Sono giunti i risultati delle operazioni di mappatura delle coste italiane. Il risultato è che soltanto un terzo è stato dato in concessione dal governo italiano ai balneari. Ciò si traduce in un 67% di spiagge libere. Un dato che pone la parola fine al tavolo tecnico presso Palazzo Chigi. Una notizia ottima per gli operatori in tale ambito, dal momento che non scatterà l’obbligo d’applicazione della direttiva Bolkestein. Non spariscono però del tutto le incertezze per i balneari, anche se fondi di centro-destra lasciano trapelare come da questa statistica si possano muovere i primi passi per una discussione proficua con la Commissione Ue.
Cos’è la Bolkestein
Prima di poter scendere nel dettaglio della situazione italiana, fronte concessioni balneari, è fondamentale spiegare cosa sia la direttiva Bolkestein di cui si sta parlando. La sua approvazione risale addirittura al 2006, per poi essere recepita nel 2010. Da molti anni continua ad accumulare proteste, soprattutto in relazione a un punto: la rimessa al bando per alcune concessioni pubbliche.
Il suo obiettivo è quello di eliminare eventuali ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori, così come alla libera circolazione dei servizi tra gli Stati. L’idea di fondo è che spariscano sempre più le barriere nell’Ue, consentendo a ogni cittadino, potenzialmente, di proporre la propria attività nei confini dell’Unione europea.
Era stato previsto il divieto della proroga per le concessioni all’uso delle aree demaniali. Problematica che coinvolgeva anche gli stabilimenti balneari. In precedenza vigeva il rinnovo automatico, mentre nel 2012 sono stati indicati i parametri da prevedere per i nuovi bandi, con durata della concessione limitata nel tempo.
La protesta dei balneari
La mappatura effettuata dovrebbe dunque evidenziare alla Commissione europea come la risorsa disponibile in Italia non sia affatto scarsa. Ciò garantirebbe la tutela del diritto di fare impresa, che la Bolkestein mira a difendere. I balneari non sono però del tutto soddisfatti da questo tavolo di lavoro. Vorrebbero infatti anche un’analisi statistica completa delle aree costiere e fluviali, così da ottenere un quadro davvero completo della penisola italiana.
Deborah Bergamini e Maurizio Gasparri hanno fatto sentire la propria voce nei giorni scorsi, in merito a questa delicata materia: “In assenza di scarsità di risorse, viene meno uno dei presupposti dell’applicabilità della direttiva Bolkestein, quindi l’obbligo di mettere a gara le concessioni in essere”. Ennesimo scontro politico con l’Ue, dunque, con l’Italia che è attualmente sotto procedura di infrazione da parte di Bruxelles. La richiesta è ben chiara: “Assegnazioni con selezione aperta, pubblicata e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”.
Le concessioni balneari vengono considerate beni pubblici e dalla disponibilità limitata, il che renderebbe il rinnovo automatico un gravoso danno, ma soprattutto un favoritismo per alcuni. Ad oggi si resta su due fronti opposti e il governo di Giorgia Meloni spera di poter intavolare una discussione proficua. A maggio, però, la Commissione Ue aveva ribadito la propria preoccupazione per i continui ritardi nelle gare. Rimbalzano intanto, da una parte all’altra del web, le accuse nei confronti dell’esecutivo. Si sottolinea, infatti, un calcolo complessivo dell’intera costa italiana, senza discriminanti. Da capire come valuterà l’Ue questa statistica.