Lavorare come dipendente e con partita Iva nella stessa azienda: ora è possibile

Grazie al Ddl lavoro, un nuovo contratto di lavoro 'ibrido' per favorire le opportunità occupazionali e agevolare le imprese. Meccanismo e requisiti

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 29 Settembre 2024 19:00

Il mondo dell’occupazione si arricchisce di novità con il Ddl Lavoro, in questi giorni in aula a Montecitorio dopo quasi un anno di dibattito in Commissione. Troviamo ad esempio novità sulla somministrazione di lavoro e sul lavoro stagionale, come pure la previsione di un particolare tipo di contratto di lavoro, denominato ‘misto‘.

Di seguito ne parleremo, per capire come questo nuova tipologia contrattuale potrà accrescere le opportunità di lavoro, a tutto beneficio non soltanto dei lavoratori ma anche delle aziende. Ecco cosa sapere in proposito.

Cos’è il contratto misto in sintesi

Secondo quanto indicato nell’emendamento del riformulato art. 8 bis Ddl Lavoro, tale contratto rappresenta una sorta di ibrido tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Infatti l’azienda o datore di lavoro potrà inserire nel personale un lavoratore:

  • in parte con la formula del tempo parziale, per un orario compreso tra il 40 e il 50% del tempo pieno;
  • in parte seguendo il regime della partita Iva con accesso all’agevolato regime fiscale denominato forfetario.

In sostanza, la novità permette a un singolo individuo di essere sia dipendente part-time che lavoratore autonomo in regime forfetario, stipulando contestualmente due contratti diversi presso una sola azienda. Peraltro il tempo parziale ben si presta a formule flessibili, come avevamo notato anche in tema di doppio part time.

Tale soluzione di cui si trova traccia nel Ddl lavoro garantisce al lavoratore un’aliquota del 15% sull’imponibile relativo al reddito dell’attività autonoma (imposta sostitutiva dell’Irpef), mentre – dal lato dell’azienda – ci sono ovviamente meno costi retributivi e contributivi. Al contempo ricordiamo che il lavoratore rientra nel regime forfetario con compensi o ricavi entro gli 85mila euro.

La deroga al divieto di regime forfetario

Il contratto di lavoro misto va a modificare la legge n. 190/201 (manovra 2015) e fa venir meno la causa ostativa prevista dalla lettera d-bis del suo comma 57. Infatti prima dell’emendamento al Ddl Lavoro, si applicava tout court il divieto di accesso al regime forfetario – detto anche clausola contro le false partite Iva mono-committenti – per i dipendenti la cui attività sia svolta prevalentemente nei confronti di aziende e datori di lavoro, con cui sono attivi rapporti di lavoro o lo siano stati nell’anteriore biennio.

La clausola contro le false partite Iva mono-committenti era stata varata per contrastare il famigerato fenomeno delle partite Iva che, di fatto, lavorano come dipendenti di una sola azienda, senza avvalersi delle tutele tipiche del lavoro dipendente.

La finalità del divieto è evidentemente quella di reprimere comportamenti del datore di lavoro, mirati all’utilizzo della partita Iva al posto del lavoro dipendente, per sfuggire alle regole sul versamento di stipendio e contributi e per contare su un lavoro più ‘flessibile’ e alleggerito dagli oneri della subordinazione.

Professionisti iscritti in albi o registri

Sopra abbiamo visto in sintesi che cos’è questo nuovo contratto introdotto come emendamento al ddl Lavoro. In verità però le sue possibili espressioni sono due.

La prima – di cui al primo comma dell’art. 8-bis del Ddl Lavoro – interessa, da un lato, i professionisti iscritti in albi o registri e, dall’altro, i datori di lavoro o aziende che occupano un numero maggiore di 250 lavoratori subordinati. In particolare, il numero dei dipendenti è calcolato al primo gennaio dell’anno in cui l’esperienza di lavoro riconducibile al contratto misto, ha inizio.

Più nel dettaglio, l’adesione all’agevolato regime fiscale forfetario implicherà ovviamente l’apertura della partita Iva (se non è stata già aperta) e potrà aversi soltanto:

  • in caso di contestuale assunzione con firma di un contratto di lavoro dipendente con part time e indeterminato, con un orario tra il 40 e 50% del tempo pieno previsto dal contratto collettivo utilizzato in azienda (quindi per fare un veloce esempio, se il tempo pieno previsto è pari a 40 ore settimanali, il contratto potrà avere un orario di lavoro compreso tra le 16 e le 20 ore settimanali);
  • se il contratto di lavoro autonomo viene certificato dagli organi competenti, assicurando l’assenza di rischi di abusi da parte del datore di lavoro;
  • a patto che il contratto di lavoro autonomo non abbia, rispetto al contratto di lavoro subordinato, alcuna sovrapposizione in riferimento all’oggetto, alle modalità della prestazione, all’orario e alle giornate di lavoro.

Professionisti senza iscrizione ad albi e registri

In riferimento alla generalità dei lavoratori autonomi, ma senza iscrizione ad albi o registri, il contratto di lavoro misto – lavoro dipendente e deroga regime forfetario per partita Iva – si applicherà in maniera diversa. Come indica il secondo comma dell’art. 8-bis del Ddl Lavoro, infatti, sarà presupposto essenziale la stipulazione di un accordo di prossimità, firmato ai sensi dell’art. 8 del DL n. 138 del 2011 e mirato alla maggiore occupazione e al contrasto alle forme di lavoro irregolare.

Mentre, per quanto riguarda gli altri casi, l’incompatibilità con il regime forfetario permane per i professionisti verso le aziende sotto i 250 dipendenti e per gli autonomi non iscritti ad albi professionali in assenza dei suddetti accordi di prossimità.

Conclusioni

Il lancio di questa nuova formula consentirà vantaggi significativi per ambo le parti del rapporto di lavoro. Da un lato i dipendenti potranno avvalersi di una maggiore stabilità economica, in virtù della combinazione di due fonti di reddito – fisso e variabile – e potranno sviluppare competenze differenti in campi complementari. Inoltre, potranno avvalersi dei benefici tipici del lavoro subordinato – tra cui ad es. le ferie – pur conservando autonomia professionale. Dall’altro, aziende e datori di lavoro potranno avvalersi di una maggiore flessibilità grazie alla fruizione di competenze specialistiche, alla riduzione dei costi fissi del personale e al beneficio di servirsi anche di talenti, che intendono proseguire una propria attività professionale.

Almeno sulla carta, il nuovo contratto misto ha indubbie potenzialità e ben si combina con le sfide e opportunità di questo secolo. Sarà però l’esperienza pratica dei rapporti di lavoro a fungere da cartina tornasole per valutare il successo dell’iniziativa.