Ecco come puoi ottenere un rimborso dal Fisco: la sentenza della Cassazione

Un'ordinanza delle Corte di Cassazione chiarisce che è necessario presentare una speciale documentazione per poter ottenere un rimborso dal fisco

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Come si devono comportare i cittadini nel caso in cui devono chiedere un rimborso all’Agenzia delle Entrate e la richiesta viene respinta? Il contribuente che abbia intenzione di contestare un qualsiasi rifiuto da parte degli uffici tributari è tenuto a presentare la documentazione probatoria necessaria a dimostrare le sue ragioni, anche quando questa risulti essere già in possesso dell’Agenzia delle Entrate.

Ad affermare questo principio è la Corte di Cassazione, attraverso l’ordinanza n. 25859 del 5 settembre 2023, attraverso la quale ha ribadito che, nelle controversie il cui oggetto risulti essere l’impugnazione del rigetto di un’istanza di rimborso di un tributo o del silenzio rifiuto che si è venuto a formare in relazione all’istanza, il contribuente ha un ruolo di attore non solo formale, ma anche sostanziale. Sul contribuente, infatti, grava l’onere di provare e documentare il suo reale diritto ad ottenere il rimborso.

Questo diritto, secondo quanto asserito dai giudici della Suprema Corte, vale anche quando l’amministrazione finanziaria risulti essere già in possesso della documentazione probatoria. In questi casi non sussiste alcuna violazione dell’articolo 6, comma 4, della Legge n. 212/2000, il cosiddetto Statuto del Contribuente.

La sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha analizzato un caso specifico. Una società ha presentato un ricorso introduttivo contro il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate in relazione ad un’istanza di rimborso. Il nodo del contendere è un credito Irpeg che era stato chiaramente esposto nella dichiarazione. In tutti i gradi di giudizio, i giudici hanno espressamente accolto le doglianze della società e avevano espressamente ritenuto l’ufficio decaduto dal potere di disconoscere il credito o rettificarlo, perché sono scaduti i termini legali per il suo accertamento.

La controversia è arrivata fino ai giudici della Suprema Corte, i quali, invece, hanno ritenuto validi i motivi opposti dall’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, alla luce del principio di diritto che è stato espresso all’interno della sentenza a sezioni unite del Collegio di Legittimità n. 5069/2016, può opporre un valido diniego di rimborso per questioni di merito, nel caso in cui sia sopraggiunto il termine decadenziale per l’accertamento.

Il successivo appello, però, ha sostanzialmente dato torto all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, infatti, a fronte di una richiesta di rimborso presentata dalla società, non si è mossa in alcun modo, ritenendo che l’onere della prova spetta in via esclusiva al contribuente.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha provveduto ad impugnare immediatamente la sentenza della Ctr. La tesi sostenuta nel ricorso è che l’ufficio erariale avesse contestato fin dal primo grado di giudizio l’istanza di rimborso. La richiesta di documentare l’esistenza del credito risulta essere completamente in linea con gli oneri che sono in carico al contribuente, che deve dimostrare con la documentazione necessaria quanto richiesto in giudizio. L’onere è in capo al contribuente perché lo stesso è parte attiva nel procedimento di richiesta del rimborso.

I giudici della suprema corte hanno ritenuto fondato il ricorso presentato dagli uffici tributari e hanno provveduto a spostare il nocciolo del problema dalla presunta inerzia da parte dell’AdE al tema del silenzio-rifiuto che si è venuto a generare su questa istanza. Secondo i giudici, andando a ben vedere, la richiesta degli uffici di produrre la documentazione necessaria per dimostrare la sussistenza del diritto al rimborso non comporta alcuna ricaduta sulla ripartizione dell’onere probatorio.

Nel momento in cui si apre una controversia, che ha come oggetto l’impugnazione del rigetto di un’istanza di rimborso da parte di un ufficio, è prassi consolidata che il contribuente diventi parte attiva non solo formale ma anche sostanziale. Su quest’ultimo, in altre parole, spetta l’onere di documentare e dimostrare efficacemente il fatto costitutivo del diritto al rimborso.

Le eventuali argomentazioni che sono state addotte dall’Agenzia delle Entrate, con le quali è stata negata la sussistenza di questi fatti, sono a tutti gli effetti delle semplici difese. Non precludono, in quanto tali, qualsiasi azione. Si inquadrano, invece, nella semplice collaborazione che deve sussistere tra il contribuente e l’amministrazione finanziaria. È, in altre parole, un invito a dimostrare l’esistenza del credito.

Le precisazioni della Corte di Cassazione

Giusto perché i contribuenti non cadano in errore, la Corte di Cassazione ha sottolineato che il principio appena enunciato vale anche quando l’Agenzia delle Entrate risulti essere già in possesso di tutta la documentazione probatoria. In questo caso non sussiste alcuna violazione all’articolo 6, comma 4, della Legge n 212/2000.

Quando si vengono a configurare queste situazioni, non vi è alcuna violazione del divieto di chiedere al contribuente documenti che risultino essere già in possesso dell’amministrazione finanziaria, come prevede la norma che abbiamo appena richiamato. Questa, tra l’altro, presuppone che la documentazione risulti con certezza già in possesso dell’AdE. O che, eventualmente, il contribuente sia in grado di dimostrare l’avvenuta trasmissione agli uffici preposti.

Procedimenti di rimborso: i ruoli sono invertiti

Nei procedimenti di rimborso si viene ad instaurare un rapporto particolare, che, in un certo senso, è a ruoli invertiti rispetto a quello che si viene normalmente ad instaurare nei normali procedimenti con l’Agenzia delle Entrate. Questo scambio dei ruoli ha dei riflessi diretti sugli obblighi di motivazione del provvedimento di diniego.

Come riportato nella sentenza n. 20732 del 18 luglio 2023 della Corte di Cassazione, il provvedimento di diniego al rimborso è adeguatamente motivato nel momento in cui vengano delineati gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento. Per fare questo è sufficiente che sia affermata l’insussistenza dei presupposti di legge per poter effettuare il rimborso. Questo perché, come abbiamo chiarito in precedenza, è compito del contribuente farsi parte attiva del rapporto, fornire la prova del fatto costitutivo del diritto al rimborso.