Tassi d’interesse, fine dei rialzi più vicina in Ue e Usa

Un'inflazione in calo in Europa e un mercato del lavoro meno teso negli USA hanno alzato le scommesse per la fine dell'aumento dei tassi da parte di BCE e Fed

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

La Federal Reserve statunitense e la Banca centrale europea sono sempre più vicine e mettere fine al loro inasprimento monetario, ovvero all’impressionante sequela di aumenti dei tassi di interesse messa in campo per combattere un’inflazione eccessivamente alta. È quanto emerge dai commenti e dalle ricerche di importanti economisti e analisti dopo la diffusione dei dati macroeconomici di questa settimana, i quali hanno mostrato come i rialzi dei tassi – e quindi del costo del denaro – abbiano avuto efficacia nel raffreddare l’economia. Una convinzione che risulta in contrasto con quanto emerso qualche giorno fa al meeting delle banche centrali di Jackson Hole.

Qui per capire l’effetto sui mutui dei rialzi dei tassi intervenuti nell’ultimo anno. Vedi anche le previsioni di inizio anno di Christine Lagarde (Bce).

Fed e mercato del lavoro

Negli Stati Uniti, venerdì è emerso che gli occupati non agricoli sono aumentati di 187.000 posti di lavoro a luglio, un numero più alto delle attese. Tuttavia, il tasso di disoccupazione è salito al 3,8%, oltre il 3,5% previsto, la retribuzione oraria media è salita del 4,3% su base annua, sotto le aspettative di un aumento del 4,4%.

“Il rapporto sull’occupazione di agosto negli Stati Uniti mostra una crescita modesta dell’occupazione, pressioni salariali favorevoli e un forte aumento del tasso di disoccupazione mentre il mercato del lavoro rallenta – ha commentato James Knightley, Chief International Economist di ING – Con l’inflazione destinata a continuare a rallentare, la Fed sicuramente non alzerà i tassi di interesse a settembre ed è improbabile che lo faccia a novembre”.

La Fed ha aumentato il tasso di riferimento di altri 25 punti base a luglio, portandolo in un intervallo compreso tra il 5,25% e il 5,5%, un livello massimo in 22 anni, e proiezioni più recenti dei banchieri centrali prevedevano un ulteriore aumento del tasso nel 2023. Ma ora gli investitori dubitano sempre più che ciò avverrà.

BCE e inflazione

Per l’eurozona il dato clou della settimana è stato quello dei prezzi al consumo – ovvero dell’inflazione – per il mese di agosto, che si è mantenuta inaspettatamente stabile, anche se la crescita dei prezzi di fondo è rallentata come previsto. L’inflazione generale è infatti rimasta al 5,3%, contro le aspettative di un calo al 5,1%, mentre il dato cruciale dell’inflazione core – che esclude i prezzi volatili di cibo ed energia – è sceso al 5,3% dal 5,5% di luglio, come previsto.

Negli ultimi 13 mesi, la BCE ha alzato i tassi a ogni riunione, passando dal territorio negativo ai massimi di oltre due decenni, e i banchieri centrali si trovano a dover decidere se interrompere il ciclo restrittivo o se effettuare quello che, con ogni probabilità, sarà l’ultimo aumento il 14 settembre. Nel caso optassero per un altro rialzo di 25 punti base, il tasso sui depositi raggiungerebbe il 4%.

Le opinioni di chi non vede questo succedere si stanno però rafforzando. Venerdì Morgan Stanley ha affermato che gli ultimi dati macroeconomici della zona euro indicano che la BCE non aumenterà ulteriormente i tassi di interesse, mentre in precedenza la banca d’affari USA prevedeva un ulteriore aumento a settembre. Gli analisti hanno notato che il calo dell’inflazione dei servizi in agosto al 5,5% potrebbe diventare un fattore cruciale nel sostenere la tesi secondo cui un picco dell’inflazione core è ora nel passato.

Questa tesi è supportata da altri esperti. “L’inflazione complessiva non è scesa ulteriormente ad agosto. Tuttavia, ciò è dipeso dagli effetti dei prezzi dell’energia – ha fatto notare Tomasz Wieladek, Chief European Economist di T. Rowe Price – L’inflazione core è ciò che conta davvero per le decisioni immediate della BCE, come ha sottolineato la Presidente Lagarde nel suo discorso a Jackson Hole. L’inflazione core dell’area euro è rallentata dal 5,5% di luglio al 5,3% di agosto, in linea con le aspettative del consenso. È importante notare che l’inflazione dei servizi, misurata da Eurostat, è diminuita in modo significativo”.