Legge sull’aborto, in Italia può essere abrogata come in America?

In Italia la legge sull’aborto può essere abrogata? Così come successo in America, alle donne potrebbe essere negato tale diritto? Proviamo a fare chiarezza

Da diversi giorni non si parla d’altro: la Corte Suprema degli Stati Uniti ha riconosciuto ai singoli stati del Paese la possibilità di vietare l’aborto all’interno della propria giurisdizione. La decisione, ovviamente, ha fatto grande scalpore, riaccendendo il dibattito anche in Italia.

Ma, così come successo in America, da noi la legge sull’aborto può essere abrogata? Alle donne potrebbe essere negato tale diritto?

Proviamo a fare chiarezza.

Legge sull’aborto, cosa è successo in America e cosa cambia dopo la decisione della Corte Suprema

Nel 1973, la Corte Suprema statunitense aveva stabilito con la sentenza Roe v. Wade, 410 US 113, che le donne incinte avevano diritto all’aborto durante i primi tre mesi di gravidanza, ammettendo restrizioni legali e divieti a partire dal secondo e terzo trimestre. In questo modo non solo veniva attribuita libertà di scelta alle donne, ma l’aborto diventata ufficialmente un diritto riconosciuto dalla Costituzione.

Venerdì 24 giugno, però, ben 49 anni dopo, cinque dei sei giudici nominati dal partito repubblicano si sono espressi di nuovo sulla questione, sostenendo che non c’era alcuna base per riconoscere il diritto costituzionale all’aborto e consentendo di fatto agli stati di vietare le interruzioni di gravidanza volontarie prima delle 12 settimane di gestazione.

L’aborto non diventerà automaticamente illegale negli Stati Uniti, ma ora i singoli stati potranno decidere se e come consentirlo. Inevitabilmente, per molte donne americane questo si tradurrà nell’impossibilità di scegliere cosa fare con il proprio corpo. Basti pensare che, negli ultimi dieci anni, diversi stati hanno cercato di approvare leggi che rendessero illegale l’aborto (consentendolo solo in alcune circostanze, per esempio quando è a rischio la vita della donna incinta). Alcuni di questi provvedimenti, tuttavia, sono stati annullati dai tribunali di grado inferiore, poiché risultavano violare la Roe v Wade. Ma ora probabilmente, eliminato “l’ostacolo” principale, torneranno in vigore.

Secondo il Guttmacher Institute (un’organizzazione di ricerca pro-choice fondata nel 1968 che lavora per studiare, educare e promuovere la salute ei diritti sessuali e riproduttivi), sarebbero circa già 20 gli Stati americani che si stanno muovendo per limitare l’accesso all’aborto alle donne. Alcuni intendono vietare l’aborto fin dal momento del concepimento, altri stanno introducendo divieti a partire da sei o più settimane. Tutti sembrerebbero d’accordo nel consentirlo quando è a rischio la vita della madre.

Nessuno ha fatto fino ad ora sapere di voler perseguire le donne che hanno tentato o tenteranno di porre fine alla gravidanza, ma ci saranno sanzioni penali per chi pratica l’aborto senza rispettare le nuove restrizioni e anche per chi cerca di aiutare le persone ad abortire.

La legge sull’aborto in Italia

Riaccesosi il dibattito sulla questione, anche nel nostro Paese si è tanto discusso in questi giorni sulle interruzioni di gravidanza e il diritto di scelta di una donna.

Oggi in Italia la donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194/78, che descrive con chiarezza le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza, ovvero:

  • esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti;
  • aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all’interruzione della gravidanza;
  • certificazione;
  • invito a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.

Esistono due tecniche per eseguire una interruzione volontaria di gravidanza:

  • metodo farmacologico;
  • metodo chirurgico.

L’interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico è una procedura medica che può avvenire fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale e presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital.

Poi c’è anche l’interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo chirurgico, che può essere effettuato in anestesia generale o locale, presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.

La Legge sull’aborto in Italia può essere abrogata?

Come già accennato, la legge di riferimento quando si parla di diritto all’aborto in Italia è la Legge 22 maggio 1978 n. 194, che contiene le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.

Le cose possono cambiare? Da un giorno all’altro, ovviamente, no. Il nostro sistema di diritto è molto diverso da quello americano. Per far venire meno un principio sancito dalla legge, infatti, bisogna procedere con l’abrogazione della stessa (o con una fonte superiore o con una norma successiva che modifica o annulla quanto stabilito in precedenza con nuove disposizioni).

Si tratta di un processo lungo e di certo non celere, che prevede il coinvolgimento del Parlamento.

L’abolizione di una legge può avvenire anche tramite referendum abrogativo, previsto dall’art. 75 della Costituzione, che stabilisce che 500.000 cittadini o 5 Consigli regionali possono proporre all’intero corpo elettorale “l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge”. Per legge si intende una legge in senso formale, cioè approvata dal Parlamento secondo il procedimento ordinario, mentre per “atto avente valore di legge” si intendono i decreti legge e i decreti legislativi (adottati dal Governo su legge delega del Parlamento). È poi la Corte Costituzionale a pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum.

Sono escluse dal referendum abrogativo le leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, e non è possibile abrogare disposizioni di rango costituzionale, gerarchicamente sovraordinate alla legge ordinaria.

Perché il referendum sia valido deve essere raggiunto il quorum di validità e cioè devono partecipare alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto. Perché la norma oggetto del referendum stesso sia abrogata deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi (e hanno diritto a partecipare al referendum tutti cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati).

Il 17 maggio 1981 gli italiani respinsero i due referendum abrogativi che volevano modificare la legge 194, ma negli anni non sono state rare le iniziative – per lo più sostenute da partiti di destra e cattolici – dove si è tentato più volte di intervenire a tal proposito. Nel 2008, per esempio, Giuliano Ferrara ha lanciato la proposta di una moratoria internazionale contro l’aborto.

Questo vuol dire che il prossimo governo, se di destra (qui i sondaggi), potrebbe abrogare la legge sull’aborto in Italia? Giorgia Meloni, leader Fdi, ha dichiarato: “Fratelli d’Italia non vuole abolire la legge 194 sull’aborto”. Intanto, però, la stessa ha più volte appoggiato i movimenti antiabortisti. È successo per esempio quando scagliata contro l’assessore alle Attività Produttive e Pari Opportunità di Roma, Monica Lucarelli, quando questa ha annunciato di voler rimuovere alcuni manifesti affissi in occasione dell’8 marzo da un’organizzazione pro-life. I manifesti recitavano: “Potere alle donne? Lasciamole nascere”. Sullo sfondo l’immagine di un feto (qui per approfondire la vicenda).

“La domanda è – era l’attacco di Meloni su Twitter – cosa c’è da censurare in questo messaggio a favore della vita, della natalità, dei bambini e del sostegno alle loro mamme?”. Un chiaro messaggio questo a sostegno di chi contro l’aborto si è sempre schierato.