Inflazione in calo in USA ed Eurozona, taglio anticipato dei tassi?

Una serie di dati positivi sull'inflazione sostengono le attese di una inversione di tendenza nelle politiche delle banche centrali

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Redazione

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Negli scorsi giorni sono arrivati dati confortanti sul fronte dell’inflazione su entrambe le sponde dell’atlantico, tanto che gli analisti di Bank of America hanno ribattezzato la settimana appena conclusa “(dis)inflation week“, affermando che i dati emersi sostengono le aspettative per cui le due principali banche mondiali per influenza – ovvero la Federal Reserve statunitense e la Banca centrale europea – inizieranno a tagliare i tassi di interesse nella prima metà del 2024. Queste ipotesi arrivano dopo un ciclo di inasprimento monetario che non si vedeva da decenni con l’alto costo del denaro che sta frenando l’economia, soprattutto nel Vecchio Continente, mentre l’economia americana sembra più resistente.

L’inflazione nell’Eurozona

Per quanto riguarda il Vecchio Continente, giovedì Eurostat (ovvero l’ufficio statistico dell’Unione europea) ha comunicato che la stima flash sull’inflazione complessiva dell’area euro è scesa al 2,4% annuo a novembre 2023 dal 2,9% del mese precedente, diminuendo più delle attese degli analisti (2,7%) e stabilizzandosi su un minimo da luglio 2021. L’inflazione core, ovvero quella che non tiene conto delle componenti più volatili, si è moderata al 3,6% dal 4,2%, anche in questo caso diminuendo a un tasso più rapido delle aspettative del mercato (3,9%).

Gli analisti di Intesa Sanpaolo hanno fatto notare che “ancora una volta, il calo tendenziale riguarda tutte le principali componenti“, ed evidenziano alcuni aspetti, come il fatto che i beni industriali non energetici sono calati per la prima volta sotto il 3% da febbraio 2022 e che “un’importante buona notizia è arrivata dai servizi“, calati in maniera significativa in novembre, a 4% (-0.9% m/m) da 4,6%.

I dati di novembre lasciano quindi sperare in un possibile taglio dei tassi della BCE, ma viene aggiunto che “benché il bicchiere sia mezzo pieno, il percorso dell’inflazione non sarà privo di insidie” e “la bilancia dei rischi sul profilo atteso di inflazione pende ancora, seppur in minor misura, verso l’alto per via di possibili nuovi shock sulle componenti più volatili (energia ed alimentari)”.

Il PCE negli USA

A fornire sollievo agli investitori negli Stati Uniti non è stata l’inflazione nella sua misura standard, ovvero l’indice dei prezzi al consumo, ma un altro dato, comunque molto osservato dalla banca centrale. Si tratta dei consumi personali (PCE), che secondo secondo il Bureau of Economic Analysis sono sono aumentati dello 0,2% a ottobre 2023 dopo il +0,7% del mese precedente e hanno centrato quanto stimato dagli analisti. Il PCE price index core ha evidenziato una variazione positiva dello 0,2% su mese (rispetto al +0,2% atteso e +0,3% registrato il mese precedente) e del 3,5% su anno (+3,7% il mese precedente, +3,5% le attese).

Nella stessa giornata è emerso anche che le richieste ricorrenti di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti sono balzate al livello più alto in circa due anni, evidenziando un raffreddamento del mercato del lavoro.

“Abbiamo una crescita modesta e un raffreddamento dell’inflazione e del mercato del lavoro: esattamente ciò che la Fed vuole vedere – ha commentato James Knightley, Chief International Economist di ING – Ciò dovrebbe confermare che non è necessario alcun ulteriore inasprimento della politica della Fed”. L’economista della banca olandese si aspetta tagli dei tassi da parte della Fed dal secondo trimestre in poi.

Le stime più ottimistiche sui tassi

Questi dati, come detto, hanno portato gli analisti a ipotizzare tagli ai tassi di interesse addirittura in anticipo a quanto previsto in precedenza, nonostante i banchieri centrali – nelle loro recenti uscite pubbliche – stiano continuando a ripetere che è prematuro parlare di riduzione dei tassi e di inversione del processo di inasprimento monetario.

Sia l’inflazione PCE statunitense che quella core dell’area euro hanno mostrato “un consolidamento del processo disinflazionistico”, che supporta l’aspettativa che la Fed e la BCE inizino ad allentare i tassi nel giugno 2024; tuttavia, “un taglio anticipato da parte della BCE non è più impensabile“, hanno detto Claudio Irigoyen e Antonio Gabriel, Global Economist di Bank Of America.

Focalizzandosi sull’Europa, Nadia Gharbi, Senior Economist di Pictet Wealth Management, ha detto invece che “dal punto di vista della politica monetaria, i dati di novembre saranno molto difficili da ignorare per i falchi della BCE. È un dato di fatto: l’inflazione sta diminuendo molto più velocemente di quanto previsto dalla BCE, aumentando così la pressione sulla riduzione dei tassi. Abbiamo previsto un primo taglio dei tassi per giugno 2024, ma i rischi sono orientati verso una data più vicina”.