Assist Ue all’Italia per non perdere il PNRR: “Usatelo per fabbricare armi”

Inatteso assist da Bruxelles al governo Meloni, che rischia di perdere metà dei fondi del Next Generation per incapacità di mettere a terra i progetti. Scoppia inevitabile la polemica.

Foto di Paolo Viganò

Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

“I Paesi membri che lo desiderano potranno utilizzare parte dei fondi del Pnrr per le munizioni”. Lo ha detto il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, presentando il nuovo piano per produrre in Europa un milione di munizioni all’anno, ‘Act in support of ammunition production (Asap)’. Il Recovery fund “è stato specificatamente costruito per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza. Intervenire puntualmente per sostenere progetti di industriali che vanno verso la resilienza, compresa la difesa, fa parte di questo terzo pilastro”, ha evidenziato il commissario.

Assist all’Italia

Si tratta di un clamoroso e inatteso assist per l’Italia e per il governo presieduto da Giorgia Meloni, che ha enormi difficoltà nel mettere a terra i progetti definiti dal PNRR e che con ogni probabilità dovrà rinunciare ad almeno metà dei 209 miliardi a disposizione proprio per burocrazia e inefficienze varie. Tanto che dentro la stessa maggioranza c’è chi, come la Lega per bocca del capogruppo Molinari, preferirebbe rinunciare ai fondi piuttosto che trovarsi incapace di spenderli.

Decisiva la guerra in Ucraina

Il concetto di resilienza viene dunque allargato alla produzioine militare in virtù del conflitto in atto in Ucraina, laddove si intende difendere il trerritorio ucraino – alle porte dell’Ue – dall’attacco russo. Il senso di urgenza è tutto condensato nell’acronimo: “Asap”, che sta sì per “Act in support of ammunition production”, ma vuol dire pure “fare al più presto”. Per dare “ai soldati ucraini sufficienti armi per proteggere il loro Paese” e “per rafforzare le nostre capacità di difesa”, ha spiegato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

“Dobbiamo rafforzare le catene di approvvigionamento, compresi polveri ed esplosivi”, ha detto ancora Breton, ribadendo l’impegno condiviso con la Nato di arrivare al 2% del Pil per la difesa in ogni Paese dell’Alleanza, un requisito essenziale “per adattarci alla nuova configurazione geopolitica”. E se la coperta dei finanziamenti Ue per la difesa può sembrare troppo corta, ecco il salvagente di Bruxelles: per la fabbricazione di munizioni e missili potranno essere mobilitati anche i fondi dei Pnrr e quelli della coesione.

Il cuore della proposta è un finanziamento Ue di 500 milioni di euro. Con l’effetto leva, attraendo soldi degli Stati membri e privati, l’obiettivo è arrivare a un miliardo di euro. Risorse che serviranno a fornire sovvenzioni per aiutare l’industria europea della difesa ad aumentare la produzione.

Polemica politica

Inevitabilmente la frase di Breton ha suscitato un polverone in Italia: “I Paesi che lo vorranno potranno utilizzare i fondi del Pnrr per aumentare la produzione delle munizioni”.

“Non permetteremo – ha dichiarato il leader del M5s Giuseppe Conte – che i 209 miliardi del Pnrr possano essere usati per armi e munizioni anziché per asili nido, sanità e ambiente. Quei fondi servono a far rialzare l’Italia non a fare la guerra». “Io – tuona via Twitter anche il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni – avevo capito che il Pnrr fosse il piano per risollevare i Paesi europei dal disastro della pandemia. Invece scopro che serve ad ingrassare le industrie belliche del Continente”.