Dopo la conferma da parte di Macron, Draghi e Scholz sulle legittime pretese europee dell’Ucraina (ne abbiamo parlato qui), anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, apre all’adesione del Paese all’Ue confermandone lo status di candidato. A patto però che Kiev soddisfi determinate condizioni e operi alcune riforme.
Il dossier, che sarà sottoposto al voto e al giudizio del prossimo Consiglio europeo, ridisegnerà i confini comunitari e modificherà gli equilibri internazionali. E avrà ovviamente un costo.
Le condizioni dell’Ue per l’adesione dell’Ucraina
Il governo ucraino ha compilato da tempo i documenti necessari per la candidatura a Paese membro, consegnando il secondo questionario compilato il 9 maggio. Per riuscire nell’intento, Kiev ha bisogno del sostegno di tutti i 27 Stati Ue. Se però da un lato alcuni di questi sostengono apertamente la prospettiva, come l’Italia, altri tentennano ancora (qui trovate tutti i requisiti necessari all’ingresso nell’Ue).
Come ribadisce la von der Leyen, la prima condizione riguarda una serie di riforme, in particolare per quanto riguarda lo Stato di diritto. Una questione che vede l’Ucraina ancora in alto mare, secondo gli analisti, e che non può essere soggetta a “sconti”. Ne sanno qualcosa i Paesi balcanici come Serbia e Albania, che aspettano da tempo l’ok dell’Ue sul tema. Per non parlare della Turchia, che figura come Paese candidato dal 1999. Un altro punto su cui insiste l’Europa è la necessità di creare un clima di fiducia per gli investimenti privati.
Secondo le norme attuali, per aderire all’Unione uno Stato deve:
- essere uno Stato europeo (articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea, noto anche come Trattato di Maastricht);
- rispettare i principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto (articolo 6);
- rispettare una serie di condizioni economiche e politiche conosciute come criteri di Copenaghen (tra cui l’esistenza di un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Ue).
Quanto tempo ci vuole?
In molte sedi si è sentito parlare di un “ingresso immediato” dell’Ucraina nell’Unione Europea, ma lo status di Paese candidato non dà diritto all’adesione automatica. Potrebbero anzi volerci decenni per completare il processo.
Una volta ottenuto lo status di candidato, infatti, comunità e Stato aspirante devono intavolare negoziati su 35 materie per armonizzare il sistema del Paese alle norme comunitarie. L’Ucraina dovrà partecipare inoltre a trattative bilaterali con ogni singolo Stato membro e dopo riferire alla Commissione europea. Tocca infatti a quest’ultima fissare i parametri per ogni capitolo e le date per il raggiungimento degli obiettivi in ciascuno dei 35 ambiti.
Per citare un esempio calzante, alla Croazia è servito un intero decennio per completare il tutto, nonostante fosse uscita da un bel pezzo dal caos delle guerre balcaniche degli Anni Novanta. Il caso dell’Ucraina sembra ancora più complesso, in quanto oggetto di sensibilità e opinioni diverse all’interno dell’Unione. A favore di un suo ingresso accelerato spingono Estonia, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia. Protestano apertamente invece quelle nazioni che da anni stanno negoziando senza vedere la luce in fondo al tunnel: la Macedonia del Nord ha ottenuto lo status di candidato nel 2005, il Montenegro nel 2010, la Serbia nel 2012 e l’Albania nel 2014.
Di umore “freddo” sulla reale possibilità di ingresso rapido dell’Ucraina sono invece la Germania, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo e la Francia. È stato proprio Emmanuel Macron a sottolineare che “bisogna essere chiari: anche concedendo lo status di candidato, sappiamo tutti perfettamente che il processo durerà decenni”.
Quanto ci costerà l’ingresso ucraino in Europa?
Anche se può apparire cinico con una guerra in corso che provoca morte e distruzione, l’Europa è tenuta a tenere in alta considerazione i costi della ricostruzione post-bellica e il ruolo che l’Ucraina potrà ricoprire per il futuro del blocco.
Per quanto riguarda il primo punto, le stime non sono semplici né definitive. Sul futuro dell’Ucraina regna la più totale incertezza, a partire dall’esito della guerra e dallo stato venturo della sua integrità territoriale. Una cosa è però certa: i costi della ricostruzione saranno immensi. Il governo Zelensky parla addirittura di mille miliardi di dollari, di cui un decimo servirà solo per i danni alle infrastrutture. Ma non è finita qui: come ogni Stato, anche l’Ucraina ha assoluta necessità di tenere in piedi la fornitura di servizi pubblici (dagli stipendi alle spese sociali) che, secondo quanto comunicato dal presidente ucraino direttamente a Ursula von der Leyen, richiede tra i 5 e i 7 miliardi di euro al mese.
Si diceva che per poter entrare nell’Ue un Paese deve far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale dell’Eurozona. L’Ucraina non potrebbe essere più lontana da questo obiettivo. Come noto, la guerra ha messo in ginocchio l’economia del Paese e quella di moltissime altre nazioni (dalla crisi del grano a quella del gas, passando per l’acciaio e le materie prime) e reso sempre più urgente la messa a punto di aiuti a favore delle aziende colpite e affossate dal conflitto.
Secondo le stime di Kiev, circa un terzo delle imprese nazionali ha completamente interrotto le proprie attività, mentre quasi la metà ha ridotto la produzione. In particolare, scrive Bloomberg, “la guerra ha colpito il settore agricolo, una delle attività economiche centrali del Paese, poiché grandi porzioni di terra non possono essere utilizzate, gli agricoltori devono far fronte a costi crescenti e le esportazioni sono ostacolate”.
Ci sono poi i calcoli di istituti specializzati. La Kyiv School of Economics sostiene che il costo complessivo della guerra per l’economia ucraina sia di 600 miliardi di dollari. Un’analisi del Center for economic policy research, prestigioso think tank con sede a Bruxelles, stima invece che gli aiuti esterni necessari alla ricostruzione (al netto dell’apporto nel tempo delle stesse casse ucraine) potrebbero variare tra i 200 e i 500 miliardi di euro.
Pericoli e svantaggi
L’ingresso dell’Ucraina nell’Ue pone inoltre importanti interrogativi e incertezze in ambito politico e di sicurezza. Non solo: secondo gli analisi sarebbero a rischio anche funzionalità, stabilità e coesione dell’Unione stessa, tali da sconsigliare realisticamente di iniziare un percorso del genere.
Se ad esempio la guerra finisse, come tantissime altre, senza risolvere definitivamente le contese territoriali, con l’Ucraina anche l’Europa (e quindi anche l’Italia) si troverebbe direttamente coinvolta nella disputa con la Russia, che come è noto controlla vari territori separatisti. Il che significherebbe intervento militare con l’esercito di Putin.
I casi di Moldova e Georgia
Anche Moldova e Georgia hanno presentato ufficialmente richieste di adesione all’Ue dopo l’invasione russa dell’Ucraina. La tentazione di “sottrarre” alla Russia altri Paesi del blocco orientale è forte, ma si scontra con le questioni di fattibilità già analizzate per il caso ucraino (la “profezia nera” sui confini ucraini: cosa ha detto Medvedev).
Anche questi due Paesi sono infatti lacerati da dispute territoriali: in Georgia l’Ossezia del sud è de facto controllata dalla Russia al pari dell’Abkazia, mentre in Moldova la Transinistria è rivendicata da Chisinau ma è di fatto protettorato russo.