Italia a due velocità, stabilità al Nord e sfida all’occupazione al Sud

Sono usciti (dati parziali) i rendiconti sociali Inps di diverse regioni. Emerge una frattura sempre più grande tra Nord e Sud

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 11 Ottobre 2024 16:04

Stanno arrivando i nuovi rendiconti sociali Inps e i dati, ancora parziali, fotografano un’Italia che corre a due velocità. Mentre al Nord l’economia e l’occupazione mantengono una certa solidità, il Sud e le isole continuano a soffrire di un profondo divario occupazionale. I numeri raccontano una realtà di forti contrasti regionali, con Pil e tassi di disoccupazione che evidenziano la distanza tra le aree del Paese.

Come sta l’economia italiana: i dati regionali

L’andamento economico e occupazionale in Italia nel 2023 evidenzia una notevole eterogeneità tra le varie regioni del Paese. Il Pil nazionale è sostenuto principalmente dalle regioni settentrionali, con la Lombardia che si conferma come il motore economico d’Italia, contribuendo in maniera significativa con un Prodotto Interno Lordo di circa 450 miliardi di euro. Anche il Piemonte e il Trentino-Alto Adige mostrano buone performance economiche, con rispettivamente 150 e 50 miliardi di Pil.

Il mercato del lavoro continua invece a riflettere forti disparità regionali. Il tasso di disoccupazione è significativamente più basso al Nord, con valori che oscillano tra il 3,5% del Trentino-Alto Adige e il 7% della Liguria. Al Centro Italia, regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna mantengono tassi di disoccupazione intorno al 5-6%, accompagnati da un Pil solido.

Le regioni del Sud e le isole presentano invece un quadro occupazionale più complesso. La Sicilia, per esempio, si distingue per un tasso di disoccupazione estremamente alto, pari al 15,8%, seguita dalla Sardegna con un 11,7% e la Puglia con il 13,1%. Nonostante ciò, il contributo economico di queste regioni non è da sottovalutare, con la Sicilia e la Puglia che si attestano su un Pil rispettivamente di 87 e 88 miliardi di euro.

In generale, quindi, l’Italia continua a mostrare una forte dualità tra le regioni settentrionali, caratterizzate da stabilità economica e occupazionale e le regioni meridionali, che continuano a soffrire di un alto tasso di disoccupazione e un sistema economico meno dinamico.

Stesso Paese, due velocità

Il confronto tra i rendiconti palesa un’Italia che viaggia a due velocità. Nel dettaglio, il Nord Italia si conferma come la zona trainante dell’economia italiana. La Lombardia è in testa grazie a un Pil di 450 miliardi di euro e un tasso di disoccupazione stabile al 6,5%, la regione è descritta dai dati come una zona con una robusta capacità di generare ricchezza. Anche il Piemonte (Pil di 150 miliardi e disoccupazione al 6%) e il Trentino-Alto Adige (Pul di 50 miliardi e disoccupazione solo al 3,5%) seguono la tendenza positiva.

La Liguria contribuisce invece con un Pil di 43 miliardi, ma con un tasso di disoccupazione leggermente più alto al 7%, riflettendo alcune difficoltà nel mercato del lavoro.

Regione PIL (in miliardi) Disoccupazione (%)
Lombardia 450 6,5
Piemonte 150 6,0
Trentino-Alto Adige 50 3,5
Liguria 43 7,0

Nel Centro Italia, il panorama è caratterizzato da regioni che mantengono un buon equilibrio economico e occupazionale. La Toscana, con un Pil di 127 miliardi e un tasso di disoccupazione del 6,1% e l’Emilia Romagna, con un Pil di 162 miliardi e un tasso di disoccupazione del 5,5%, rappresentano i pilastri economici della zona centrale del Paese. Anche l’Umbria e le Marche mostrano tassi di disoccupazione inferiori rispetto alla media nazionale, rispettivamente al 6,8% e 5,2%, ma con Pil più contenuti a causa della loro dimensione più ridotta.

Regione PIL (in miliardi) Disoccupazione (%)
Toscana 127 6,1
Emilia Romagna 162 5,5
Umbria 23,7 6,8
Marche 47 5,2

Il Sud Italia al contrario continua a lottare con tassi di disoccupazione più elevati rispetto alle altre aree del Paese. La Puglia ha un Prodotto Interno Lordo significativo di 88 miliardi (trainato dal turismo), ma un tasso di disoccupazione elevato, pari al 13,1%. Anche la Sicilia, con un Pil di 87 miliardi, soffre di un tasso di disoccupazione tra i più alti d’Italia, al 15,8%.

In Sardegna, con un Pil di 35 miliardi e un tasso di disoccupazione dell’11,7%, si osserva una stabilità economica relativa rispetto alla Sicilia, ma il mercato del lavoro continua a presentare segni di debolezza. La disoccupazione giovanile e il numero elevato di lavoratori precari sono problematiche comuni anche in questa regione.

Sono dati che evidenziano la persistente sfida socioeconomica nel Sud, dove l’inclusione nel mercato del lavoro e l’occupazione giovanile si devono scontrare con una minor attenzione da parte delle politiche centrali.

Regione PIL (in miliardi) Disoccupazione (%)
Puglia 88 13,1
Sicilia 87 15,8
Sardegna 35 11,7

Pensione e calo demografico: un altro paio di maniche

Uno dei temi più rilevanti emersi dai rendiconti sociali è il legame tra l’andamento del sistema pensionistico e la dinamica demografica. Nelle regioni del Nord e del Centro, dove la popolazione è mediamente più anziana e i pensionati rappresentano una quota importante della popolazione attiva, si nota un crescente interesse per la sostenibilità del sistema pensionistico.

Al Sud e nelle Isole, la situazione è altrettanto critica, non tanto per l’ammontare delle pensioni, quanto per il basso numero di giovani lavoratori che contribuiscono al sistema. Il calo demografico, soprattutto nelle aree rurali e nelle regioni meridionali, accentua la generale preoccupazione, con un numero crescente di pensionati rispetto ai contributori attivi.

In regioni come la Sicilia e la Puglia, l’invecchiamento della popolazione combinato con un alto tasso di disoccupazione giovanile pone delle sfide significative. Allo stesso tempo, nelle regioni del Nord, il numero medio delle pensioni liquidate è generalmente più alto, grazie a una popolazione più attiva dal punto di vista occupazionale.

Il calo demografico non è solo una questione economica, ma anche sociale. Le regioni del Sud e delle isole vedono un costante saldo naturale negativo, con un numero di decessi che supera quello delle nascite. Il trend, unito all’emigrazione giovanile verso le regioni settentrionali o verso l’estero, crea una pressione crescente sulle strutture di welfare regionali. Anche in questo caso, fanno notizia le affermazioni del governo Meloni che vogliono far cadere il peso della natalità sulle donne, con il tema della “maternità” che si fa politico. Eppure il problema è prima di tutto economico: dove mancano opportunità si fanno meno figli e sempre più persone scelgono di diventare in tutto e per tutto childfree.