pronto a essere ampliato a tutti i settori produttivi. L’obiettivo è quello di rendere conveniente accettare ore extra, senza l’incubo di vedersi rapinare dal fisco.
In Italia, il lavoro straordinario è pane quotidiano per oltre il 60% dei dipendenti, ma spesso si rivela una trappola. Con l’attuale regime fiscale, accettare straordinari può significare ritrovarsi con un carico fiscale insostenibile, fino a rischiare di scivolare in scaglioni Irpef più alti. Un paradosso che spiega perché molti preferiscono rinunciare a quelle ore in più che, in teoria, dovrebbero rappresentare un’occasione d’oro per far crescere il proprio reddito.
Flat Tax per tutti: la scommessa del Governo
L’idea di estendere la flat tax sugli straordinari nasce proprio da questa stortura. Il governo vuole dare ai lavoratori un motivo valido per non dire di no alle ore extra, senza che il fisco si trasformi in un nemico. Una mossa che punta a rilanciare la produttività senza strangolare ulteriormente le finanze personali, offrendo anche alle aziende la possibilità di contare su una forza lavoro più motivata e disponibile a spingere sull’acceleratore.
I prossimi giorni saranno decisivi. Il governo Meloni dovrà mettere nero su bianco le misure nella legge di bilancio e chiarire quanto è disposto a spingersi in questa direzione. Con la presentazione del Psb a Bruxelles alle porte e i dati fiscali dell’autoliquidazione di luglio in arrivo, il tempo è agli sgoccioli.
Tagli alla spesa pubblica: chirurgia di precisione
Il ministro Giancarlo Giorgetti, nel frattempo, ha adottato una strategia fatta di tagli mirati e decisi. Pensioni meno generose e un Superbonus progressivamente ridimensionato hanno segnato l’inizio, ma il vero colpo di scena è stato mantenere quasi intatti settori chiave come sanità e istruzione. Un capolavoro di equilibri che, mentre l’inflazione mordeva, ha permesso al governo di tenere la spesa pubblica sotto controllo, senza far saltare il banco con Bruxelles.
La rigidità della spesa pubblica italiana è un dato di fatto: pensioni e prestazioni sociali mangiano la fetta più grande della torta. Nel 2022, il 42,3% delle risorse è andato alla protezione sociale, lasciando le briciole a sanità, istruzione e difesa. Modificare questi equilibri sarà come giocare a incastri con i mattoni: ogni mossa deve essere precisa, altrimenti il castello crolla.
Il Documento di Economia e Finanza (Def) è stato un esercizio di prudenza, ma ora il tempo delle mezze misure è finito. Con la presentazione del Psb ormai imminente, il governo dovrà scoprire le carte e spiegare come intende finanziare le nuove misure.