L’inflazione fa meno paura? Guerra Bce non è ancora vinta

Negli scorsi giorni sono giunti dati confortanti per quanto riguarda i prezzi al consumo in Eurozona e USA, ma gli esperti invitano alla cautela nel cantar vittoria contro il rialzo del costo della vita

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Redazione

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Questa settimana sono arrivati dati confortanti sul fronte dell’inflazione, su entrambe le sponde dell’Atlantico, suggerendo che i costanti aumenti dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea e della Federal Reserve stanno riuscendo a frenare l’incremento dei prezzi

Inflazione giù in Ue

Venerdì è emerso che l’inflazione dell’area euro è calata più delle attese a settembre, al 4,3% su base annua (+0,3% m/m) dal 5,2% di agosto, secondo la lettura flash pubblicata da Eurostat; il dato rappresenta un minimo da ottobre 2021. Ulteriori buone notizie continuano ad arrivare dagli indici al netto delle componenti più volatili, diminuiti anch’essi più delle attese di consenso: l’indice core BCE (al netto di energia e alimentari freschi) è sceso per la sesta volta a 5,5% (0,2% m/m) da 6,2% precedente, un minimo da oltre un anno, mentre l’inflazione al netto di generi alimentari, energia, alcol e tabacco – osservata dalla BCE come migliore indicatore della tendenza di fondo – è scesa al 4,5% dal 5,3%, il calo maggiore da agosto 2020.

Strada ancora lunga

La strada è stata lunga e complessa, ma quantomeno il calo dell’inflazione nell’eurozona è stato più significativo del previsto”, ha commentato Ulrike Kastens, Economista Europea di DWS, aggiungendo che “tutto sommato, ci sono molti elementi che fanno pensare che il tasso d’inflazione si attesterà tra il 3 e il 3,5% entro la fine dell’anno“. Nonostante l’ottimismo, “è troppo presto per dichiarare vittoria – ha sottolineato – È probabile che le pressioni sui prezzi rimangano elevate, soprattutto sui prezzi dei servizi, data l’alta intensità del costo del lavoro. Inoltre, l’aumento dei prezzi amministrati persisterà fino al 2024, per cui l’obiettivo di inflazione del 2% probabilmente non sarà raggiunto nel 2024″.

Italia più sacrificata

In Italia, in controtendenza con le principali economie dell’area euro, l’inflazione è calata meno delle attese, passando al 5,3% dal 5,4% di agosto sull’indice nazionale, ed è cresciuta (contro attese di un calo) al 5,7% dal 5,5% sull’armonizzato

“L’inflazione italiana calerà nei mesi finali dell’anno per via di effetti base favorevoli sulla componente energia ma probabilmente meno delle attese – ha commentato Aniello Dell’Anno, economista per l’area euro di Intesa Sanpaolo – Giovedì, l’ARERA ha annunciato un aumento della bolletta elettrica nel mercato tutelato del +18,6% nel quarto trimestre, mentre il patto anti-inflazione promosso dal governo potrebbe non essere sufficiente a rallentare significativamente la crescita tendenziale dei prezzi. In prospettiva, l’inflazione potrebbe attestarsi al 3% (sul CPI) a fine anno, e scendere, temporaneamente, poco sotto il 2% solo ad inizio 2025. L’indice al netto di alimentari freschi ed energia è stimato al 3,8% a fine 2023 e al 2,3% a dicembre 2024″.

USA già vicini a stabilizzazione tassi

Dati che fanno ben sperare sono giunti, sempre nella giornata di venerdì, anche dagli Stati Uniti. Escludendo le componenti volatili di cibo ed energia, l’indice dei prezzi PCE ha guadagnato lo 0,1% ad agosto, dopo l’aumento dello 0,2% di luglio. Il cosiddetto indice dei prezzi PCE core – molto osservato dalla FED – è aumentato del 3,9% su base annua ad agosto, a un livello inferiore del 4,3% del mese precedente. La banca centrale statunitense tiene infatti conto degli indici dei prezzi PCE per raggiungere il proprio obiettivo di inflazione del 2%. La scorsa settimana la FED ha mantenuto i tassi d’interesse fermi, ma ha rafforzato l’orientamento “hawkish” di politica monetaria.

“La misura dell’inflazione preferita dalla Fed è risultata inferiore alle aspettative e ha rafforzato la tesi che la Fed non aumenterà i tassi nel trimestre in corso – ha commentato James Knightley, Chief International Economist di ING – Ma le enormi revisioni al rialzo dei risparmi delle famiglie suggeriscono che i consumatori possono rimanere più resilienti di quanto pensassimo e sostengono la tesi che la Fed mantenga una politica monetaria più restrittiva più a lungo”.