L’Italia senza il gas russo: rischio black out e riscaldamento razionato

Intanto, non usa giri di parole Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia: "Questa crisi sarà dolorosa, è profondamente sbagliato presentarla come una passeggiata che si risolverà con qualche correttivo. Dobbiamo razionare i consumi, già in questi giorni"

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Redazione

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Da un lato la necessità di mettere in campo un pacchetto di sanzioni pesanti contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina voluta da Putin, dall’altro l’urgenza di fare in modo che non si trasformino in un pericoloso boomerang. Fatto sta che lo scoppio della guerra – scenario che ha sorpreso anche gli stessi analisti internazionale – ha portato sotto i riflettori, ormai da giorni, il tema del gas.

Come ormai noto e messo nero su bianco dallo stesso Presidente del Consiglio Draghi che sull’argomento è più volte intervenuto, il nostro Paese consuma 70-80 miliardi di metri cubi di gas all’anno e 18 miliardi di metri cubi di stoccaggio, e oltre il 40% del metano importato dall’estero arriva proprio dalla Russia.

Se Mosca chiudesse i rubinetti?

Secondo uno studio della Fondazione Eni-Enrico Mattei, riportato dal Corriere della Sera, ci sarebbe il rischio più che concreto di un razionamento, cioè dei “distacchi programmati” che si tradurrebbero in black out della corrente elettrica e/o tagli alle erogazioni di gas per uso industriale o per uso civile (riscaldamento e gas per cucinare). Non sarebbero sufficienti, infatti, le contromisure attualmente allo studio perchè mancherebbero all’appello  tra gli 8,9 e i 10,5 miliardi di metri cubi di gas rispetto ai consumi di un anno normale.

Rischio black out e riscaldamento razionato

Una parte della soluzione potrebbe arrivare dalla comparsa sulla scena di nuovi interlocutori attraverso un aumento delle importazioni da Algeria , Qatar e Libia. Possibile anche pensare di accrescere la produzione nazionale (scesa a 3,1 miliardi di Smc lo scorso anno) e lo stoccaggio del gas, ma serve tempo che – dettaglio tutt’altro che trascurabile – non abbiamo. Nei giorni scorsi poi si era anche parlato di una possibile riapertura delle centrali a carbone, ma sul tema è arrivata la chiusura piuttosto netta del Ministro Cingolani secondo il quale la spesa non varrebbe l’impresa.

Intanto, prende sempre più forma l'”exit strategy” targata UE che punta a mettere in sicurezza il sistema di approvvigionamento dei 27, attraverso la definizione di un assetto più libero dalle importazioni di gas russo.

Proprio in quest’ottica, la Commissione ha lanciato nelle scorse ore l‘Energy Compact. Gli Stati membri possono intervenire con l’attuazione eccezionale e limitata nel tempo di prezzi regolamentati”, si legge nel documento presentato l’8 marzo, dove viene sottolineato che il quadro giuridico del mercato elettrico “consente interventi pubblici nella fissazione dei prezzi” e che la misura dovrebbe essere “mirata”.

Il provvedimento punta anzitutto all’aumento degli investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, parte del pacchetto anche una serie di incentivi per finanziare piani di efficientamento energetico degli edifici.

Tabarelli (Nomisma Energia) avverte: crisi sarà dolorosa

Intanto, non usa giri di parole Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia: “Questa crisi sarà dolorosa, è profondamente sbagliato presentarla come una passeggiata che si risolverà con qualche correttivo. Dobbiamo razionare i consumi, già in questi giorni in cui fa ancora freddo bisogna spegnere la luce e abbassare il riscaldamento. Non possiamo aspettare il prossimo inverno e sperare che le cose migliorino”, ha detto ieri nell’intervista rilasciata a La Stampa nella quale lascia poco spazio a quello che viene definito un immotivato ottimismo.

“La politica ci gira attorno. Le cose da fare subito sono due: riaprire davvero le centrali a carbone come accade in mezza Europa e dire chiaramente agli italiani che bisogna iniziare a spegnere la luce e ridurre i consumi”.