L’uscita di scena di una moneta spesso coincide con il momento di massima attenzione da parte del mercato. È quanto accaduto al penny statunitense, il centesimo di dollaro che la Zecca degli Stati Uniti ha smesso di coniare nel novembre scorso dopo oltre 230 anni di produzione continua. La fine della coniazione ha acceso l’interesse di collezionisti e investitori, culminato in un’asta senza precedenti che ha trasformato gli ultimi penny in veri e propri asset da collezione.
Indice
L’asta record degli ultimi penny
La scorsa settimana la casa d’aste Stack’s Bowers Galleries ha messo all’incanto gli ultimi penny mai coniati, realizzando un incasso complessivo di 16,76 milioni di dollari. Considerando un cambio medio dollaro/euro intorno a 0,92, il valore complessivo dell’asta equivale a circa 15,4 milioni di euro.
L’asta ha riguardato 232 lotti, ciascuno composto da un set di tre monete contrassegnate dal simbolo Omega, utilizzato per identificare ufficialmente gli ultimi centesimi prodotti prima della sospensione della coniazione destinata alla circolazione. In media, il valore di ciascun set si è quindi attestato intorno ai 72.200 dollari, pari a circa 66.400 euro, anche se con forti differenze tra i singoli lotti.
Ogni set comprendeva due penny coniati presso la Zecca di Filadelfia, di cui uno realizzato in oro 24 carati, e un penny coniato presso la Zecca di Denver. Il lotto numero 232, contenente gli ultimissimi penny coniati in entrambe le sedi, ha stabilito un primato assoluto: è stato venduto per 800.000 dollari, equivalenti a circa 736.000 euro, diventando l’oggetto numismatico moderno più prezioso mai realizzato negli Stati Uniti. L’acquirente si è aggiudicato anche i tre stampi utilizzati per la coniazione di quei centesimi di Lincoln. Anche nel Regno Unito si è conclusa la coniazione di penny.
Un risultato storico per il mercato numismatico
Quella organizzata da Stack’s Bowers è stata l’asta di monete statunitensi più redditizia di sempre, sia in dollari sia in euro. Il precedente record risaliva al 2002, quando la stessa casa d’aste aveva venduto un raro doppio aquila Saint-Gaudens del 1933 per 7,5 milioni di dollari, pari a poco più di 6,9 milioni di euro al cambio attuale.
Negli anni più recenti si erano già registrati segnali di forte interesse per i penny storici: nel 2022 Great Collections aveva venduto dieci penny centenari per 1,1 milioni di dollari (circa 1 milione di euro), mentre nel 2016 due penny del XVIII secolo avevano raggiunto 869.500 dollari, equivalenti a circa 800.000 euro, in un’asta Heritage Auctions.
Secondo John Kraljevich, direttore della numismatica americana di Stack’s Bowers, si è trattato di un evento in cui il valore di mercato si è formato esclusivamente durante la gara tra gli offerenti. Le cifre finali hanno mostrato come la rarità e il valore simbolico abbiano inciso più del contenuto metallico delle monete.
Perché un penny vale tanto
Quando il penny fu introdotto nel 1793, aveva un potere d’acquisto concreto: con un centesimo si poteva comprare un biscotto o una caramella. Oggi, paradossalmente, un singolo penny può valere decine di migliaia di euro se inserito in un contesto collezionistico unico.
Nel tempo, il ruolo del centesimo nell’economia quotidiana si è progressivamente ridotto, mentre i costi di produzione sono aumentati. Secondo i dati ufficiali della Zecca degli Stati Uniti, produrre un penny costa 3,69 centesimi di dollaro, pari a circa 3,4 centesimi di euro, ben più del suo valore nominale.
La decisione di interrompere la coniazione consentirà agli Stati Uniti di risparmiare circa 56 milioni di dollari l’anno, equivalenti a oltre 51 milioni di euro. I penny già in circolazione continueranno a essere utilizzabili nei pagamenti, ma non ne verranno immessi di nuovi.