La politica protezionistica di Donald Trump ha dato una ulteriore spinta all’oro, che questa mattina ha raggiunto un nuovo record storico, posizionandosi appena sopra i 2.900 dollari l’oncia. L’impennata del metallo prezioso incorpora le incertezze geopolitiche e le preoccupazioni per i riflessi di una “guerra dei dazi” fra Stati Uniti e Cina, dopo che Pechino ha risposto alle nuove tariffe imposte dal Presidente Donald Trump. Ma il nuovo record giunge anche in un periodo dell’anno in cui le quotazioni del metallo sono tradizionalmente alte, per effetto della domanda legata ai festeggiamenti del Capodanno cinese.
Quotazioni oltre 2.900 dollari
Il metallo prezioso ha toccato un valore di 2.877,15 dollari l’oncia sul mercato spot, mentre il Future per consegna aprile sui mercati internazionali ha toccato un picco di 2.901,41 dollari l’oncia, per poi riassestarsi a 2.881,66 dollari (+0,20%). Una performance che fa perno sulla sua natura di bene rifugio.
La domanda di beni rifugio
L’oro, assieme al dollaro è un un “safe heaven” (bene rifugio) acquistato in periodi di grande incertezza ed in risposta al crescere delle tensioni a livello internazionale. Nei giorni scorsi, anche il biglietto verde aveva guadagnato molto terreno, soprattutto lunedì, quando aveva schiacciato l’euro su minimi di 1,0141 sulla minaccia dei nuovi dazi da parte degli USA. Ma il rinvio deciso da Trump per Messico e Canada ha poi ribilanciato il mercato dei cambi, riportando l’euro su 1,0421 dollari.
Le prime mosse di Trump
Il Presidente Trump, che la scorsa settimana aveva annunciato anche dazi del 25% contro Messico e Canada, ha poi deciso di rinviare di trenta giorni l’applicazione delle nuove tariffe sulle importazioni di beni provenienti d questi Paesi, dopo aver avviato colloqui con il leader canadese Justin Trudeau e con l’omologa messicana Claudia Sheinbaum, che ha promesso di inviare immediatamente 10.000 soldati al confine con gli Usa per fermare il flusso di fentanyl e le immigrazioni illegali negli Usa.
Nessuno sconto alla Cina
Un atteggiamento più rigido è stato riservato alla Cina, poiché Trump ha lasciato scattare dazi del 10% sulle importazioni, ottenendo per tutta risposta un contrattacco di Pechino, che ha annunciato dazi del 15% sulle importazioni di carbone e GNL e del 10% su petrolio, auto, pickup e macchine agricole.
Qualche nube all’orizzonte
Se nell’immediato la reazione dei mercati è stata quella di spingere l’oro su nuovi record storici, lo scenario per il futuro appare molto meno brillante, perché la stessa politica protezionistica di Trump rischia di far impennare nuovamente l’inflazione, costringendo la Federal Reserve a bloccare l’aggiustamento al ribasso dei tassi, con effetti negativi sull’oro. Gli analisti di Morgan Stanley hanno già ridimensionato le loro aspettative, anticipando un solo taglio dei tassi nel 2025, ancora meno dei due tagli preventivati prima di Natale.