Criptovalute alla ribalta? Lo scenario italiano

Nel nostro Paese il mercato vale 2,22 miliardi di euro. È di pochi giorni fa il primo investimento in bitcoin da parte di un grande istituto di credito italiano

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Redazione

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Pubblicato: 19 Gennaio 2025 10:30

Il mercato globale di criptovalute vale 3mila miliardi di dollari (dato aggiornato a metà novembre) e risulta in crescita del 79,2% rispetto al mese di gennaio 2024, quando il “giro d’affari” complessivo di Bitcoin, Ethereum e altre “cripto” si era attestato a circa 1.680 miliardi di dollari. Con il 16,58% di quota di mercato a fine settembre 2024, in termini percentuali, il mercato in cripto-attività più importante risulta quello degli Stati Uniti, seguito dall’India, con il 9,44%, e dal Brasile con l’8,10%. Tra le diverse migliaia di cripto-attività, cioè la quota di mercato relativamente più alta spetta di gran lunga ai Bitcoin, che nel tempo hanno raggiunto il 60%, seguiti da Ethereum al 13% circa. Quanto al valore complessivo, rispetto ai mercati finanziari “tradizionali” e regolamentati, si tratta di volumi marginali: la capitalizzazione complessiva dei titoli quotati nelle piazze finanziare, a livello globale, si è attestata, al mese di novembre, a quota 112mila miliardi di dollari.

 

La spinta di Trump

Le politiche annunciate dal presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, che si insedierà fra pochi giorni, hanno contribuito a riaccendere l’interesse verso le criptovalute. Trump in campagna elettorale ha, infatti, ventilato l’ipotesi di costituire riserve nazionali strategiche in Bitcoin, affermando di voler rendere gli Usa un riferimento internazionale per le criptovalute.

 

Lo scenario italiano

In Italia, – stando al report Fabi – il mercato vale 2,22 miliardi di euro e sono 1,35 milioni gli italiani che hanno “investito” in criptovalute, con una media di 1.600 euro. Il dato si riferisce a giugno scorso ed è in crescita di 870 milioni (+64%), rispetto agli 1,35 miliardi di giugno 2023. L’andamento nei 12 mesi però ha visto susseguirsi forti aumenti a brusche frenate nelle quotazioni e vistose oscillazioni. Il controvalore in euro del saldo complessivo delle valute virtuali è passato da 1,35 miliardi di fine giugno 2023, a 917 milioni di euro a settembre dello stesso anno, per risalire successivamente a quasi 1,5 miliardi a dicembre, per poi schizzare nel primo trimestre 2024 sfiorando i 2,9 miliardi (+ 92% in soli tre mesi) e ripiegare a 2,2 miliardi a giugno 2024, facendo segnare una contrazione del 22,4% in soli tre mesi. Quanto alle caratteristiche del mercato italiano delle cripto-attività, oltre il 99% dei detentori è rappresentato da persone fisiche. Tra queste, i Millennial sono i più numerosi (37%), ma detengono importi pari al 39% circa del controvalore complessivo, mentre i possessori tra 40 e 60 anni, pur rappresentando il 28% del totale, posseggono il 49% del totale “investito”. Nei primi sei mesi del 2024, inoltre, sono state eseguite operazioni di conversione da valute legali (come l’euro), a valute virtuali, per un controvalore di quasi 2,8 miliardi, con una media di 9 operazioni per cliente e un importo medio di poco più di 260 euro. Viceversa, le operazioni di conversione di moneta virtuale in moneta legale registrate sono state pari a 2,9 miliardi circa, circa 10 per cliente e un controvalore medio di 266 euro. I Millennial risultano i più attivi anche nelle operazioni di trasferimento in entrata e in uscita dai prestatori di servizi in cripto attività: a loro è riconducibile circa il 74% delle operazioni complessive. Tali dati, però, non sono esaustivi del mercato in cripto-attività in Italia: solo una parte dei portafogli e delle transazioni in criptovalute avviene attraverso prestatori di servizi regolarmente registrati in Italia, ciò significa che una quota di investimenti degli italiani in bitcoin o altri strumenti non rientra nei monitoraggi e nelle statistiche ufficiali.

 

Il dietrofront sulla tassazione

Contrariamente a quanto annunciato, in Italia la tassa sulle plusvalenze delle criptovalute nel 2025 resterà al 26%. È, infatti, saltata la modifica prevista nelle prime versioni della Legge di Bilancio che la portava fino al 42%. Soltanto nel 2026 salirà poi al 33%. Viene però eliminata la no tax area fino a 2mila euro, ampliando quindi la platea di soggetti sottoposti a tassazione. Il mantenimento dell’aliquota di prelievo al 26%, combinata con l’abolizione della soglia di esenzione di 2mila euro, dovrebbe garantire per il 2025 allo Stato un gettito di importo “almeno pari a quello attualmente incassato” ovvero 27 milioni di euro. Un po’ più consistenti le cifre previste per il 2026, quando scatterà l’aumento al 33%, che – secondo la relazione tecnica che accompagna il testo della manovra – dovrebbero toccare quota 34,3 milioni di euro”.

 

Il “test” di Intesa Sanpaolo

“Noi siamo una banca, ormai siamo leader europeo in termini di market cap, quindi non dovrebbe stupire se facciamo quello che fanno tutte le altre banche nel mondo” ha detto il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, confermando l’investimento del gruppo in criptovalute, attraverso l’acquisto di 11 bitcoin per circa 1 milione di euro. Investimento che rappresenta la prima operazione del genere da parte di un grande istituto di credito italiano. “Peraltro sono importi limitatissimi – ha sottolineato Messina –, perché abbiamo 100 miliardi di euro di portafoglio titoli, quindi un milione di euro è un esperimento, è un test e credo dimostri di come ci può essere un’attenzione verso i canali digitali molto molto limitata in termini di investimento, ma soprattutto” dell’essere “pronti nel caso in cui alcuni clienti particolarmente sofisticati chiedessero di effettuare di queste forme di investimento”. Messina ha poi sottolineato come «io stesso personalmente lo ritengo una forma di investimento che deve essere riservata a operatori istituzionali e a clienti veramente con grandissima professionalità e grandissime skill. Io stesso non investo in bitcoin”.