Dalla Banca centrale del Giappone arrivano toni “meno falco” di quanto i mercati si aspettassero. La Bank of Japan (BoJ) ha mantenuto i tassi di interesse negativi e dichiarato che proseguirà con l’attuale ritmo di acquisti di asset. Inoltre, la BoJ ha annunciato un ulteriore ampliamento di oltre l’1% della fascia di tolleranza del programma di controllo dei rendimenti (Ycc), rivedendo così i controlli sulla curva dei rendimenti per la seconda volta in tre mesi. L’annuncio di un ulteriore allentamento del controllo sui rendimenti obbligazionari, senza rinunciare alla sua politica monetaria ultra-accomodante, ha provocato il tonfo dello yen, sceso ai minimi da 15 anni contro l’euro.
Stime sull’inflazione riviste al rialzo
Al termine del meeting di due giorni, il comitato guidato dal governatore Kazuo Ueda, ha mantenuto il tasso di riferimento a -0,1%, ma ha aumentato le previsioni sull’inflazione, attesa al 2,8% nell’anno in corso e nel 2024, rispetto al +1,9% della precedente previsione.
Secondo la BoJ, le aspettative di inflazione in Giappone sono “cresciute moderatamente”, così come il processo di ripresa dell’economia, sebbene continui l’incertezza sui mercati valutari e l’andamento dei prezzi delle materie prime come conseguenza dei rischi geopolitici.
Ueda: “Improbabile fine tassi negativi entro 2023”
Secondo il governatore della Bank of Japan, Kazuo Ueda, è improbabile che i funzionari di politica monetaria dispongano dei dati necessari per dichiarare entro fine anno la conclusione dell’era di tassi negativi. Intanto, i responsabili continuano a monitorare il materializzarsi di un ciclo di inflazione salariale. “È impossibile dire che le probabilità siano pari a zero, in verità ma mancano meno di due mesi”, ha detto Ueda, lasciando intendere che le probabilità che l’obiettivo di inflazione del 2% della BoJ venga raggiunto sono bassissime.
Piano di uscita non privo di rischi
Per il governatore Ueda il “piano d’uscita” è tutt’altro che privo di rischi: oltre alle attuali importanti incertezze geopolitiche, c’è anche (e soprattutto) il rischio che il rialzo dei tassi provochi un’impennata dei rendimenti obbligazionari che sconvolgerebbero l’obiettivo della BoJ per un “soft landing”. Anche piccoli segnali di un cambio di rotta da parte della BoJ potrebbero infatti scatenare un “sell-off” obbligazionario che infliggerebbe gravi perdite agli investitori e aumenterebbe il costo del finanziamento dell’enorme debito pubblico giapponese, che supera ampiamente il 200% del PIL.
Pacchetto anti-inflazione
L’inflazione in Giappone si è assestata al 2,8% in settembre, sopra l’obiettivo della Banca centrale (BoJ) del 2% per il 18esimo mese consecutivo.
Il premier giapponese Fumio Kishida ha annunciato un piano di sostegno all’economia del valore di 17.000 miliardi di yen, l’equivalente di poco più di 106 miliardi di euro, nell’ambito delle politiche di sostegno al potere di acquisto per i ceti medio-bassi, che continuano a essere usurati dal rialzo dell’inflazione.
Secondo il piano attuale, il governo utilizzerà circa 3.500 miliardi di yen per attuare un taglio fiscale di 40.000 yen (250 euro) a contribuente, mentre ulteriori 1.000 miliardi di yen saranno stanziati per restituire 70.000 yen alle famiglie a basso reddito. Altre misure includono sovvenzioni per abbassare i prezzi della benzina e le bollette energetiche, oltre a un piano di riqualificazione di alcune categorie di lavoratori come parte dell’impegno del governo di investire nelle risorse umane delle aziende. L’aumento dei prezzi dei beni primari colpisce le famiglie giapponesi in un momento in cui la crescita dei salari reali non riesce a tenere il passo con l’inflazione.
Kishida ha voluto sottolineare la necessità di aumenti salariali adeguati e continuativi, fornendo al contempo un supporto per contenere l’aumento del costo della vita.