Meloni rischia grosso: alla Manovra mancano i soldi

Mentre Meloni cerca la pace con Salvini, Giorgetti frena ridimensionando ciò che sarà la prossima Legge di Bilancio: ecco le priorità

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini si incontrano per calmare le acque e siglare almeno un patto di non belligeranza, a bordo piscina nella masseria di Ceglie Messapica che ospita la premier, mentre il leader della Lega si trova in vacanza tra Gallipoli e Monopoli. Un incontro che segue quello nell’ormai celebre trattoria di Bolgheri, da cui è scaturita la tassa sugli extraprofitti delle banche – che probabilmente sarà più un prestito che una tassa vera – e che dunque appare foriero di conseguenze politiche.

L’iter sulla Legge di Bilancio è ancora lungo. Per Fratelli d’Italia, la Manovra è quella sintetizzata ieri dal capogruppo alla Camera Tommaso Foti: “Bonus sociale per contrastare il costo delle bollette di luce e gas, taglio del cuneo fiscale, detassazione dei premi di produttività in busta paga. La persona al centro”. Poi c’è l’immigrazione, con gli sbarchi lungo le coste italiane. Non certo un boom, come questo governo continua a dire, ma, nonostante la retorica smentita dai dati, il ministro Matteo Piantedosi ha fissato un piano preciso, che prevede, tra l’altro, un’accelerazione sui rimpatri degli irregolari e pene più dure per chi aggredisca le forze dell’ordine.

Le priorità della Manovra secondo Giorgetti

Ma da Rimini, in video-collegamento, arriva la mannaia di Giancarlo Giorgetti, che mette subito in chiaro una cosa, come prova a fare da mesi: la Manovra potrebbe arrivare a circa 30 miliardi, ma almeno due terzi di questi soldi sono ancora da trovare. Insomma, “non si potrà fare tutto”: questa la sintesi, dura e pura. Sarà una Manovra in deficit.

Giorgetti spiega su cosa si concentrerà dunque la prossima Legge di Bilancio. Ospite illustre del consueto Meeting di Comunione e Liberazione, il ministro dell’Economia afferma che la Legge di Bilancio assicurerà priorità ai redditi medio-bassi, prevedendo per questi aumenti, promuoverà la crescita economica e premierà chi lavora. Un indirizzo che si dovrà basare su un approccio prudente, responsabile, pragmatico e sostenibile anche nella destinazione delle risorse a disposizione, chiarisce.

“Siamo chiamati a decidere sulle priorità di intervento”, ha affermato Giorgetti, ricordando come la composizione di una Legge di bilancio è sempre complicata perché “non si potrà fare tutto”, ma certamente “dovremo intervenire contro l’inflazione, come abbiamo fatto con la decontribuzione per i redditi medio bassi, perché è una tassa che riduce enormemente il potere di acquisto”, dice.

Sempre dal Meeting di Rimini anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso dice la sua: “Il taglio del cuneo fiscale è il modo migliore per sostenere il lavoro italiano, per incentivarlo. Noi dobbiamo assolutamente alzare la retribuzione dei salariati e, per farlo, la via maestra è rendere strutturale i due tagli al cuneo fiscale che abbiamo realizzato”. L’obiettivo è “puntare a rendere strutturali questi tagli”. Per questo “servono risorse nella Legge di bilancio e, semmai, incrementarli ulteriormente”.

In tema di investimenti, Giorgetti ha sottolineato l’importanza di creare un ambiente favorevole per l’impresa e l’imprenditore. Da un lato, in questa fase di cambiamento “il ruolo del pubblico diventa fondamentale nell’accompagnare le transizioni e quindi promuovere l’innovazione di nuova imprenditoria”, dall’altro – continua – è fondamentale premiare chi lavora, concentrandosi “sulla dimensione delle imprese ma anche sulla qualità, la giusta ed equa remunerazione del lavoro”.

Anche in sede Ue la posizione del governo Meloni è netta sulla revisione del Patto di stabilità: “Vogliamo che gli investimenti siano trattati in modo privilegiato e meglio rispetto alle spese correnti” rimarca Giorgetti. La speranza è che “quando decideremo a settembre sulle nuove regole, se ne tenga conto”, in modo che la riforma possa essere approvata entro la fine dell’anno ed entrare in vigore dal 1° gennaio 2024. Sul Pnrr, invece, ribadisce che le risorse non possono essere sprecate e devono essere usate nel modo migliore possibile perché non bisogna semplicemente fare in fretta “ma fare bene”.

A Bruxelles scotta anche il dossier Pnrr. “Per quanto riguarda questo benedetto Piano di ripresa e resilienza abbiamo queste risorse che solo parzialmente sono gratis, altre pagano il loro interesse, quindi non possono essere sprecate anche per questo motivo, che devono essere utilizzate nel modo migliore possibile” insiste il ministro.

“Non c’è solo il puntuale rispetto” del Pnrr, “fare in fretta, fare in fretta”, ma occorre anche “fare bene”. Nonostante il monito degli organismi internazionali, come il Fondo Monetari Internazionale, “se fare in fretta significa fare male, è meglio fare bene ma valutare le situazioni”, sentenzia. Il Piano nazionale “è un’occasione unica per promuovere la crescita, lo sviluppo e anche la riconversione di tante imprese in questo Paese’, ma, ribadisce, “nulla è gratis, quando si fa debito e deficit dobbiamo pensare al discorso della sostenibilità, e quando si usano le risorse pubbliche lo sforzo per utilizzarle nel modo migliore possibile deve essere sempre massimo”.

Giorgetti vede i prossimi mesi “con un governo responsabile”. “Responsabile anche in termini finanziari, ma anche che chiede all’Europa di capire il senso della storia e del momento che stiamo vivendo, altrimenti diventa tutto molto più complicato e magari anche autolesionista”. Ancora una volta rimarca che il governo non ne fa un problema di debito o mancata riduzione del debito, “ma vogliamo che gli investimenti siano trattati in modo privilegiato e meglio rispetto alle spese correnti. Non possiamo in un momento in cui siamo ancora in una situazione eccezionale tornare a delle regole ignorano la necessità di accompagnare e aiutare famiglie e imprese nella trasformazione che stiamo vivendo. Spero che in Europa quando decideremo a settembre sulle nuove regole se ne tenga conto”.

Riguardo alla crescita economica e allo sviluppo, per il titolare del dicastero di XX Settembre diventa fondamentale che tutti gli indicatori a livello internazionali che fanno riferimento al Pil tengano conto del termine “sostenibile”, non solo (non tanto) ambientale, quanto piuttosto legato alla natalità e alla previdenza: “Non si può negare il fatto che il sistema si tiene se le generazioni hanno una continuità e se c’è una solidarietà intergenerazionale”.

Allarme pensioni: perché non basteranno per tutti

E qui i nodi vengono al pettine. Il tema è esplosivo, perché, in pratica, Giorgetti ci sta dicendo – ma è la scoperta dell’acqua calda – che non c’è spazio, né risorse, per le pensioni di tutti. Brutalmente si potrebbe riassumere così: nel Belpaese ci sono troppi anziani, a fronte di sempre meno giovani e bambini, che dovrebbero via via assicurare la pensione a chi progressivamente si ritira dal lavoro.

Il tema della denatalità, che Giorgetti, dichiara, intende riproporre, è fondamentale, “non c’è nessuna riforma e misura previdenziale che tenga nel medio e nel lungo periodo con i numeri della denatalità che abbiamo oggi”. E sono proprio i numeri, con la loro fredda verità, a spiegare quanto pesa la denatalità sulla sostenibilità delle pensioni.

Il Rapporto annuale 2023 dell’Istat fotografa chiaramente una situazione in progressivo peggioramento: calano le nascite, sale il numero di over 65 in rapporto alla popolazione, diminuiscono gli individui in età attiva e più giovani. Gli effetti sulla tenuta del sistema previdenziale sono consequenziali: ci sono sempre più pensionati, si allunga il tempo medio di percezione della pensione e diminuiscono i contributi versati da chi lavora. Il sistema, evidentemente, non può reggere a lungo.

I numeri della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione in Italia

Le nascite continuano a diminuire. Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo. Nei primi quattro mesi del 2023, le nascite sono state appena 118mila. Un lento ma inesorabile declino: -1,1% rispetto al 2022, -10,7% rispetto al 2019. Il 2022, in particolare, ha segnato un nuovo record per il minimo di nascite: 393mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400mila.

Il calo delle nascite tra il 2019 e il 2022, che è stato di 27mila nuovi nati in meno, dipende per l’80% dal cosiddetto “effetto struttura”, cioè dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il restante 20% è dovuto, invece, alla minore fecondità: oggi una donna fa in media 1,24 figli, rispetto a 1,27 del 2019. A incidere c’è soprattutto il continuo rinvio della maternità a un’età “sempre più in là”: oggi l’età media al parto per le donne residenti in Italia, è di 32,4 anni.

Dall’altro lato pesa l’invecchiamento della popolazione. Gli scenari demografici prevedono un importante aumento dei cosiddetti “grandi anziani”. Nel 2041 la popolazione ultraottantenne supererà i 6 milioni, quella degli ultranovantenni arriverà addirittura a 1,4 milioni.

Oggi, nonostante l’alto numero di morti di questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui l’89,7% riguardante persone con più di 65 anni, oggi l’età media della popolazione è 46,4 anni, da 45,7 anni a inizio 2020. Gli over 65 sono 14 milioni 177mila e rappresentano ben il 24,1%della popolazione totale. Gli ultra 80enni anche sono in aumento: 4 milioni 530mila, il 7,7% degli italiani. Per non parlare degli ultracentenari, anzi delle ultracentenarie – visto che sono nella stragrande maggioranza donne – che hanno raggiunto un nuovo record storico: gli italiani con più di 100 anni sono addirittura 22mila, oltre 2 mila in più rispetto al 2022. Con conseguenze, anche, drammatiche sul fronte economico: a causa della denatalità, l’Italia rischia di perdere ben il 18% del PIL entro il 2040.