Scatta l’allarme latte in tutta Italia: cosa sta succedendo

Da mesi i costi del latte continuano a crescere, ma le aziende del settore rischiano il collasso. Perché uno dei motori dell'economia italiana rischia grosso

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

In questo caldo agosto segnato dalla campagna elettorale e dalle numerose novità introdotte dal governo Draghi (le misure previste dal decreto Aiuti bis per esempio, che trovate riassunte qui, per sostenere famiglie e imprese in un momento particolarmente delicato come questo in cui il prezzo dell’energia è salito alle stelle), sono diversi anche i problemi che si riscontrano nella spesa degli italiani.

Tra le altre cose, oltre la crisi dell’acqua gasata, e i rischi che potrebbero verificarsi per la birra, sono diversi i prodotti che, anche per via della siccità che ha colpito il mondo questa estate – la più grave degli ultimi 70 anni, dicono gli esperti – stanno registrando seri problemi, con prezzi delle materie prime letteralmente schizzati alle stelle e rischio di gravi carenze.

Cosa sta succedendo al latte

E’ il caso ad esempio del latte. Da mesi, anche a causa della guerra in Ucraina, i costi continuano a crescere, mentre i prezzi dei prodotti finiti non aumentano o lo fanno di pochissimo. A denunciare la situazione attuale è Assolatte, che raggruppa circa 250 aziende della trasformazione del latte che rappresentano circa il 90% del mercato del nostro Paese.

Assolatte evidenzia come la distribuzione “continua a fare tappo, frena, insiste a proporre offerte e prezzi troppo bassi, scaricando sulle industrie la stragrande maggioranza degli aumenti a monte”. Una situazione che definisce “insostenibile, insopportabile e inaccettabile”.

Senza contare quello che non esita a chiamare lo “tsunami” che ha colpito gas, energia e imballaggi, con aumenti addirittura a due e a tre cifre. Insomma, il punto è che il latte ha raggiunto valori fino a poco tempo fa inimmaginabili.

Quanto costa oggi il latte

Ad aiutarci a capire meglio la questione ci sono i numeri: lo scorso anno, in queste stesse settimane estive, lo spot toccava a malapena i 39 centesimi, il latte alla stalla ne costava 38. Oggi, il primo è aumentato del 66% e viaggia su valori superiori ai 65 centesimi, mentre il secondo ha sfiorato un aumento del 42%, toccando i 55 centesimi.

E per i prossimi mesi le cose non andranno meglio: con lo spot che continua la sua corsa verso l’alto e i contratti per l’autunno per forza più cari, il prezzo del latte alla stalla arriverà persino a quota 60 centesimi. Questa la previsione di Assolatte per Lombardia e Nord Italia in generale, mentre in molte regioni del Sud la situazione è ancora più critica perché il latte potrebbe arrivare a costare anche di più.

Il tutto in un periodo in cui stanno salendo i prezzi di tutto il settore alimentare a causa dell’aumento del gas, +653% in un anno, dell’energia, +236% in un anno, e degli imballaggi, con la plastica che è arrivata a costare il 26% in più rispetto allo scorso anno.

I problemi dei costi si aggiungono, lamenta Assolatte, a quelli collegati alle nuove regole sulle pratiche sleali e i relativi tempi di pagamento delle fatture. “Siamo tutti coscienti della necessità di garantire i migliori prezzi possibili ai consumatori, ma siamo convinti di due cose” spiegano i produttori di latte.

Cosa dovrebbe cambiare

Prima di tutto che bisogna dare al cibo di qualità il suo giusto valore. Oggi una famiglia italiana per comprare latte, formaggi, yogurt e burro spende in media 60 centesimi al giorno a persona, una “cifra ridicola, poco più di mezzo euro per garantirsi prodotti derivanti dal latte. “Alimenti buoni e di ottima qualità, che tutto il mondo ci invidia, che non possono costare così poco, e che meritano di essere valorizzati meglio sugli scaffali della distribuzione” attacca il presidente di Assolatte Paolo Zanetti.

Le imprese chiederebbero un aumento da 60 a 80 centesimi di costo per consumo medio. I prezzi dei prodotti finiti sono cresciuti molto meno dei costi di produzione. I dati più recenti sul carrello della spesa parlano di un aumento del +8,2 su base annua. Il punto è che la filiera lattiero casearia non ha molta marginalità e, se il costo della materia prima aumenta, si rischia il  collasso.

Inoltre, “il corretto posizionamento sarebbe un giusto riconoscimento per le imprese di trasformazione, un patrimonio per il Paese, le regioni, i territori”. Se non si troveranno soluzioni, molte aziende si troveranno costrette a chiudere o svendere la propria azienda.

Gli effetti drammatici della siccità

In questa fase poi il problema è legato anche alla siccità. In alcune aree del Paese, come in Lombardia, si sta registrando una produzione di latte fino al 40% in meno a causa delle alte temperature. Secondo i dati storici in possesso di Confagricoltura Brescia, ad esempio, il calo fisiologico medio per le temperature estive si attesta intorno al 15-20%, ma in questa estate 2022 le riduzioni sono quasi raddoppiate, toccando -30 e -40% rispetto alla primavera.

Ad aggravare la situazione, c’è anche un altro fattore: gli allevatori sono stati costretti a modificare le razioni alimentari a causa dell’aumento dei costi delle materie prime come soia e proteine, fornendole meno concentrate.

Al fine di limitare l’impatto degli aumenti del latte in tutto il Paese, Assolatte ha proposto da tempo l’azzeramento dell’Iva sui prodotti del settore, che oggi per il latte, come per altri prodotti alimentari a rischio per l’Italia come semi di girasole, pasta, legumi e succhi di frutta, è al 4%.

Gli allevamenti stanno vivendo una fase durissima in tutta Italia. E pure in Europa le cose non vanno meglio. Anche uova e carne hanno raggiunto prezzi record. Il prezzo della carne nell’Unione europea a giugno è salito del 12%, l’aumento più consistente di sempre. Un momento durissimo per l’intero settore agricolo. Gli studi in atto hanno rilevato aumenti vertiginosi: +170% per i concimi, +90% per i mangimi , +129% per il gasolio.