Minerali critici, opportunità e rischi per gli investitori

La domanda può essere soddisfatta in modo responsabile? È l'interrogativo al quale risponde Albertine Pegrum-Haram, Senior associate Investimenti Responsabili di Columbia Threadneedle Investments

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Pubblicato: 3 Ottobre 2024 15:43

“La decarbonizzazione dell’economia richiede un aumento significativo delle tecnologie verdi, come i veicoli elettrici (VE), il solare fotovoltaico, le turbine eoliche e lo stoccaggio delle batterie a livello di rete. Tutte queste tecnologie richiedono un notevole apporto di minerali e un eventuale deficit di quelli che vengono definiti “minerali critici” – quali cobalto, rame, litio, terre rare, grafite e nichel – comporterebbe rischi di approvvigionamento che potrebbero limitare il ritmo e la portata della transizione energetica”. Lo spiega Albertine Pegrum-Haram, Senior associate Investimenti Responsabili di Columbia Threadneedle Investments sottolineando che  l’Unione Europea stima che la domanda di metalli delle terre rare e di litio aumenterà rispettivamente di 6 e di 12 volte entro il 2030.

Transizione energetica è una transizione materiale

Mentre secondo lo Scenario di Sviluppo Sostenibile dell’Agenzia Internazionale dell’Energia la domanda di rame aumenterà da 25 milioni di tonnellate nel 2022 a ben 35 milioni di tonnellate nel 2030. Queste previsioni hanno innescato un’ondata di speculazioni sui “supercicli” a breve termine dei metalli critici. Di conseguenza, molti governi, come quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, hanno introdotto tariffe, partnership internazionali e politiche nazionali per garantirsi l’approvvigionamento e sostenere lo sviluppo di supply chain nazionali. Tuttavia, questo ottimismo nei confronti della domanda andrebbe a nostro avviso rivisto considerando situazioni a breve termine quale il rallentamento dell’edilizia cinese, che ha visto le esportazioni di rame raffinato raggiungere livelli record nel periodo maggio-giugno 2024. Ciò indica una debolezza cruciale in uno dei pilastri chiave della domanda: il 30% del rame oggi è utilizzato nel settore immobiliare cinese. Inoltre, la crescente volatilità e polarizzazione del sentiment sulla transizione energetica, in particolare a causa dell’incertezza elettorale negli Stati Uniti, contribuisce a complicare il quadro della domanda a lungo termine rispetto a quella a breve termine.

A nostro avviso, “la transizione energetica sarà – e lo è già – travagliata. Vediamo paesi e regioni che procedono a velocità diverse, alcuni invertono la rotta sugli obiettivi climatici mentre altri li raddoppiano con una legislazione rigorosa, con conseguente incertezza sulle tempistiche di adozione su larga scala delle tecnologie abilitanti fondamentali. In generale, l’incertezza politica a breve termine sta aumentando la volatilità dei prezzi dei metalli critici, riducendo in ultima analisi i nuovi investimenti. Ad esempio, i prezzi del litio hanno registrato un’impennata di oltre il 700% dal 2021 al picco del 2022, per poi calare nel 2024″.  Anche i prezzi del nichel – spiega ancora l’esperto –  sono crollati nel 2024 dopo che il nichel indonesiano a basso costo, finanziato da aziende cinesi, ha portato a un significativo eccesso di offerta sul mercato; questo ha visto le principali società minerarie, come il gigante australiano BHP, annunciare la sospensione della produzione nazionale di nichel. Dall’altra parte, sappiamo che un approvvigionamento sicuro e costante di minerali critici è fondamentale per raggiungere il net-zero. Ritardare gli investimenti nelle miniere potrebbe portare a supply chain ancora più limitate se si verificasse un’impennata della domanda di tecnologie critiche, ad esempio a causa di improvvisi cambiamenti di politica verso il net-zero quando gli impatti del cambiamento climatico si fanno sentire maggiormente.

Lo sviluppo di nuove miniere è già ostacolato dai lunghi tempi di autorizzazione in molte regioni e sta peggiorando. Secondo S&P, il tempo medio per l’entrata in funzione delle miniere è aumentato costantemente, passando da una media di 12,7 anni nel periodo 2005-2009 a 17,9 anni nel 2022-23. Anche i progetti greenfield sono considerati costosi e rischiosi nel settore poiché la riduzione di certezze sui tempi della transizione energetica e della scalabilità delle tecnologie si traduce in volatilità dei prezzi. Più di recente, infatti, il settore si è concentrato su fusioni e acquisizioni e sull’adozione di nuove tecnologie per incrementare la qualità dei minerali, piuttosto che sullo sviluppo di nuovi asset per aumentare l’esposizione a metalli come il rame. Questo disallineamento delle tempistiche e del sentiment del mercato potrebbe portare a una corsa all’approvvigionamento di metalli critici a tutti i costi, ad esempio reindirizzando un maggior numero di forniture verso regioni con politiche del lavoro e dei diritti umani inadeguate, con un conseguente aumento del rischio sociale e ambientale.

La nuova geopolitica dei minerali critici

Sebbene la dipendenza dalle materie prime sia sempre stata al centro delle dinamiche commerciali, la novità è rappresentata dall’attenzione per i metalli e i minerali che in precedenza non avevano guidato le relazioni commerciali. Negli ultimi anni, garantire forniture affidabili e diversificate di metalli critici è emersa come una priorità strategica per Stati Uniti ed Europa. La concentrazione dell’offerta è una preoccupazione fondamentale per capire come si svilupperanno le dinamiche dei prezzi e le caratteristiche responsabili dell’attività estrattiva. Oggi la Cina controlla circa il 60% della raffinazione del litio, il 40% della raffinazione del rame e il 90% della capacità di lavorazione degli elementi delle terre rare a livello globale. Il Paese ha inoltre rappresentato il 44% degli investimenti globali in M&A sul litio (in termini di valore) negli ultimi tre anni.

Nel frattempo, la quota dell’Indonesia nella produzione e nella raffinazione del nichel è aumentata rispettivamente dal 34% al 52% e dal 23% al 37% tra il 2020 e il 2023. Questa tendenza al consolidamento dell’offerta ha catalizzato una rinnovata attenzione geopolitica sulla “sicurezza mineraria” e sulla nazionalizzazione delle risorse. Ad oggi le tensioni sono aumentate: le tariffe sulle importazioni di VE cinesi negli Stati Uniti, così come quelle proposte dall’UE, potrebbero portare a ritorsioni da parte della Cina, che in ultima analisi detiene la carta vincente nelle catene di fornitura delle batterie. Le restrizioni alle esportazioni di minerali critici da parte di paesi produttori come la Cina sono quintuplicate nell’ultimo decennio, passando da nove casi nel 2009 a 49 casi nel 2019. In effetti, la legge sulle materie prime critiche dell’Unione Europea del 2024, che impone che nessun fornitore possa fornire più del 65% del consumo annuale di metalli critici dell’UE, e il Partenariato per la Sicurezza dei Minerali guidato dagli Stati Uniti, sono politiche e iniziative progettate per ridisegnare la mappa delle forniture.

Il dilemma dell’investitore responsabile

La corsa ai minerali critici “presenta nuove opportunità e rischi per gli investitori. L’aumento della domanda di “minerali di transizione”, unito alla limitatezza dell’offerta, potrebbe avere un impatto significativo sugli utili delle società minerarie con l’aumento dei prezzi. Inoltre, quello che in passato è stato un settore considerato problematico per gli investitori attenti ai temi ESG potrebbe subire un cambiamento, divenendo anch’esso un fattore di transizione responsabile e allargando così la base degli investitori. Pur riconoscendo il ruolo chiave dei metalli nella transizione energetica, siamo consapevoli che la necessità di approvvigionamento non può prevalere su altri fattori sociali e ambientali. A livello più sistemico, le conseguenze negative dell’intensificazione delle attività estrattive, come le violazioni dei diritti umani, la perdita di biodiversità, la contaminazione delle acque e le emissioni di gas a effetto serra, comportano rischi che potrebbero compromettere gli obiettivi fondamentali della transizione energetica. La fiducia nella capacità del settore di gestire queste esternalità è stata finora bassa e rimane fragile. Dal 2010 sono state presentate 630 denunce di abusi dei diritti umani in miniere coinvolte nell’estrazione di metalli di transizione, di cui 91 solo nell’ultimo anno. La scarsa fiducia e la debole reputazione si applicano anche ad altri stakeholder. L’opposizione della comunità ha portato a gravi ritardi nei tempi di rilascio dei permessi e in alcuni casi, come quello di First Quantum Minerals a Panama, ha portato alla chiusura della miniera (che in questo caso rappresentava il 40% delle entrate del gruppo). Per gli investitori responsabili si pone un dilemma fondamentale: è ragionevole non investire nel settore minerario per sostenere gli investimenti nella transizione energetica? A nostro parere crediamo che gli investitori abbiamo la facoltà di ricercare i risultati migliori non escludendo le aziende, ma piuttosto impegnandosi con le aziende in portafoglio al fine di evitare esternalità e rischi negativi, oltre ad allocare il capitale a quelle aziende minerarie che puntano ai risultati migliori.

Verso quale scenario si sta dirigendo il settore?

Di recente – spiega ancora l’analista – abbiamo partecipato ai dialoghi multi-stakeholder del Forum annuale dell’OCSE sulle catene di approvvigionamento minerario responsabile. Il quadro che ne è emerso è eterogeneo: le scarse pratiche ESG, le lamentele delle comunità e i ritardi nei permessi continuano a erodere la licenza sociale del settore e la sua capacità di espansione. Dall’altra parte, però, si stanno verificando anche notevoli cambiamenti: le società minerarie quotate negli Stati Uniti e in Europa riferiscono che solide pratiche ESG sono essenziali per il finanziamento e l’accesso al mercato. Risultato, quest’ultimo, di un maggiore controllo da parte degli investitori e di un ambiente normativo più severo guidato dall’UE. Ad esempio, la direttiva Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD) impone alle aziende di riconoscere, ridurre e comunicare i loro impatti sulle persone e sull’ambiente, mentre il regolamento sulle batterie obbliga gli utenti finali a svolgere un’accurata due diligence della supply chain, spingendo gli utenti finali a controllare maggiormente i fornitori. Le aziende dell’intera catena di approvvigionamento dovranno pertanto investire in solide capacità di audit e tracciabilità dei processi per risultare conformi.

Nonostante la crescente regolamentazione, “il quadro resta complicato data la natura internazionale delle catene di approvvigionamento minerario. Come abbiamo visto nel caso del nichel, dove la produzione indonesiana più economica – che in molti casi era legata alla deforestazione e allo sfollamento delle popolazioni – ha invaso il mercato, non tutti gli operatori sono tenuti a rispettare gli stessi standard ambientali e sociali. L’aumento della regolamentazione potrebbe anche ridurre l’interesse di società minerarie quotate di Stati Uniti, Uk e UE in merito a progetti in aree con rischi sociali e ambientali più elevati, alla luce degli standard ESG più elevati a cui devono rispondere. Ciò rischia di provocare esiti controversi, in quanto le società minerarie sottoposte a minori controlli potrebbere invece perseguire simili opzioni di progetti”.

“Resta da vedere in che modo la regolamentazione della catena di approvvigionamento favorisca l’armonizzazione dei principi ESG, ma allo stato attuale potremmo assistere allo sviluppo di un settore minerario bifronte e soggetto a standard molto diversi, a seconda di chi produca e dove vengono poi venduti i prodotti. Inoltre, a prescindere dalle intenzioni degli investitori, la natura sempre più geopolitica del commercio dei metalli critici, unita ai nuovi quadri normativi, sta determinando una prospettiva sempre più complessa per il settore. Per questo motivo, riteniamo oggi più che mai essenziale l’adozione di un’attenta due diligence e di un impegno mirato al fine di minimizzare il rischio qualora si investa nel settore minerario“, conclude.